Mons. Giuseppe Casale, Cristianità, 190 (1991)
La relazione di mons. Giuseppe Casale, arcivescovo di Foggia-Bovino, al seminario internazionale «I cattolici e la sfida dei nuovi movimenti magici» svoltosi a Foggia il 15 dicembre 1990.
La problematica sollevata dal volume Il cappello del mago pone una serie di domande a chi è impegnato nella vita sociale e politica, al sociologo, allo psicologo, allo storico, al teologo. Questo seminario ci ha dato l’occasione di ascoltare alcune risposte interessanti e importanti. Si tratta tuttavia di problemi che, per la loro capacità di lasciare in qualche modo sconcertato chi se li trovi di fronte senza preparazione, pongono domande che interessano anche la Chiesa e i Pastori. In queste riflessioni non potrò certo esaurire l’argomento: ma vorrei segnalare alcune piste di ricerca e di impegno pastorale.
1. Relativismo, anti-cultismo e movimenti magici
A proposito dei nuovi movimenti religiosi — una realtà, come Il cappello del mago mostra, insieme diversa e analoga rispetto ai movimenti magici — ho già avuto occasione di segnalare, proprio in questa sede, i problemi pastorali dei cattolici che devono trovare un difficile equilibrio di fronte a due posizioni e atteggiamenti erronei: il relativismo e l’anti-cultismo. Nel settore delle nuove religioni possiamo chiamare “relativismo” l’atteggiamento per cui tutte le religioni — vecchie e nuove — sono ugualmente buone, tutte manifestano almeno una ricerca di Dio e quindi, tanto più in un’epoca di secolarizzazione e di ateismo diffuso, non è né opportuno né possibile proporre distinzioni o giudizi di valore. Al contrario l’atteggiamento “anti-cultista”, tipico del cosiddetto “movimento anti-culti” di origine laicista diffuso soprattutto negli Stati Uniti — ma ora anche in qualche paese europeo —, attacca le nuove religioni in modo violento, dichiarando tuttavia di voler prescindere da criteri di verità e di valore, di voler giudicare soltanto comportamenti e mai dottrine, di voler reprimere — se necessario con l’intervento di pericolose leggi dello Stato — le esperienze “fanatiche”, che superano per quantità quello che la società moderna è disposta a tollerare, senza che si esamini la loro qualità. Ho avuto occasione di mostrare come l’atteggiamento “anti-cultista” è molto diverso dalla critica che alla nuove religioni si può muovere da una prospettiva cattolica — critica che insiste precisamente su criteri di verità e di valore —, e mi è già capitato anche di far notare che — in fondo — il relativismo per cui tutto va bene e l’anti-cultismo per cui — almeno quando si passano certi limiti di intensità — tutto va male, hanno radici in comune. Entrambi gli atteggiamenti, infatti, negano l’esistenza di verità o di valori oggettivi che possano fungere da criteri di giudizio in un mondo di proposte religiose tanto diverse. La mancanza di un criterio porta poi il relativista ad accettare tutto, l’anti-cultista a rifiutare tutto quanto non rientra in un limite quantitativo — che talora sembra piuttosto ristretto — in base al quale definisce l’esperienza religiosa “accettabile” e non “troppo” intensa.
