Mons. Antonio de Castro Mayer, Cristianità, n. 6 (1974)
ANTONIO DE CASTRO MAYER
PER GRAZIA DI DIO E DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DIOCESANO DI CAMPOS
Al rev.mo clero secolare e regolare, al venerabile Terz’Ordine carmelitano, alle associazioni religiose e di apostolato, e a tutti i fedeli della diocesi salute, pace e benedizioni in nostro Signore Gesù Cristo.
Amati figli e dilettissimi collaboratori,
1. LA CHIESA PERSEGUITATA IN VARI PAESI
Nella allocuzione concistoriale del 16 gennaio scorso, il Santo Padre gloriosamente regnante, Giovanni XXIII, fece riferimento con apprensione e dolore alle nazioni nelle quali le pubbliche autorità creano ostacoli all’azione della Chiesa, particolarmente sul piano educativo, sottoponendo molte scuole cattoliche, fondate e conservate dalle cure, dai sacrifici e dagli affanni dei missionari, a misure di coercizione e di oppressione (1).
2. LA PERSECUZIONE CASTRO-COMUNISTA
A. Sul piano religioso
Le parole dell’Augusto Pontefice si applicano, senza ombra di dubbio, alla nazione cubana, agitata dalla situazione in essa creatasi con la rivoluzione di Fidelio Castro, o Fidel Castro, come è generalmente conosciuto. Sotto le apparenze di movimento rinnovatore, il cui intento sarebbe stato unicamente la restaurazione dell’ordine giuridico tradizionale, gravemente leso dall’arbitrio di un governo personale dispotico, la rivoluzione castrista aveva in mira di fatto l’instaurazione, nella grande Antilla, di un regime comunista, senza rispetto delle libertà fondamentali inerenti alla persona umana, tra le quali è primaria quella di credere e di praticare la vera religione. Infatti, secondo la testimonianza dei presuli cubani, questa fu l’opera iniziata dal governo di Fidel Castro fin dai suoi primordi. Il 4 dicembre scorso, tutto l’episcopato di Cuba inviò una lettera al primo ministro denunciando il carattere anticristiano del nuovo regime (2). A questo punto, è scomparso completamente qualsiasi dubbio che ancora potesse sussistere sul carattere della rivoluzione castrista. Il 1º maggio di quest’anno, Fidel Castro proclamò Cuba Stato socialista, confiscò tutte le scuole cattoliche dell’isola, preponendo a esse dirigenti rivoluzionari, e da ultimo decretò l’espulsione dei sacerdoti stranieri, preannuncio naturale di più feroce persecuzione contro la Chiesa, come è accaduto in altri paesi.
B. Sul piano sociale
Parallelamente a questi colpi inferti direttamente alla religione, la rivoluzione cubana attaccò a fondo due istituzioni basilari della civiltà cristiana, cioè la proprietà e la famiglia. La prima fu praticamente abolita con successive riforme, fondate sul falso principio che lo Stato può, a suo piacimento, disporre dei beni privati: la riforma agraria, che ha ferito a morte la proprietà rurale; la riforma urbanistica, che soppresse la proprietà immobiliare nelle città; e la riforma industriale, che confiscò le fabbriche. La famiglia, dal canto suo, fu ferita dalla legge che, togliendo ai genitori il diritto di scegliere liberamente le scuole per i figli, li privò di una delle più importanti prerogative della patria potestà.
3. PREGHIERA E RIPARAZIONE PER IL POPOLO CUBANO
In questo momento, ciò che di meglio possiamo fare di fronte a questi fatti dolorosi, è raddoppiare le nostre preghiere e buone opere, sacrifici e penitenze, affinchè Dio nostro Signore conceda ai cattolici di Cuba il coraggio e la fortezza di cui hanno bisogno per imitare i martiri dei primi secoli, che nutrirono con il loro sangue il seme cristiano e contribuirono a dargli la forza di diffondersi su tutta la terra. Preghiere, buone opere e sacrifici con questo scopo, e anche perché la misericordia divina si muova a pietà della nazione sorella, la purifichi presto dai suoi peccati, le dia tra breve la gioia di una nuova alba di libertà cristiana nel santo timore di Dio, ivi predicato da missionari della grandezza di sant’Antonio Maria Claret.
Ordiniamo ora, in questo senso, preci speciali durante il mese di maggio. Raccomandiamo tuttavia ai nostri carissimi collaboratori di persuadere il popolo fedele a mantenere, anche dopo il mese di Maria, il fervore di carità per i nostri fratelli di Cuba, e la fiducia nella potente intercessione della santissima Madre di Dio.
4. SOLLEVARE A FAVORE DEI CUBANI PERSEGUITATI L’OPINIONE PUBBLICA
Questo fervore attinto nella preghiera deve fruttificare in azioni. Se ogni fedele, negli ambienti che frequenta, si avvarrà di tutte le occasioni per manifestare il suo rifiuto della rivoluzione comunista di Fidel Castro, e per accendere nel prossimo una santa indignazione contro di essa, se tutti approfitteranno insieme delle occasioni che si presentano per dare solenne e pubblica testimonianza della loro riprovazione per la persecuzione antireligiosa nell’isola, avranno fatto quanto è in loro potere per combattere il comunismo castrista, e si comporteranno da membri autentici del Corpo Mistico di Cristo, sensibili a tutti i colpi che questo Corpo riceve in qualsiasi parte della terra, da figli amorosi della Chiesa che non sopportano sia perseguitata in nessuna nazione del mondo.
5. TRARRE PROFITTO DALLA LEZIONE CHE CI VIENE DA CUBA
Tuttavia, non si pensi solo a Cuba. Non dobbiamo essere disposti a sopportare anche noi una rivoluzione marxista. L’esempio delle Antille costituisce una minaccia per tutta l’America Latina, e non vediamo una reazione proporzionata alla gravità del pericolo. Al contrario, anzi, assistiamo a una recrudescenza di impudenza da parte dei comunisti, e di simpatia, più o meno generalizzata in diversi settori della società, per il mondo socialista. Da ciò l’urgenza di trarre profitto dalla lezione che ci viene dal Nord, meditando attentamente sulla dottrina marxista, la sua propaganda e le sue insidie. Infatti la Provvidenza, permettendo la comparsa del comunismo a Cuba, dà alle altre nazioni cattoliche del continente un avvertimento, altamente significativo, sulla gravità della situazione in cui anch’esse si trovano. Tenere nella dovuta considerazione questo avvertimento corrisponde, dunque, a uno dei più seri doveri del momento.
6. … SPECIALMENTE LA LEZIONE SULLE INSIDIE COMUNISTE
Ma specialmente, amati figli e collaboratori, ci è sembrato importante richiamare la vostra attenzione sulle insidie della propaganda rossa. Per mezzo di esse, la minoranza comunista, setta tenebrosa, fanatizzata e disciplinata, ma incapace, con il suo piccolo numero, di imporre il suo giogo a un paese vasto e cattolico come il Brasile, progetta di instaurare tra noi la cosiddetta dittatura del proletariato.
