Card. Jorge Urosa Savino, Cristianità n. 402 (2020)
Intervento del card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo emerito di Caracas, in Venezuela, del 16 febbraio 2020. Il testo è stato pubblicato nel sito web <https://www.aciprensa.com/Docum/documento.php?id=589>, consultato il 26-5-2020. Il titolo e la traduzione sono redazionali.
A seguito del Sinodo amazzonico celebrato nell’ottobre scorso, Papa Francesco il 12 febbraio ha pubblicato la sua esortazione apostolica post-sinodale, denominata Querida Amazonia.
Sogni di Papa Francesco
Avendo come riferimento i lavori sinodali e specialmente il documento finale del Sinodo, cui manifesta interesse in questa esortazione — anche se non gli dà la sua esplicita approvazione —, il Papa sviluppa la sua esposizione in quattro grandi capitoli, che ci offrono i suoi diversi «sogni» per l’Amazzonia: il sogno sociale, quello culturale, quello ecologico e l’ecclesiale.
Nei primi tre capitoli (nn. 8-60) ci offre i sogni o le aspirazioni connesse con la realtà sociale, culturale ed ecologica del territorio amazzonico, che tocca nove Paesi dell’America meridionale. Questi sogni manifestano la lodevole preoccupazione del Santo Padre per i gravissimi problemi sociali e di altra natura che patiscono gli abitanti di questa estesa regione, tanto importante anche per il mondo intero per il suo lussureggiante, ricco ed esteso territorio boschivo.
Sono preoccupazioni ed esigenze morali che il Santo Padre offre alla meditazione dei cattolici e di tutti gli uomini di buona volontà non solo di quei Paesi, ma anche del resto del mondo, poiché i problemi dell’ingiustizia sociale, dei diritti umani e della promozione della pace sono problemi globali di tutta l’umanità. E anche la cura dell’ambiente e della natura — o ecologia —, specialmente il problema del cambiamento climatico, è qualcosa che riguarda i cittadini e gli abitanti di tutto il mondo. E a questo proposito Papa Francesco indica i requisiti delle misure da prendere, che vanno nella direzione dell’ascolto e della difesa dei poveri, dell’ambiente, della donna, dei bambini, in una parola dei deboli e degli oppressi, che costituiscono buona parte degli abitanti dell’Amazzonia.
Non affronterò l’analisi di questi capitoli, ma, molto semplicemente, mi limiterò a segnalare la gravissima necessità e l’obbligo perentorio di prestare molta attenzione a quanto ivi contenuto e di lavorare con impegno per la loro applicazione.
Dedicherò le mie considerazioni soprattutto al quarto capitolo, il più ampio del testo, che sviluppa il grande sogno ecclesiale del Papa e il suo insegnamento riguardo all’azione pastorale e, nello specifico, religiosa (cfr. nn. 61-110). E mi propongo di concentrarmi concretamente su alcuni punti di grande importanza.
Il sogno ecclesiale
1. Una più intensa evangelizzazione (nn. 61-65)
Prima di tutto desidero mettere in evidenza gli insegnamenti del Papa sulla necessità di una predicazione più intensa dell’insegnamento esplicito del Vangelo, ossia il kerigma. Non si può dare preminenza all’aspetto sociale senza che esso, molto importante, sia inquadrato all’interno dell’azione della Chiesa per annunciare Gesù Cristo, suscitare la fede in Lui e portarlo al cuore degli abitanti dell’Amazzonia. Il Papa ci chiama a «[…] integrare meglio il sociale con lo spirituale» (n. 76).
2. La centralità di Gesù Cristo (nn. 62-65 e 74)
In secondo luogo, molto importante è sottolineare la centralità di Gesù Cristo, Nostro Signore. Porre in evidenza Gesù Cristo nell’esortazione è visto come estremamente importante e molto prezioso in un’epoca di secolarismo, quando si dimentica di presentare Gesù quale Signore della storia, vita stessa della Chiesa, salvatore dell’umanità, l’unico che può donarci la redenzione e il perdono dei peccati (cfr. Col. 1, 14).