I nuovi movimenti magici — che, a differenza della tradizionale magia folklorica e popolare, sono emersi soltanto negli ultimi due o tre secoli e sono diventati un fenomeno di massa soltanto negli ultimi decenni — sono diventati un terreno privilegiato delle polemiche a cui ho fatto cenno. Proprio negli ultimi anni coloro che promuovono in modo più esplicito un atteggiamento relativista hanno osservato che i movimenti magici costituiscono un banco di prova per la tolleranza, di cui accusano in particolare i cattolici di dare scarsa prova. I cattolici — si dice — sono disponibili a un dialogo ecumenico con chi, tutto sommato, non è molto lontano da loro, ma reagiscono in modo immediatamente negativo quando si trovano di fronte a visioni del mondo davvero alternative e diverse come sono quelle magiche ed esoteriche. La Chiesa dimostrerebbe così di non essere veramente tollerante. È la tesi sostenuta in particolare nel recente volume di Elémire Zolla Verità segrete esposte in evidenza — che ha avuto un certo successo —, dove si fa nel modo più esplicito l’elogio del sincretismo come unica alternativa ad una intolleranza di cui la Chiesa sarebbe tipicamente esponente. Si potrebbe subito rispondere — come argomento ad hominem — che, oggi come ai tempi dell’Illuminismo o della Rivoluzione francese, è strano che chi brandisce la parola “tolleranza” come un’arma o uno slogan consideri perfettamente normale mostrarsi poi intollerante nei confronti della Chiesa cattolica, la cui storia viene ricostruita in chiave aggressiva quando non tendenziosa e diffamatoria. Ma — senza scendere sul terreno polemico — il problema culturale — come è già emerso anche in questo seminario — sta nell’estrema debolezza del sincretismo come soluzione al problema della cultura contemporanea, di cui si limita a giustapporre le tensioni contraddittorie e inconciliabili, offrendone un semplice inventario o una somma che non diventa mai vera sintesi.
Anche l’atteggiamento anti-cultista — “fratello nemico”, come ho accennato, dell’atteggiamento relativista — ha oggi numerose occasioni di manifestarsi a proposito dei nuovi movimenti magici. Senza anticipare i temi che il CESNUR intende trattare in modo approfondito nel prossimo seminario del maggio 1991 a Santa Barbara, in California, dedicato in particolare ai movimenti e agli atteggiamenti anti-cultisti, vorrei subito osservare che anche l’anti-occultismo o la critica dei movimenti magici assume oggi diverse configurazioni, di cui almeno cinque meritano forse qualche cenno.
a. Vi è, anzitutto, un anti-occultismo razionalista, che vede nel riemergere della magia — secondo una lettura molto facile — una forma di irrazionalismo e di rivolta contro la ragione. Si tratta di un luogo comune, che — come spesso avviene — contiene anche una parte di verità ma che non va dato per scontato, tenendo conto del gran numero di diverse definizioni che le filosofie e anche le teologie contemporanee ci propongono della parola “ragione”. Questa critica assume poi un profilo inaccettabile quando tenta di dividere il mondo semplicemente in due aree culturali: una fondata sul sapere “razionale” e suscettibile di prova, delle scienze e delle dottrine filosofiche e politiche “scientifiche”; l’altra dominata dal pensiero non razionale e non suscettibile di “prova”, della religione e della magia. Come si vede, in questa prospettiva, magia e religione stanno da una parte — la stessa parte—, modernità dall’altra. In realtà l’inchiesta presentata ne Il cappello de mago e molti lavori del CESNUR dimostrano che le cose non stanno proprio così: la magia convive negli stessi ambienti — talora nelle stesse persone, come nel caso di Conan Doyle e molti altri — con il più perfetto razionalismo scientifico e politico e ne costituisce spesso una sorta di gemello siamese. Questo tipo di ricostruzione — che sembra proposta anche in alcune pagine del romanzo Il pendolo di Foucault di Umberto Eco — appare quindi completamente inaccettabile. Sarebbe più esatto dire che da una parte sta la visione del mondo equilibrata, proposta dal cristianesimo, che si sviluppa armoniosamente dai preamboli razionali della fede a una fede che supera la ragione ma non è irragionevole; dall’altra sta il rifiuto di questa visione del mondo che si esprime insieme nel razionalismo scettico e nell’irrazionalismo magico, due fenomeni — come accennato — che molto spesso coesistono nelle stesse correnti e anche nella mentalità delle stesse persone. La proliferazione di scienziati spiritisti, letterati insieme razionalisti e appassionati di magia, uomini politici radicali membri insieme di ordini occulti, che le pagine de Il cappello del mago ci presentano, conferma largamente questa prospettiva, e devono renderci sospettosi di fronte a chi cerca di impostare la sfida culturale moderna nei semplici termini di una contrapposizione fra razionalismo e irrazionalismo.