I
GLI OBIETTIVI “UMANITARI” DEI COMUNISTI E LA COLLABORAZIONE CON I CATTOLICI
1. COLLABORAZIONE TRA CATTOLICI E COMUNISTI SULLA SIERRA MAESTRA
La rivoluzione di Fidel Castro, secondo le dichiarazioni dei presuli cubani (3), ebbe al suo inizio e durante tutto il periodo più duro della conquista del potere la collaborazione franca, coraggiosa ed entusiasta di cattolici. La maggioranza dei guerriglieri della Sierra Maestra era costituita da cattolici, che lottavano con il rosario in mano animati e affiancati da sacerdoti cattolici.
2. UN GROSSO EQUIVOCO
Vi fu, dunque, una stretta collaborazione tra i cattolici e i rivoluzionari castristi. In apparenza gli uni e gli altri perseguivano lo stesso obiettivo: liberare la patria da un governo tirannico. In apparenza, abbiamo detto, perché in sostanza le intenzioni erano molto diverse. I cattolici desideravano porre fine agli abusi di un regime corrotto, e restaurare l’ordine nel solco della civiltà tradizionale di Cuba, la civiltà cristiana. I castristi si impegnavano, puramente e semplicemente, alla distruzione di uno stato di cose che detestavano, in quanto impediva l’instaurazione di un altro, ancora più tirannico di quello allora esistente, e nel quale sarebbero stati i padroni di una nazione schiavizzata, soggetta a Mosca. I cattolici si battevano per la riparazione di evidenti ingiustizie, e anche per la punizione dei colpevoli. I castristi, come i comunisti in generale, non si interessavano delle ingiustizie se non come mezzo per conquistare adesioni alla loro causa. Non desideravano solo la punizione dei colpevoli, ma la distruzione totale di tutte quelle istituzioni e persone che fossero di ostacolo al dominio del partito.
3. … DI CUI I CATTOLICI NON DIFFIDAVANO
Ecco, dunque, due forze che si uniscono per il perseguimento di un medesimo fine materiale: porre termine a una situazione di fatto. La scomparsa di un governo tirannico è, in sé, un bene. Tuttavia tale governo non può essere puramente e semplicemente distrutto, ma deve essere sostituito da un altro, dal momento che la società non può esistere senza pubblica autorità. Da ciò l’impossibilità di abolire la tirannia esistente in un paese, senza pensare alla nuova autorità che deve prendere il posto del tiranno. Nel caso cubano, la soluzione sembrava molto facile. Ciò che pareva necessario era abbattere un governo corrotto, e sostituirlo con un altro, onesto, nell’ambito dello stesso regime politico. Non costituivano problema le istituzioni vigenti, ma il modo in cui le guidavano i governanti. La soluzione era tanto logica, che non passò neppure per il capo ai cattolici che tra gli uomini della Sierra Maestra ve ne fossero di quelli che la pensavano diversamente. In apparenza, dunque, tutto si preparava nel senso di correggere i mali introdotti, specialmente dall’abuso di potere, in un regime legittimo e degno di approvazione.
4. INSIDIA DEI CASTRO-COMUNISTI RIGUARDO AI CATTOLICI
I comunisti, però, la pensavano diversamente. Essi avevano il loro fine prestabilito e, come sono soliti fare, approfittavano dell’occasione propizia per estendere il loro potere in vista dell’obiettivo ultimo: la dominazione mondiale.
Non lo dichiaravano. Custodivano il loro segreto nella speranza, una volta padroni della situazione, di poter fare a meno della maschera con cui ingannavano i loro compagni d’armi.
E così un paese con una grandissima maggioranza cattolica cadde sotto la dominazione dei peggiori nemici della Chiesa.
5. RICHIAMO COMUNISTA ABITUALE: LOTTA CONTRO LA MISERIA E L’INGIUSTIZIA
Ciò che è accaduto a Cuba è un esempio tipico del risultato a cui porta la collaborazione con i comunisti. Questi, infatti, non disdegnano la collaborazione dei cattolici. Anzi, la sollecitano, la provocano anche, mettendo in evidenza miseria e ingiustizie che possano suscitare l’indignazione e la reazione degli spiriti retti. E, purtroppo, spesso ottengono la collaborazione desiderata. Abituati ad agire in buona fede, i cattolici tendono molte volte a giudicare impossibile che dietro a considerazioni umanitarie qualcuno possa nascondere un fine perverso. Finiscono così per impegnarsi, non per il movimento comunista, ma per la lotta a favore degli infelici, degli oppressi e dei sofferenti. E lavorano uniti, cattolici e comunisti, certi i primi che gli altri, come loro, desiderano sinceramente curare la società dalle piaghe che la infettano; più certi i secondi che l’agitazione umanitaria offrirà loro l’ambiente ideale per l’estensione del loro potere.
6. INSINCERITÀ FONDAMENTALE DELL’”UMANITARISMO” COMUNISTA
I comunisti, infatti, non desiderano la riparazione dei mali, delle ingiustizie sociali. Il regime che esaltano è la più terribile delle tirannie, elevata a sistema di governo. Desiderano produrre un ambiente di lotta, di esacerbazione contro le élites. Il loro fine immediato consiste nel provocare l’inquietudine sociale, la disunione degli spiriti. Non li turba, in nessun modo, la violazione della legge morale. Per essi non esiste legge morale (4). È loro soprattutto utile suscitare e mantenere la lotta di classe, lotta di sterminio, senza nessun tentativo di armoniosa conciliazione, come vuole la Chiesa. Infatti, nella Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS, pubblicazione sovietica ufficiale, si legge: “Per non sbagliarsi in politica, è necessario essere un rivoluzionario e non un riformista. […] è necessario condurre una politica proletaria intransigente di classe, e non una politica riformista di armonia tra gli interessi del proletariato e gli interessi della borghesia, e non una politica di conciliazione, di “integrazione” del capitalismo nel socialismo” (5). Nell’enciclica Divini Redemptoris, dal canto suo, Pio XI segnala che l’ideale a cui mirano gli sforzi dei marxisti consiste nell’esacerbare la lotta di classe (6).
7. LA SETTA COMUNISTA OCCULTA AL GRANDE PUBBLICO LE SUE VERE DOTTRINE
Oggi la propaganda dei comunisti non presenta al grande pubblico, in modo chiaro e patente, né la loro dottrina, né i loro obiettivi. Lo fece all’inizio, ma subito si accorse che così allontanava i popoli dal marxismo (7), tanto bestiale ne è l’essenza. Perciò la setta “ha cambiato tattica e procura di attirare le folle con vari inganni nascondendo i propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti” (8). Così i comunisti, “senza punto recedere dai loro perversi principi, invitano i cattolici a collaborare seco sul campo così detto umanitario e caritativo, proponendo talvolta anche cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa” (9).