3. Il sacerdote configurato a Cristo (nn. 87- 88)
Senza dubbio è molto preziosa la dottrina che espone il Santo Padre circa il sacerdozio cattolico, la configurazione anche sacramentale di Gesù nel sacerdote. Questo argomento è importante nella comunità ecclesiale proprio perché ripresenta Gesù, che è il capo della Chiesa, quale fonte della vita nuova e della salvezza. Questa configurazione del sacerdote a Gesù Cristo è la fonte e la causa della sua importanza nella Chiesa, e la ragione per la quale solo lui può celebrare l’Eucarestia.
Suscitare vocazioni amazzoniche, senza ammettere sacerdoti sposati (nn. 89-94)
Un altro tema estremamente importante è quello dell’attenzione pastorale, sacerdotale e in modo specifico sacramentale ai fedeli dell’Amazzonia. Su questo punto il Papa si discosta dal documento finale del Sinodo e non accoglie la proposta della ordinazione di diaconi permanenti sposati, i cosiddetti «viri probati». Papa Francesco non vede la necessità di rompere con la disciplina generale della Chiesa latina di ordinare sacerdoti solo uomini che scelgono il celibato per il Regno dei Cieli. Manifesta la convinzione che con la preghiera per le vocazioni e con l’invio di più sacerdoti della Chiesa dell’Amazzonia in queste regioni possa risolversi questo grave problema.
Di fatto in Venezuela, molto concretamente, una intensa pastorale vocazionale consistente nella preghiera all’interno delle comunità, nell’attenzione alla formazione religiosa dei giovani e in appelli concreti a scegliere il servizio sacerdotale, ha dato un buon risultato, grazie a Dio: diocesi che da cinquanta a sessant’anni avevano pochissime vocazioni, oggi ne hanno a sufficienza. Tutto questo è dovuto a una pastorale vocazionale intensa e continua che ha avuto successo. Per questo non è necessario ordinare sacerdoti «uomini buoni» sposati. Ci sono altre strade. E il Papa fa un appello affinché le Chiese dell’Amazzonia dedichino sacerdoti delle loro diocesi al lavoro pastorale nelle zone dove più necessitano sacerdoti.
In questo modo Francesco, indicando la strada di una azione pastorale specifica, prudentemente evita di ricorrere a un mezzo che senza dubbio creerebbe una grande quantità di problemi, specialmente considerando l’importanza reale, teologica, spirituale e concreta che il celibato attualmente occupa nella Chiesa latina. Con la ferita dell’abolizione, ancorché parziale, del celibato si introdurrebbe una instabilità e una insicurezza indesiderabili, con l’aggiunta di problemi di diverso tipo tra le fila degli attuali sacerdoti. Possiamo ringraziare Papa Francesco per aver ignorato questa proposta innovatrice e non necessaria. D’altra parte sarebbe stato molto conveniente dare anche una valutazione positiva del celibato sacerdotale in questo documento.
La forza e il dono della donna, ma senza ordinazione sacramentale (nn. 99-103)
A causa dell’identificazione e della configurazione sacramentale e ontologica del sacerdote con Cristo, la donna, pur essendo molto importante nella Chiesa, non può accedere all’ordinazione sacramentale. Bisogna senza dubbio mettere in luce il grande valore che il Papa attribuisce alla donna nella Chiesa e il suo storico impegno nella vita e nella storia della Chiesa in Amazzonia, nel passato e adesso. Ma non si può passare da questo grande valore a qualcosa di strutturale, di sacramentale come istituire le cosiddette «diaconesse».
Questo sicuro insegnamento papale, che non soddisfa la richiesta del documento finale del Sinodo in riferimento a un ministero ordinato femminile, è all’origine dell’avversione e delle forti critiche all’esortazione da parte di alcuni settori della Chiesa, specialmente in Europa e in Nord America.