b. Una seconda forma di anti-occultismo viene dalla psicoanalisi e da altre correnti della psicologia e della psichiatria moderna che accusano la mentalità magica di essere una sorta di malattia, “medicalizzando” in un certo senso il problema. Questo tipo di critica allarma perché — a partire da Freud — molto spesso non si sono fatte particolari distinzioni fra religione e magia, ma sono state accomunate in un’unica denuncia, come forme di malattia, tutte le esperienze in qualche modo spirituali o almeno tutte le esperienze spirituali più intense del consueto. Gli psichiatri non hanno torto quando fanno osservare che l’esperienza magica può essere estremamente dannosa per l’equilibrio psichico; ma d’altra parte non si può accettare una riduzione a problema medico o a malattia di una questione culturale molto più complessa. Come è emerso dalla relazione del dottor Pavesi, del resto, certi pulpiti non sono i più autorevoli per questo tipo di prediche, se è vero che tra i padri della psicanalisi sia Freud che Jung hanno tratto dal pensiero magico ispirazioni e suggestioni e forse anche qualche cosa di più.
c. Un terzo tipo di prospettiva anti-occultista è quella criminologica, che applica ai movimenti magici lo schema dell’associazione per delinquere o della banda criminale, invocando leggi più severe e una maggiore sorveglianza da parte delle autorità di polizia, talora traendo argomento dagli abusi di alcuni gruppi magici, soprattutto satanisti, per chiedere che leggi e sorveglianza si estendano alle “sette” o ai “culti” in genere. Anche in questa prospettiva non tutto è falso, ed esistono effettivamente — specie nell’area del satanismo giovanile, dove si mescolano magia e droga — comportamenti di tipo criminoso. Ma i nostri studi ci mostrano che la galassia dei movimenti magici è estremamente frastagliata e complicata, e sarebbe del tutto sbagliato fare di ogni erba un fascio e attribuire comportamenti analoghi a gruppi che sono invece diversissimi. Ho già avuto occasione in altre sedi di indicare inoltre i pericoli, anche per esperienze religiose genuine, di una eccessiva dilatazione dei poteri di sorveglianza e di intervento dello Stato moderno nel delicato settore dei gruppi spirituali e religiosi.
d. Un quarto tipo di anti-occultismo — che non deriva dal movimento anti-culti, le cui origini sono laiciste e non religiose — parte invece da una prospettiva demonologica, vedendo nella rinascita dell’occulto uno degli aspetti più evidenti dell’azione di Satana nel mondo. È la prospettiva, per esempio, dei Testimoni di Geova, che nelle loro pubblicazioni vedono spesso nel fiorire dell’occultismo una conferma delle loro profezie apocalittiche, ma è anche la prospettiva di molti gruppi protestanti fondamentalisti. La problematica teologica che si apre a questo riguardo è estremamente delicata, e proprio per questo si deve rifuggire da interpretazioni troppo rozze e schematiche. Come è emerso dalle conclusioni del seminario che il CESNUR ha tenuto nel 1988 a Foggia sullo spiritismo, vi è certo oggi il rischio di non vedere il Diavolo dove c’è, ma vi è anche un rischio altrettanto forte di vederlo dove non c’è. Il quadro che certi movimenti fondamentalisti dipingono — dove dietro ogni movimento magico c’è sempre e comunque l’intervento diretto del Demonio — sembra, da questo punto di vista, veramente eccessivo.
e. Infine mi sembra di poter rilevare — per quanto la cosa sembri paradossale — la presenza di un anti-occultismo occultista, promosso da esponenti di alcuni fra gli stessi movimenti magici ed esoterici, che preparano opere di denuncia — quando non liste di proscrizione — distinguendo fra “magia bianca”, la loro, e “magia nera”, quella di tutti gli altri, fra “iniziazione”, di cui sarebbero detentori, e “contro-iniziazione”, a cui ascrivono facilmente le organizzazioni concorrenti, e così via. Vi è oggi un fiorire di questo genere di letteratura, che talora fornisce informazioni interessanti, ma la cui prospettiva di fondo presuppone che ci si metta già dal punto di vista di una particolare corrente esoterica, o di un certo movimento magico, per poi criticare tutti gli altri.