8. COLLABORARE ALLE CAMPAGNE DELLA SETTA MARXISTA SIGNIFICA FARE IL SUO GIOCO
Da ciò si vede che ogni collaborazione data a una campagna nella quale si impegnano anche i comunisti – anche quando non si presentino come tali – è una collaborazione che si dà all’instaurazione del marxismo. L’esempio doloroso di Cuba ce lo insegna, e la semplice osservazione del modo di agire della setta ce ne convince.
Bisogna distinguere, a questo proposito, tra mutua collaborazione e occasionale convergenza di sforzi. Vi è collaborazione quando cattolici e comunisti, lavorando per lo stesso obiettivo immediato, si aiutano gli uni gli altri, o, almeno, nascondono temporaneamente l’antagonismo di fondo e reciproco in cui si trovano. La collaborazione ridonda sempre a vantaggio dei marxisti. Può accadere, tuttavia, che i cattolici inizino una determinata campagna, e che, fortuitamente o insidiosamente, anche i comunisti si muovano nello stesso senso. Si avrà allora, come vedremo dopo, un’occasionale convergenza di sforzi, che potrà non dare vantaggio ai comunisti, se i cattolici rifiuteranno di concertare qualsiasi azione con loro, così come di concludere con il comunismo un armistizio, anche se temporaneo.
I seguaci di Marx lavorano sempre e soltanto in favore della loro causa. Se vi è al mondo un movimento totalitario, nel quale non si disperde forza alcuna, nel quale tutto, assolutamente tutto, è calcolato in funzione del fine che si ha in vista, è quello dei comunisti. Così, ovunque vi sia un’azione loro, vi è un interesse del comunismo, ed è puerile pretendere di deviare la loro attività, dal momento che il comunista, finché rimane tale, non abbandona il suo posto di tiro, e normalmente non sbaglia i suoi calcoli. Non per altro motivo Pio XI condannò qualsiasi collaborazione con i marxisti.
9. … ANCHE QUANDO PROPONE PROGRAMMI CONFORMI ALLA DOTTRINA CATTOLICA
Quand’anche propongano – ciò che il Papa prevede – “cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa“, anche in questi casi (e, attenendosi allo spirito della Divini Redemptoris, soprattutto in questi casi), “non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con lui [il comunismo]” (10). La proibizione di Pio XI è categorica, e non ammette eccezioni: è necessario che non vi sia collaborazione reciproca in nulla – nulla in re – con questa setta esecrabile.
E la ragione è che, quando i comunisti attirano con lusinghe i cattolici, a loro modo, cioè con “cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa“, non fanno altro che preparare una trappola poiché, come dice il Papa, cercano “di attirare le folle con vari inganni nascondendo i propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti!” (11).
Da tutto questo insegnamento di Pio XI si deduce che i fedeli che si uniscono ai comunisti, per raggiungere obiettivi completamente “conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa“, cadono in una imboscata e collaborano all’instaurazione del comunismo nel mondo.
II
COME REAGIRE CONTRO LA TATTICA COMUNISTA
1. LA GRANDE DIFFICOLTA’: DISCERNERE LA PRESENZA DELL’INFLUENZA COMUNISTA
Tutto questo, dirà qualcuno, è molto sicuro e molto chiaro; vi è tuttavia una difficoltà che sembra insuperabile. Quando Fidel Castro capeggiò la rivolta della Sierra Maestra, non si presentò come comunista. Come si poteva sapere ciò che vi era nell’animo di quel capo?
Di fatto, problemi come questo si pongono frequentemente. Non ci si deve aspettare dai comunisti lealtà alcuna, dal momento che per essi non esistono obblighi morali (12); esattamente al contrario, si muovono in un ambiente saturo di ipocrisia, cinismo e falsità (13). Per essi vi è un’unica norma di azione: l’utilità del movimento. Ora, qualsiasi persona può facilmente comprendere che, particolarmente in Occidente, il comunista sarà tanto più utile al partito, quanto meno sarà conosciuto e considerato come tale. Perciò i membri della setta marxista nascondono, per quanto possono, la loro affiliazione partitica. Si presentano come socialisti, come uomini di sinistra, ma più spesso, molto più spesso, come umanitari che desiderano solo il bene dei poveri, degli operai, che si affliggono alla vista delle ingiustizie commesse nella società, le detestano vivamente, e ancora più vivamente detestano i loro autori. Così riescono a ottenere la simpatia e perfino la collaborazione dei non comunisti (14).
A. Conoscere la dottrina comunista
Ora, amati figli, proprio una simile simpatia e collaborazione dobbiamo evitare a ogni costo. E pertanto è necessario che sappiamo riconoscere il lupo marxista sotto la pelle dell’agnello umanitario.
Affinché possiate identificare i comunisti, è necessario anzitutto conoscere la loro vera dottrina. Ciò vi permetterà inoltre di valutare con maggiore chiarezza l’opposizione radicale e insanabile esistente tra il comunismo e il cattolicesimo. Passiamo dunque a esporre sommariamente la dottrina marxista, cioè la filosofia di quella vera e propria anti-Chiesa che è la setta comunista.
Il comunismo, una setta
Usiamo intenzionalmente la parola “setta”. Non dovete pensare, infatti, che il comunismo sia solo un partito politico. Lo è, certamente, e le sue reti avvolgono in molti paesi migliaia e perfino milioni di uomini e donne organizzati politicamente, e che servono da nucleo intorno al quale gravitano altre migliaia di simpatizzanti e di collaboratori. Ma il comunismo è più di questo; è una setta filosofica, che tende alla conquista di tutto il mondo al suo modo di pensare, di volere e di essere. Per giungere a questa conquista i comunisti si organizzano in partito, ma l’irreggimentazione partitica è solo un mezzo, uno strumento per raggiungere la meta universale.
Ciò che anima l’azione della setta marxista e le dà energia interna, chiarezza di fini, coesione e coerenza è la sua ideologia. Esponiamola succintamente.
Materialismo evoluzionista
Il sistema comunista è il materialismo portato alle sue conseguenze estreme. Il marxismo afferma che esiste solo la materia. Non vi sono né angeli né demoni; non vi sono né anima spirituale né Dio. L’uomo è pura materia. Una forza misteriosa spinge questo universo materiale in un processo di sviluppo incoercibile, in una evoluzione inarrestabile. Dalla materia inorganica emerse la vita; dalla pianta nacque l’animale. Tra gli animali si ebbe un perfezionamento lento e costante, finché apparve l’animale attualmente più perfetto, il cui cervello presenta il più alto grado di sviluppo. Questo animale si chiama uomo. Con il tempo, lo stesso processo produrrà un altro essere più perfetto; quindi, così come nel passato sorse l’uomo venendo dalla bestia, nel futuro dovrà sorgere un altro essere, un “super-uomo”, tanto più perfetto di noi, quanto noi siamo più perfetti della scimmia. Questa evoluzione non ha limiti.