Maggiore partecipazione dei laici (nn. 93-94)
Considerate le esigenze pastorali dell’Amazzonia e l’attuale scarsità di sacerdoti nella regione, il Papa dà maggiore importanza alla necessaria e legittima partecipazione dei laici alla vita apostolica delle comunità ecclesiali. «Abbiamo bisogno di promuovere l’incontro con la Parola e la maturazione nella santità attraverso vari servizi laicali, che presuppongono un processo di preparazione — biblica, dottrinale, spirituale e pratica — e vari percorsi di formazione permanente» (n. 93). È necessario un incremento della partecipazione di laici maturi e dotati di autorità (n. 94).
Richieste non soddisfatte
Alcuni lamentano il fatto che il Santo Padre non abbia approvato esplicitamente il documento finale del Sinodo. Lo «presenta» ma omette di approvarlo. La ragione, probabilmente, va cercata nelle controverse richieste dell’ordinazione degli uomini sposati e del possibile diaconato femminile.
In questo contesto è clamoroso il fatto che l’esortazione, a causa del mancato accoglimento dell’ordinazione di uomini sposati e dell’ipotetico diaconato femminile, ha ricevuto forti attacchi da parte di alcuni settori della Chiesa, in alcune zone, ma non, per quanto mi risulta, nei Paesi amazzonici. D’altro canto, sorprendentemente alcuni vescovi e sacerdoti pensano che la discussione e le proposte sui sacerdoti sposati e sulle diaconesse siano ancora in corso e che il silenzio del Papa lasci il problema aperto. Come dire che non importa quello che ha detto il Papa, né che abbia espressamente omesso di accogliere queste proposte del Sinodo. Si cerca in questo modo di mantenere nella vita sacerdotale del clero diocesano una incertezza, una insicurezza e un dibattito nocivi, prescindendo dal vero problema della carenza delle vocazioni.
Un tema che chiede discernimento
L’esortazione svolge poi alcune riflessioni sul rispetto della cultura indigena, inclusi i suoi riti. Su quest’ultimo aspetto bisognerà quindi discernere quali gesti religiosi indigeni possano essere valorizzati e quali invece siano realmente idolatrici e pagani (n. 79). Questo discernimento è obbligatorio per conservare la purezza della fede e portare i nostri fratelli dei popoli indigeni sulla strada della verità e della religione autentica senza elementi di sincretismo.
Conclusione
Le Chiese amazzoniche si pongono i grandi impegni che il Papa propone: la sfida della difesa dell’ambiente amazzonico e, soprattutto delle persone che lì vivono, specialmente dei popoli originari. Sono impegni che dobbiamo affrontare con decisione.
Ma vi è una sfida tuttavia più importante che solo la Chiesa può affrontare: la sfida immensa e la missione splendida di evangelizzare e di inculturare il Vangelo e la Chiesa tra quei popoli, rispettando le loro culture. Certamente abbiamo l’impegno della difesa dei diritti di quella gente, specialmente degli indigeni, sul territorio e sulla loro forma di vita. Dobbiamo farlo. Ma soprattutto, ripeto, abbiamo l’impegno di evangelizzare. Perché in altre epoche l’evangelizzazione dell’America Latina trasformò e convertì popoli interi e suscitò vocazioni nei popoli indigeni e non adesso? Si tratta di una domanda che con umiltà e coraggio noi vescovi delle Chiese particolari amazzoniche dobbiamo porci. Se in altre epoche si impiantò saldamente la fede, il vangelo e la Chiesa Cattolica nell’America del passato, se ci furono vocazioni indigene allora, perché non possiamo ottenerlo adesso?
Ringraziamo il Papa per questi insegnamenti che ci dà nella Querida Amazonia e chiediamo a Dio e alla nostra Madre celeste, la Santissima Vergine Maria, che ci aiutino a percorrere con forza nuovi, coraggiosi e efficaci cammini per l’evangelizzazione dei popoli, in Amazzonia e nel mondo intero.
Amen.