Voglio ribadire, perché non sorgano equivoci, che non tutto è falso nelle denunce e nelle osservazioni di questi vari tipi di anti-occultismo. I fatti e gli episodi che si riferiscono sono talora veri; è l’interpretazione di fondo del fenomeno che appare carente e che non può essere, credo, acriticamente ripresa dai cattolici che, anche di fronte a questa sfida, sono piuttosto chiamati a prendere posizione sulla base della loro visione del mondo e della loro dottrina.
2. Le sfide dei nuovi movimenti magici
La categoria della “sfida” — che richiama insieme alla vigilanza e al dialogo —, proposta dal documento di quattro dicasteri vaticani nel 1986 sui nuovi movimenti religiosi, mi sembra la più adatta per situarci anche di fronte al fenomeno dei nuovi movimenti magici, su cui del resto conferenze episcopali e singoli vescovi hanno già più volte richiamato l’attenzione. La sfida si articola tuttavia in sfide — al plurale —, che interpellano a diverso titolo la Chiesa e a cui vorrei ora dedicare qualche cenno.
1. Vi è, anzitutto, una sfida sociale di fronte ai numerosi problemi che alcuni movimenti magici — ponendo sempre attenzione a evitare ogni generalizzazione — provocano nel tessuto sociale da più di un punto di vista. L’invito a non generalizzare non toglie che alcuni movimenti — specialmente nell’area del satanismo — si rendano talora effettivamente colpevoli di attività criminali gravi e qualche volta molto gravi, fino all’omicidio detto “rituale”. Il cappello del mago ci aiuta a evitare di diffondere ogni ingiustificato allarme sociale, facendo notare che i casi di questo genere effettivamente accertati si contano sulle dita di una mano. Ma — anche se si tratta di casi molto rari — la loro esistenza deve indurre effettivamente alla vigilanza. È anche vero che di questi crimini sono responsabili — nello stesso settore del satanismo — in genere gruppi o bande di tipo giovanile piuttosto che organizzazioni più note, strutturate e organizzate: ma ci si potrebbe chiedere — in questo come in altri settori — se alcuni teorici del satanismo e autori di volumi diffusi — a cui pure personalmente non è imputato alcun reato — non abbiano giocato il classico ruolo dei “cattivi maestri”. Questo problema, naturalmente, si pone anche in altri settori della vita sociale, e l’esame della problematica dei “cattivi maestri” rischierebbe di portarci lontano.
Gli psichiatri, come si è visto, fanno notare come l’esperienza magica — di suo molto coinvolgente, e qualche volta sconvolgente — possa comportare effettivi rischi per l’equilibrio psichico, specialmente nei giovani. Questi rischi devono essere ulteriormente studiati, e soprattutto i giovani, che troppo facilmente scambiano l’occulto con un gioco, debbono essere messi in guardia attraverso un’azione pedagogica, che richiederà l’intervento di persone competenti e dotate di una vera conoscenza in questo delicato settore.
La sfida sociale dei nuovi movimenti magici non deve essere peraltro intesa come un fenomeno che riguarda soltanto piccole minoranze di gioventù deviata o marginale. Alla magia — come risulta da diversi studi promossi tra l’altro anche dal CESNUR — si accostano sempre più spesso persone di mezza età, esponenti di ceti professionali e di classi urbane emergenti. Se la religione secondo Marx era “l’oppio del popolo”, la magia sembra oggi piuttosto “l’oppio” di una certa borghesia. Questa borghesia manifesta certo in questo modo un disagio sociale: ma manifesta contemporaneamente un notevole grado di lontananza dalla Chiesa e di analfabetismo religioso su cui dovremo tornare a proposito della dimensione pastorale di questa sfida.