Tutto è relativo, compresa la morale
Stando così le cose, le nostre idee sono relative. Ciò che mi sembra verità metafisica e morale non ha valore oggettivo. È verità per me, per il mio stadio di evoluzione. Per un essere più evoluto non la sarà. In una parola, non vi è verità oggettiva. Io creo la verità; di conseguenza, creo il bene. Quindi, non vi è metafisica, non vi è morale. È verità ed è buono ciò che voglio che lo sia. Non vi è Dio. Non vi è ordine naturale che mi obblighi. Non vi è diritto naturale. Non vi è autorità legittima.
L’uomo comunista si libera di tutto quel modo di pensare che ha prevalso lungo i secoli, e stabilisce il principio: la verità è ciò che mi conviene. È buono ciò che contribuisce al mio benessere soggettivo. Ora, la massa è la somma degli individui, degli “io” che la compongono. Così, dunque, la massima espressione dell’uomo è la massa. La massa che più genuinamente rappresenta l’uomo vero, autentico, è la massa proletaria. Pertanto il proletariato, la massa povera dei lavoratori, è il giudice supremo del bene e della verità.
Distruzione della Chiesa, dell’autorità, della gerarchia sociale
Da ciò segue che la religione, l’autorità dei genitori e dei padroni, la proprietà privata, la morale obbligatoria e immutabile, sono chimere borghesi che si devono cancellare dalla memoria dei cittadini della “nuova era”. Chiesa, élites sociali, classi tradizionali, non hanno il sia pur minimo diritto all’esistenza. Cielo, vita futura, ascesi, santità, sono concetti che non rappresentano nulla che possa essere in qualche modo utile.
Dittatura del proletariato.
L’uomo non deve avere nessuna preoccupazione religiosa o morale. La sua unica cura deve consistere nella lotta per dare al proletariato il dominio assoluto sulla società e procurare ai suoi simili, ridotti tutti alla condizione di proletari, il benessere sulla terra.
Lotta tra gli opposti – “Dialettica”
La forza metafisica che spinge l’universo alla perfezione è la lotta tra gli opposti. Esiste in esso una disarmonia costitutiva. Dallo scontro degli elementi opposti nasce la sintesi, l’armonia momentanea. Ma subito quello che è risultato dalla sintesi incontra un altro elemento che gli si oppone, ed ecco di nuovo una tesi che si pone di fronte alla sua antitesi per dare origine a una nuova sintesi. Questo principio regge l’universo. Regge anche la società umana. Il processo che abbiamo descritto si potrebbe lasciar svolgere secondo il suo ritmo naturale. La società verrebbe lentamente realizzando le sue opposizioni, la tesi si contrapporrebbe all’antitesi, da ciò risulterebbe una sintesi, e infine si avrebbe necessariamente il comunismo. Ma questo processo necessario può essere accelerato. Il marxismo insegna la tecnica per farlo. È la lotta di classe. Manifestando gli opposti, si accende la lotta tra essi, lanciando una parte contro l’altra. Così, un processo che naturalmente durerebbe secoli, può svolgersi in pochi anni. Questo il marxismo chiama “dialettica”. Gioca i poveri contro i ricchi, i contadini contro i proprietari di terre, gli inquilini contro i padroni di casa, i negri contro i bianchi, i settentrionali contro i meridionali, i cittadini di una nazione contro gli stranieri, i laici contro i sacerdoti, – ecco alcuni possibili esempi di lotta.
La scienza della Rivoluzione
Il comunismo sviluppa una scienza nuova: la scienza della Rivoluzione. Così, promuove scientificamente la lotta degli opposti. Questa lotta ha due aspetti: uno tattico e l’altro strategico. Quest’ultimo consiste nell’accelerare scientificamente la distruzione di quelle opposizioni che, naturalmente, si distruggerebbero dopo secoli di coesistenza prima, e poi di lotta. La scienza della Rivoluzione studia, oltre a questo, l’aspetto tattico. Tra le molte lotte possibili, i dirigenti del comunismo scelgono quelle che distruggono classi e ordini che più tenacemente impediscono il livellamento totale della società.
Ugualitarismo completo
L’obiettivo finale dei settari di Marx è, appunto, il livellamento totale, l’abolizione delle classi, l’ugualitarismo. Questo ugualitarismo è essenziale al comunismo che, proprio per il fatto di essere ugualitario, distrugge e sopprime il diritto di eredità, la famiglia, la proprietà privata, le élites sociali, le tradizioni.
Negazione totale della religione cattolica
Dunque, come abbiamo appena visto, il comunismo, oltre che ateo, è, per una profondissima ragione, rivoluzionario, violento, cinico, malvagio, falso, implacabile, immorale, contrario alla famiglia e alla proprietà (15). Perciò è intrinsecamente perverso, come dichiarò Pio XI (16).
È impossibile conciliare il comunismo con il cattolicesimo. Il comunismo è una setta filosofica che nega radicalmente tutto ciò che il cristianesimo insegna e distrugge il suo stesso fondamento, così come quello di tutto il diritto e di tutta la filosofia. È la più completa negazione di Dio (17).
Paradiso ateo
Da questa totale negazione del bene e della verità, e dalla speranza satanica di realizzare il paradiso in terra, senza Dio, senza Cristo, senza la Chiesa e senza autorità, deriva la forza interna, il dinamismo ossessivo e diabolico che attira i comunisti e li fa soldati che non conoscono tregua né quartiere nella loro lotta per demolire l’ordine basato sul bene e sulla verità, basato su Dio e su Cristo, che chiamiamo Cristianità.
Il partito comunista
In questa campagna contro la civiltà cristiana, ha una parte centrale e preponderante il partito comunista. Infatti si erige a unico rappresentante autentico della massa proletaria, e così, in concreto, si arroga il potere dittatoriale sulla verità e sul bene che, in tesi, il comunismo attribuisce al proletariato.
Socialismo, comunismo apparentemente mitigato
Dopo l’esposizione della teoria del marxismo, è necessario dire una parola sul socialismo. La sua realizzazione più conseguente è il marxismo. Ma, accanto al socialismo marxista, vi sono varianti che si propongono l’instaurazione della società ugualitaria, materialistica, senza porre mano ai mezzi brutali che generalmente sono predicati e usati da quello. Queste varianti preferiscono i mezzi legali, le trasformazioni lente, di modo che, con un processo più dolce ma ugualmente incoercibile, siano distrutte le istituzioni della società tradizionale, e sostituite con le istituzioni di una società senza classi, ugualitaria, in cui lo Stato prevede, provvede e domina tutto. Così, a volte, il socialismo non è altro che il comunismo puro e semplice; altre volte, adottando un aspetto pacifico e un ritmo graduale, introduce nella società surrettiziamente il comunismo, ed è il ponte, la porta attraverso cui questo penetra nella Cristianità.
B. Alcune caratteristiche dei movimenti influenzati dal comunismo
Dopo aver preso conoscenza della dottrina e dei principi marxisti, sarà anche necessario studiare l’azione dei comunisti per giungere al loro ideale di una società senza classi (18). In altre parole, quali sono le caratteristiche da cui si riconoscono i movimenti comunisti o che, pur non essendo tali, sono asserviti al comunismo.
Nell’impossibilità di descrivere tutte queste caratteristiche, ricordiamo solo le due più importanti e frequenti.
Odio e intransigenza personale
La prima di esse è l’odiosa intransigenza personale dei movimenti comunisti. Essi tendono sempre a creare e a esacerbare l’avversione contro una classe sociale la cui esistenza, secondo l’ordine naturale delle cose, non ha nulla di ingiusto.
Poiché la sopravvivenza di tale classe costituisce un ostacolo al trionfo della setta, i comunisti la votano allo sterminio. Possono esservi dei motivi per condannare persone, senza per questo mancare di giustizia e di carità. Ciò che non è cristiano è avventarsi furiosamente contro una classe, da sempre considerata come legittima e necessaria al buon ordine sociale, come se fosse solo un cancro della società, da dover urgentemente estirpare.
Quando, poi, si inizia un’azione contro una determinata categoria sociale, non in base a principi definiti o a fatti concreti e comprovati, ma fondandosi su dottrine vagamente umanitarie e su accuse imprecise, ed eccitando gli spiriti al disprezzo puro e semplice della classe considerata, possiamo essere certi che in questa campagna si nasconde l’odio caratteristico dei comunisti, anche se i suoi promotori non si confessano tali. Tutte le volte che una campagna riveste questo carattere di opposizione fanatica e incondizionata contro una determinata classe, vi è in essa la mano comunista. E la collaborazione data a un simile movimento è, in sostanza, una collaborazione per il trionfo del comunismo.
Demagogia ed esagerazione a proposito di problemi secondari
Oltre a ciò, poiché le campagne marxiste sono determinate da considerazioni strategiche e non da motivi morali, accade molto frequentemente che non mettano a fuoco la ingiustizia sociale più grave, e nemmeno quella cui è più urgente porre rimedio; oppure che non la mettano a fuoco nei suoi giusti termini. Così, quando si generalizza una campagna contro un male sociale, un’ingiustizia, una situazione degradante, ecc., è necessario esaminare e osservare se il caso messo in risalto esiste veramente, se presenta l’importanza che la campagna gli attribuisce, se questa la situa opportunamente in relazione alle attività sociali, di modo che si possa affermare che non è mossa da un intento di opposizione sistematica, da un aizzamento di odi e di lotte, ma da una volontà certa e sincera di correggere un male esistente. Se non si possono verificare tutte queste caratteristiche, possiamo essere sicuri che la campagna nasconde l’interesse a fomentare la lotta di classe, mezzo di cui si servono i comunisti, come abbiamo visto, per instaurare il dominio della loro setta. Collaborare a simili campagne, significa collaborare al trionfo del marxismo.
Esempio attuale: l’influenza comunista nella campagna a favore della riforma agraria
Esemplifichiamo con quanto attualmente si può osservare nel movimento a favore della riforma agraria in Brasile. Vi sono da noi, di fatto, delle ingiustizie nel settore agricolo; è vero che è necessario migliorare, il più rapidamente possibile, le condizioni di vita e di lavoro del contadino brasiliano. E un movimento che tenda a questo fine si può solo lodare. Ciò che si nota, tuttavia, in tutta la lotta in corso a favore della riforma agraria, è uno sforzo per eccitare gli spiriti contro la struttura rurale stessa oggi esistente in Brasile, accusata, senza prove, di essere responsabile dei mali del settore agricolo e della crisi economica nazionale; e con questa agitazione si tende a sollevare l’opinione pubblica contro i proprietari di terre, senza tenere conto dell’inviolabilità del diritto di proprietà e degli immensi benefici che molti agricoltori resero e ancora rendono alla collettività.
2. RIFIUTARE LE CAMPAGNE PARALLELE DI CATTOLICI E COMUNISTI CON UN OBIETTIVO COMUNE
L’esempio precedente ci spinge a una necessaria cautela a proposito delle cosiddette azioni parallele.
I comunisti, in genere, per ottenere la collaborazione dei non comunisti, sondano per prima cosa l’ambiente per vedere quale campagna sarà da loro maggiormente recepita. E non è difficile trovare ingiustizie vere, oggettive, da deplorare, in una società che ha apostatato da Dio, e vive dominata dall’egoismo e dalla sete dei piaceri materiali.
Ora, è naturale che i cristiani si indignino di fronte a simili fatti. I Papi hanno ripetutamente levata la voce contro tali abusi e particolarmente contro le ingiustizie causate dal nuovo ordine economico, nel quale domina il denaro e non si presta attenzione alle necessità spirituali e morali più urgenti delle classi meno favorite. Fare eco ai Papi, e tentare ordinatamente di porre fine a questi disordini sociali, è cosa giusta e degna di ogni plauso.
In simili circostanze concrete, i comunisti si uniscono subito alla campagna dei cristiani. Anch’essi alzano la voce per condannare le ingiustizie e chiedere la punizione dei colpevoli. Ci si chiede: sarebbe lecita, in tale caso, un’azione parallela? I comunisti, dal canto loro, con i loro argomenti e i loro metodi senza dubbio detestabili, lotterebbero, ciononostante, per un obiettivo giusto e desiderabile. D’altro canto i cattolici, con i metodi e gli argomenti insegnati dalla morale e dai documenti pontifici, si impegnerebbero, senza legame alcuno con i comunisti, per conseguire, in pratica, lo stesso risultato, cioè la correzione delle ingiustizie sociali.
A. Non vi è di fatto un obiettivo comune
È facile risolvere la questione. In primo luogo non illudiamoci, i comunisti non desiderano mai porre riparo a nessuna ingiustizia. Vogliono solo fomentare agitazioni, malessere, opposizione di classe contro classe, in modo da ottenere l’avversione e l’odio dell’una contro l’altra. Anche quando, in apparenza, si trovano a difendere obiettivi completamente in accordo con le esigenze e la dottrina della Chiesa, anche in queste occasioni mirano in realtà alla promozione della lotta di classe, il grande mezzo che Lenin ha dato loro in mano per raggiungere il loro fine ultimo: il dominio sul mondo e la tirannia della nuova classe dirigente, il partito comunista.
B. Non vi può essere stasi nella lotta dei cattolici contro i comunisti
In secondo luogo, e per questo stesso motivo, qualunque campagna cristiana contro le ingiustizie sociali, per non portare acqua al mulino comunista, mentre attacca con forza tali ingiustizie, deve mostrare in modo chiaro e inoppugnabile che non cerca l’eliminazione di qualcuna delle classi di cui necessariamente si compone il corpo sociale, ma che desidera solo purificare quest’ultimo dai difetti che lo deformano, e ciò attraverso l’armonia delle varie categorie sociali; accanto a questo, è cosa non meno indispensabile combattere e impugnare, con forza pari o anche maggiore, l’analoga campagna di marca comunista, denunciandola come insincera e rivoluzionaria. Ora, se i cattolici agiranno secondo queste norme, gli stessi comunisti respingeranno la collaborazione che prima desideravano (19).