2. Dopo avere dedicato qualche osservazione alla sfida sociale non si può mancare di fare almeno un cenno alla sfida politica rappresentata dai nuovi movimenti magici. Si tratta di un terreno minato dove anche i ricercatori si avventurano con cautela, ma che forse ci riesce più facilmente comprensibile in Italia dove un sottobosco di contro-poteri, più o meno segreti o occulti, hanno inquinato da secoli — e fino ai giorni nostri — la normale vita delle istituzioni politiche. Anche l’indagine di cui dà conto Il cappello del mago non risolve — né pretende di risolvere — l’interrogativo sul peso di gruppi occultistici e iniziatici che hanno intrapreso trame di carattere politico. Da questa come da altre indagini emerge tuttavia con certezza — al di là di ogni fantasia e ipotesi romanzesca — che alcuni movimenti e ordini magici — non tutti — si sono proposti, in talune fasi, anche recenti, della loro storia, di acquistare con mezzi obliqui e sotterranei un’influenza nelle cose dello Stato e della società. Noi non sappiamo se e quali di questi progetti abbiano conseguito i risultati che si proponevano; ma sappiamo che questi progetti sono stati seriamente concepiti e formulati. Sappiamo pure che la mentalità magica fa sorgere spesso nell’adepto un malsano desiderio di potenza e un’ebbrezza quanto alle sue possibilità di ricostruire e di rifare il mondo. Siamo già in grado di concludere che è esistita ed esiste una magia politica, anche se non sappiamo quanti dei suoi progetti abbiano potuto effettivamente trovare realizzazione. Ma è forse ancora più inquietante osservare che alla magia politica fa da pendant — come è emerso in particolare dalla relazione di Giovanni Cantoni — una politica magica, una politica che non è più guidata da un’osservazione razionale del reale — e neppure, per la verità, da un’osservazione ideologica — ma da una pura volontà di rifare “magicamente” il mondo. Sia la magia politica che la politica magica possono essere causa di un accostamento molto malsano alla vita politica e sociale che la dottrina sociale della Chiesa, attraverso gli insegnamenti del Magistero, si è più volte — senza paura di chiamare le cose con il loro nome — preoccupata di denunciare.
3. Una terza grande sfida che preoccupa il lettore di ricerche come Il cappello del mago è la sfida culturale. Se noi seguiamo i percorsi e le influenze del pensiero magico — in particolare attraverso il suo rapporto con il New Age che ci ha illustrato il professor Fuss — scopriamo che non si tratta affatto di movimenti o tendenze marginali, ma di correnti che influenzano il cuore stesso dei poteri culturali contemporanei e che coinvolgono decine di migliaia di persone. Dal punto di vista dell’estensione non si tratta quindi soltanto del modo di passare la domenica di qualche borghese in cerca di emozioni forti, ma dell’orientamento della cultura ai suoi massimi livelli, per un periodo verosimilmente lungo di anni che si proietta verso il prossimo secolo. Dal punto di vista della posta in gioco allarmano particolarmente i testi che emergono dal nuovo spiritismo del channeling — di cui si era già parlato nel seminario sullo spiritismo nel 1988 a Foggia —, da certi guru del New Age e da alcuni fra i numerosi gruppi in conflitto fra loro che si denominano Rosacroce — tutti movimenti e gruppi con un forte seguito anche di massa —, che sembrano proporre un’alternativa radicale al modo di entrare in relazione con il reale che l’Occidente sia greco che cristiano aveva sempre conosciuto. Alla logica che parte dal reale e dal mondo si sostituisce una nuova logica che si inventa reali e mondi infiniti secondo la volontà “magica” di ciascuno. E questo non è senza conseguenze sul piano della filosofia, della vita sociale e politica, dell’arte: per non parlare della religione, a cui viene tolto ogni possibile fondamento di ragionevolezza obbiettiva. Da questo punto di vista i profeti del New Age hanno ragione: anche se è difficile determinare quale percentuale della popolazione del pianeta vi sia coinvolta, stiamo assistendo a un radicale mutamento di paradigmi e di modi di entrare in relazione con il mondo che hanno accompagnato l’uomo occidentale per secoli se non per millenni. Questa sfida non si può ignorare e ha bisogno di risposte precise.