Odio comunista contro Reforma agrária – Questão de consciência
Anche a questo proposito, un aspetto della lotta attorno alla riforma agraria servirà come esemplificazione. Infatti, su questo problema, insieme a S. E. Rev.ma mons. Geraldo de Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina, al prof. Plinio Corrêa de Oliveira e all’economista Luiz Mendonça de Freitas, scrivemmo il volume Reforma agraria -Questão de consciência, pubblicato dalla editrice Vera Cruz di San Paolo (20). Quest’opera tratta l’argomento con serenità. Riconosce i mali gravissimi introdotti nel settore agricolo dall’avidità di guadagno di certi proprietari, e specialmente dall’amoralismo dell’economia liberale, esorta i responsabili della situazione a sanare il più rapidamente possibile ingiustizie clamorose, e lancia un forte grido d’allarme contro la riforma agraria di marca socialista. Insomma, un’opera con obiettivi umanitari (per usare qui il termine corrente tra i non cattolici), ma che chiaramente si astiene da ogni compromesso, e anche da un affiancamento, con i comunisti e i comunisteggianti. Bastò questo perché gli uni e gli altri accogliessero il libro con clamorose manifestazioni di autentico odio. Il fatto è che gli autori, colpendo una ingiustizia reale, non lo facevano secondo i modi socialisti, né passavano sotto silenzio le false promesse implicite nella soluzione socialista. Reforma agraria – Questão de consciência era una forza che ai marxisti conveniva distruggere. L’odio comunista contrasta significativamente non solo con i plausi che il nostro lavoro ricevette in altri settori, ma anche con il dissenso cortese e sereno con cui fu accolto da elementi non comunisti che da esso discordavano.
L’azione dei cattolici non ha il carattere distruttivo proprio dell’azione dei comunisti
I movimenti ispirati dalla carità cristiana non tendono mai alla distruzione di un ordine esistente che in sé non sia ingiusto, come disse Pio XII (21) riguardo al regime della proprietà privata, detto capitalismo, ma cercano, e lo fanno con tutta l’energia del caso, di correggere gli errori riscontrati, per riportare la pace e l’armonia necessaria al corpo sociale. Perché in questo, sebbene sempre composto da classi diversificate, deve regnare un’unione organica di tutti gli elementi, assicurata dalla carità reciproca e dal mutuo aiuto.
3. COME SI FA IL GIOCO DELL’AVVERSARIO
Vengono a proposito alcune osservazioni su come, anche se incoscientemente, si giunga ad aiutare in certi casi il movimento comunista.
Omissioni e silenzi che favoriscono i comunisti
Il comunismo, come è risaputo – e questa è la sua caratteristica più evidente -, è contrario alla proprietà privata. L’abolizione di questo diritto costituisce per esso una delle mete da raggiungere per arrivare all’ideale supremo della società senza classi (22); e, come sempre, la campagna contro la proprietà privata è condotta dai seguaci del comunismo senza il sia pur minimo rispetto per l’ordine morale e per i diritti legittimamente acquisiti, dal momento che per i comunisti – conviene tenerlo sempre presente – non vi è freno morale (23). Essi sono mossi unicamente dalla considerazione di ciò che è utile al fine della setta.
Ora, è evidente che, nell’attuale ordine di cose, tale istituto è stato spesso utilizzato in modo abusivo. I Papi lo riconoscono. È dunque certo che tali abusi devono essere eliminati.
Un movimento votato a eliminare gli abusi della proprietà privata, e a indurre i proprietari a fare un uso onesto dei loro beni, è in sé benemerito. Accade, tuttavia, che esso possa facilmente favorire il comunismo. Basta che non si affermi in modo energico e categorico che l’istituto della proprietà privata è legittimo, perché la campagna favorisca la creazione di un clima ostile ai proprietari in quanto tali, presentati dai comunisti come parassiti della società. Non solo. Bisogna che un tale movimento metta bene in evidenza l’interesse sociale collegato all’esistenza della classe dei proprietari, dalla quale tutti traggono beneficio, specialmente i meno favoriti dalla sorte. È una considerazione di Pio XI. Segnala il Pontefice che “il diritto del dominio privato viene largito agli uomini dalla natura, cioè dal Creatore stesso, sia perché gli individui possano provvedere a sé e alla famiglia, sia perché, grazie a tale istituto, i beni del Creatore essendo destinati a tutta l’umana famiglia, servano veramente a questo fine; il che in nessun modo si potrebbe ottenere senza l’osservanza di un ordine certo e determinato“.
Questo principio, aggiunge il Papa, deve essere sempre tenuto davanti agli occhi, perché “chi non tenga presenti queste considerazioni va logicamente a naufragare negli scogli del modernismo morale, giuridico e sociale” (24).
È infine necessario che la campagna di cui trattiamo non resti entro vaghe rivendicazioni, ma piuttosto ponga molta attenzione nel non esagerare a tal punto le restrizioni al diritto di proprietà, da colpirne anche la stessa esistenza. Così, per esempio, non si deve pretendere per giustizia quanto si riferisce ad altre virtù, come saggiamente insegnava Pio XI (25).
In vari documenti di Pio XII si nota la preoccupazione per i movimenti sorti per combattere gli abusi della proprietà privata, o del capitalismo (parola di cui insidiosamente si serve il comunismo per confondere il diritto di proprietà con le ingiustizie dell’attuale ordine economico). La preoccupazione del rimpianto Pontefice rivela come in queste campagne si ebbero eccessi. Citiamo solo il brano del radiomessaggio diretto al Katholikentag di Vienna il 14 settembre 1952, dal quale si vede quanto interessa ai comunisti la mancanza di una affermazione chiara del diritto di proprietà.
Dalle parole di Pio XII si deduce che è necessaria “la difesa, dell’individuo e della famiglia, contro il vortice che, nella socializzazione di ogni cosa, cerca di inghiottirli; una socializzazione, alla fine della quale il terrificante quadro del Leviathan, diventerebbe orribile realtà“, nella quale naufragherebbero la “dignità dell’uomo e […] [la] salvezza dell’anima sua“.
Come impedire questo disastro? Mediante l’affermazione categorica del diritto di proprietà. Continua infatti il Papa: “È perciò che la dottrina sociale cattolica, con tanto cosciente impegno sostiene anche il diritto dell’individuo alla proprietà. Ed è questo il motivo più profondo per cui i Papi delle encicliche sociali e Noi stessi abbiamo negato che dalla natura del contratto di lavoro, scaturisca, in modo diretto o indiretto, per l’operaio, il diritto di comproprietà al capitale dell’impresa, e – per conseguenza – il Suo diritto alla cogestione” (26).