4. Affrontando il problema da Pastore mi sembra doveroso concludere con un riferimento alla dimensione pastorale della sfida rappresentata dai nuovi movimenti magici. Se si tratta — come del resto per le nuove religioni — di un fenomeno tutt’altro che marginale, e di notevoli dimensioni, siamo di fronte alla necessità di una pastorale specifica. Le dimensioni sociali, culturali e anche politiche del fenomeno rendono certamente necessaria una vigilanza, e molto spesso anche un’opportuna diffidenza. Ma anche — sarei tentato di dire perfino — nei confronti di coloro che si sentono attirati dai nuovi movimenti magici sorge il problema di un tentativo di dialogo. La Congregazione per la Dottrina della Fede nel recente documento sulla preghiera e sulla meditazione — di cui il CESNUR ha già avuto occasione ripetutamente di occuparsi — è molto attenta, quando si tratta di stigmatizzare gli aspetti negativi della mentalità gnostica, a non usare la parola “gnosi” ma piuttosto “pseudo-gnosi” o “gnosticismo”. Mi sembra che non si tratti soltanto di un gioco di parole, né solo di rispetto per quei Padri della Chiesa che usavano l’espressione “gnosi cristiana” in un senso positivo. Vi è anche una dimensione pastorale, che risuona del resto in tutto il documento. La “gnosi” può essere intesa come un desiderio, una domanda; la “pseudo-gnosi”, o “gnosticismo”, è una risposta, ed è una risposta sbagliata. Vi è oggi in molti giovani — e non solo giovani — una sete, più o meno larga, di sacro, di mistero, di profondità che si esprime anche attraverso il fascino — oggi nuovamente avvertito — dei simboli e dei miti. Possiamo dire che questa domanda di “gnosi” — nel senso di conoscenza delle cose sacre — non è priva di aspetti ambigui e pericolosi; ma — finché rimane domanda — non possiamo limitarci a un giudizio totalmente negativo. Dal punto di vista pastorale sarebbe sbagliato ridicolizzare, soprattutto di fronte ai giovani, la sete di simbolo e di mistero che qua e là si manifesta. Non dobbiamo neppure pensare che tutti coloro che si orientano verso risposte che noi chiamiamo magiche siano persone deviate o non normali. Al contrario, gli studiosi del CESNUR che hanno compiuto ricerche “sul campo” mi hanno spesso trasmesso l’impressione di trovarsi di fronte — in molti casi — a persone assolutamente “normali” secondo il significato più comune di questa espressione. Dobbiamo chiederci, allora, perché queste persone, partite da una domanda di “gnosi”, non incontrino la risposta cristiana e scivolino nella “pseudo-gnosi”, nello “gnosticismo”, nella mentalità magica. Questo grave interrogativo pastorale potrebbe essere l’oggetto di un intero ulteriore seminario: potremmo chiederci, per esempio, se campi come l’escatologia, la simbologia, la stessa patristica — così ricca di risposte a questo tipo di domande — abbiano avuto nell’educazione e nella formazione del clero e dei laici il posto che meritano, o non siano state trascurate, anche a causa di pregiudizi diffusi da alcune correnti teologiche recenti. Se una riflessione andrà certamente svolta nelle sedi opportune, questo seminario ci permette almeno di concludere che ogni nuovo fronte pastorale è da capire prima che da coprire e che — quando si è compresa l’importanza e l’estensione dei movimenti magici anziché ridurli a una semplice curiosità — si è già fatto un primo passo la cui importanza non deve essere trascurata. È al servizio di questo primo passo che si pongono le ricerche del CESNUR, è in questo spirito che sono offerte alla Chiesa, è a questo fine che credo meritino di essere prese in attenta considerazione.
+ Giuseppe Casale
Arcivescovo di Foggia-Bovino
Presidente del CESNUR