Le espressioni del Papa sono per noi saggio avvertimento. La Chiesa presenta come punto inalterabile della sua dottrina il diritto di proprietà privata, derivante dalla natura e oggetto di uno dei comandamenti del decalogo. Fa pertanto parte dei fondamenti della civiltà cristiana, il cui mantenimento, per mezzo dell’osservanza dei vincoli giuridici che la reggono, è un grave dovere che obbliga tutti i fedeli. Per questo la Chiesa si mantiene vigile di fronte agli attentati che si susseguono contro questo diritto nella società odierna, travagliata dallo spirito socialista.
Abbiamo udito il compianto Papa Pio XII parlare ai Katholikentag di Vienna. Appoggiamoci sulla dottrina pontificia per non accettare le limitazioni propugnate da un non si sa quale nuovo cristianesimo progressista, che colpiscono il diritto di possedere nato dalla stessa natura. Abbandonare quest’ultimo, dunque, al capriccio di disposizioni legali imprecise e indeterminate, di mezzi come l’espropriazione per il cosiddetto pubblico interesse, quando è fatta senza causa giusta e provata, o anche senza indennizzo corrispondente al valore reale e dato in tempo utile, significa mutilarlo di quanto gli è essenziale. I Papi, che tanto, e tanto energicamente, misero in risalto la parte che la proprietà privata ha nella società, mai la ridussero a pura funzione sociale.
Amare i poveri non significa odiare i ricchi
Dobbiamo dunque, evidentemente, amare i poveri, essere i loro protettori, difendere i loro diritti, salvando sempre però i diritti delle altre categorie della società, perché la felicità del corpo sociale sta nell’armonia di tutte le classi, con i loro diritti e i loro doveri, e non in una supremazia dell’una sull’altra che calpesti beatamente la legge morale.
La laicità favorisce la setta marxista
In questo stesso ordine di idee, è necessario fare alcune riflessioni sul frequente svisamento dei movimenti destinati ad aiutare e a difendere gli operai, i lavoratori agricoli, i dipendenti domestici, insomma, la classe di quanti guadagnano degnamente il loro pane con il lavoro salariato.
Qualsiasi iniziativa per elevare questa classe spiritualmente, culturalmente e moralmente, è degna di ogni encomio. Così pure i movimenti che si propongono la difesa dei suoi legittimi diritti nei rapporti con i datori di lavoro. A questo proposito però si ha da tenere conto, anzitutto, che in tali movimenti, visti nel loro insieme, non si deve mai rifiutare il primato alla parte spirituale e morale. Se essi si preoccupano solo della parte economica, finiranno per aiutare la diffusione degli errori comunisti, dal momento che questi affermano proprio che i fattori economici sono gli unici a realizzare ogni progresso, anche culturale, e, finché non si può farla completamente finita con queste credenze, anche religioso. Ciò è falso, e una lotta a favore delle classi meno favorite dalla sorte, che non sottolineasse questa falsità, darebbe indirettamente vantaggio ai comunismo. Per questa ragione, lamentiamo profondamente il carattere laico dei nostri sindacati, sia di dipendenti che di padroni. Messa da parte l’influenza diretta della religione, riesce impossibile risolvere i problemi sociali all’interno dei quadri della civiltà cristiana, fondata su valori spirituali, ai quali quelli economici devono essere subordinati, come semplici ausiliari.
La tendenza a uguagliare le condizioni di padroni e di dipendenti serve al comunismo
A causa di questo oblio dei valori spirituali le rivendicazioni operaie frequentemente scivolano verso l’esigenza di un’assoluta uguaglianza di diritti tra dipendenti e datori di lavoro. Cosa in sé assurda, dal momento che lo stesso contratto di lavoro suppone due situazioni distinte, ciascuna con i suoi legittimi diritti, non però gli stessi, poiché se fossero gli stessi nemmeno sarebbe possibile un contratto. Quando due persone contrattano è perché non hanno gli stessi diritti: a una manca quello che ha l’altra, e il contratto è fatto proprio perché si completino, si aiutino reciprocamente, rimanendo entrambe soddisfatte, e conservando però ciascuna i suoi diritti. Le lotte a favore dei diritti degli operai e dei dipendenti in generale, con tendenza a uguagliare le situazioni, servono ai comunisti, il cui ideale è la soppressione della diversità delle classi sociali. Ecco dunque un settore nel quale la difesa di diritti autentici e anche sacri si può prestare, nelle condizioni in cui viviamo, allo sfruttamento da parte della setta marxista.
Nell’interessarsi degli operai, è necessario indicare con precisione la funzione che essi hanno nella società, funzione degnissima e loro propria che, bene svolta, li porta a dare il loro indispensabile contributo al bene comune, e che tuttavia sarà fondamentalmente viziata se, rosi dall’invidia perché non hanno un’altra posizione più elevata, essi si daranno a sabotare il lavoro che eseguono, o a collaborare a movimenti che provocano il disordine nel campo economico-sociale. Con simile procedimento, essi pregiudicherebbero tutta la società e se stessi, spiritualmente e materialmente.
Senza il concorso delle virtù cristiane non si farà nulla di utile per i poveri
Non è necessario insistere perché si veda come le rivendicazioni operaie – tanto legittime e degne di simpatia – quando sono fatte con questo spirito aiutano potentemente a creare un ambiente favorevole al comunismo e contrario alla civiltà cristiana. Questa è fatta dalle grandi virtù sociali, l’ubbidienza; l’umiltà e l’amore. Virtù che parlano di distacco e di dedizione; virtù non solo degli operai, ma anche dei padroni; virtù il cui concorso assicura che le rivendicazioni operaie, per quanto siano categoriche ed energiche, non si trasformeranno mai in fattore di disordine sociale. Virtù che, se verranno a cadere, non si avrà la salvezza eterna, ragione per cui fummo creati, né la pace e la prosperità sociale, motivo per cui esiste la società civile. Senza di esse dominano l’invidia, la diffidenza, l’odio, cause di disgregazione sociale, su cui il dispotismo moscovita stende il nero mantello della tirannia.
Lo svisamento dei documenti pontifici avvantaggia i comunisti
Ancora su questo argomento, vogliamo dare un ultimo consiglio ai nostri amati figli, per metterli in guardia relativamente al modo in cui talora vengono interpretati gli insegnamenti pontifici che trattano dei problemi sociali.
Come è noto, i Papi, specialmente Leone XIII e Pio XI, si occuparono di questi problemi in solenni documenti, tra cui le famose encicliche Rerum novarum e Quadragesimo anno. In esse, al pari degli obblighi, si elencano e si difendono anche i diritti degli operai. Da questo lato, i comunisti e i comunisteggianti possono abusare degli stessi documenti ecclesiastici. È dunque necessario, facendone uso, avere cura che il nostro atteggiamento non vada a favorire il raggiungimento di obiettivi socialisti e comunisti. Cautela tanto più opportuna, in quanto è frequente in certi movimenti sociali mettere in risalto solo la parte economica di questi insegnamenti pontifici, lasciando in secondo piano, o completamente in oblio, l’insistenza dei Papi sull’indispensabile rinvigorimento della fede, l’imprescindibile riforma dei costumi, e altri mezzi di ordine spirituale necessari per eliminare l’inquietudine provocata dall’economia laica moderna. Oltre a questo, anche nella parte economica, è cosa comune attaccarsi molto a ciò che nelle encicliche è accidentale e persino marginale, come se fosse il nucleo centrale, il loro primo obiettivo.
Esempio: il chiasso attorno alla cogestione e alla partecipazione agli utili
È quanto accade, per esempio, a proposito della partecipazione degli operai agli utili dell’impresa, preconizzata nella Quadragesimo anno (27). Il Papa parla in modo opinativo – “stimiamo sia cosa più prudente che, quanto è possibile” – e incidentalmente, poiché si può togliere tutto il passo, senza che si muti in nulla il senso dell’enciclica. E, ciononostante, si fa tanto chiasso attorno a questo punto – eretto perfino a programma di partiti politici che pretendono di essere cristiani – come se costituisse la grande lezione della Quadragesimo anno. Non forziamo l’espressione. Più o meno ovunque, come fosse una parola d’ordine, si diffuse questa opinione.
Tanto è vero che Pio XII si sentì obbligato a dare al passo in questione il suo giusto valore nel quadro dell’enciclica e della dottrina del suo predecessore. Lo fece in varie occasioni. Ne citiamo una: l’allocuzione che rivolse il 31 gennaio 1952 al Consiglio Nazionale dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti. Ammonì in tale occasione il Pontefice: “Si parla oggi molto di una riforma della struttura dell’impresa, e coloro che la promuovono pensano in primo luogo a modificazioni giuridiche fra quanti ne sono membri, siano essi imprenditori, o dipendenti incorporati nell’impresa in virtù del contratto di lavoro.
“Alla Nostra considerazione non potevano però sfuggire le tendenze che in tali movimenti si infiltrano, le quali non applicano – come si dice – le incontestabili norme del diritto naturale alle mutate condizioni del tempo, ma semplicemente le escludono. Perciò nei Nostri discorsi del 7 maggio 1949 alla Unione Internazionale delle Associazioni Patronali Cattoliche e del 3 giugno 1950 al Congresso Internazionale di Studi Sociali Ci siamo opposti a quelle tendenze, non già, veramente, per favorire gl’interessi materiali di un gruppo piuttosto che di un altro, ma per assicurare la sincerità e la tranquillità di coscienza a tutti coloro cui questi problemi si riferiscono.
“Né potevamo ignorare le alterazioni, con cui si svisavano le parole di alta saggezza del Nostro glorioso Predecessore Pio XI; dando il peso e l’importanza di un programma sociale della Chiesa, nel nostro tempo, ad una osservazione del tutto accessoria intorno alle eventuali modificazioni giuridiche nei rapporti fra i lavoratori soggetti del contratto di lavoro e l’altra parte contraente” (28).
Più tardi, il 14 settembre dello stesso anno, nel già citato radiomessaggio ai cattolici austriaci, il Papa torna a dire che la Chiesa rifiuta categoricamente di dedurre dal contratto di lavoro qualsiasi diritto del dipendente alla condirezione o alla comproprietà dell’impresa (29).
Pretendere dunque di imporre tali partecipazioni, come se costituissero un’esigenza della dottrina della Chiesa, è un errore che favorisce l’ambiente di agitazione e di antagonismo di classi propizio al raggiungimento degli obiettivi comunisti. Significa, anche se inconsciamente, collaborare con il maggiore nemico della civiltà cristiana.
Allo studio e alla diffusione delle encicliche si applica l’assioma degli scolastici: “bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu”, “il bene è originato da una causa perfetta, il male da ogni e qualunque imperfezione nella causa“. Così, la loro dottrina è dottrina di salvezza se presa nella sua integrità armoniosa, e può produrre pessimi frutti se mutilata con la considerazione di una sola parte isolata dal tutto.
Nelle relazioni tra padroni e operai, non dimentichiamoci dell’esempio del Figlio di Dio. Gesù amò i poveri, ebbe compassione di loro, alleviò le loro miserie; ma non disprezzò per questo i ricchi, che Egli pure venne a salvare. Così onorò di una profonda amicizia la famiglia ricca e principesca di Lazzaro, Marta e Maria, nella cui casa gradiva riposare dalle fatiche dell’apostolato.
Distinzione insidiosa; combattere il comunismo, ma non i comunisti
Passiamo a considerare altre insidie che il nemico semina sul nostro cammino.
Vi è una distinzione che non di rado inganna la buona fede dei non comunisti. È quella che si suole fare tra comunismo e comunisti. Tutti gli odi si indirizzerebbero contro quello, e per questi si avrebbe solo tolleranza e compassione. Distinzione simile si fa frequentemente tra l’errore e gli erranti, secondo il detto attribuito a sant’Agostino: “Interficite errores, diligite errantes”, “annientate gli errori, amate gli erranti”. Senza soffermarci sul vero pensiero del Dottore della Grazia – sufficientemente intelligente per capire che l’errore non ha esistenza se non attraverso qualcuno che lo professa, e perciò stesso scompare solo con la conversione o con la scomparsa di questo qualcuno -, senza soffermarci pertanto sulla considerazione del vero senso dell’assioma attribuito a sant’Agostino, osserviamo che, applicato al comunismo, esso è sempre pericoloso.
Di fatto, in altre eresie vi è la possibilità di incontrare persone in buona fede che, essendosi ingannati nella ricerca della verità, tuttavia accettano i primi principi della ragione, e la cui conversione pertanto può essere efficacemente aiutata da un chiarimento ideologico. Non così nel caso del comunismo. Poiché questo nega il principio di contraddizione, riesce impossibile una discussione di ordine intellettuale. Perciò stesso, Pio XI, nella Divini Redemptoris, praticamente non distingue tra il comunismo e i comunisti. Così menziona i principi del comunismo come appaiono nelle istituzioni e nei metodi dei bolscevichi (30); la dottrina dei comunisti (31); gli insegnamenti che costoro diffondono (32); gli errori e i mezzi violenti dei bolscevichi (33).
Quando fa riferimento all’emancipazione completa e totale della donna, parla della dottrina dei comunisti e non del comunismo (34); allo stesso modo, quando attribuisce ai comunisti il principio della tirannia della collettività (35). Si riferisce inoltre al vangelo annunciato dai comunisti, bolscevichi e atei (36); al potere politico come mezzo di cui i comunisti si impadroniscono per raggiungere il loro fine (37). E in generale, quando normalmente si parlerebbe di comunismo (come d’altra parte si vede in varie traduzioni della Divini Redemptoris), il Papa non usa il termine astratto per indicare la dottrina, ma il concreto che indica le persone dei comunisti, che direttamente accusa (38).
Da questo è lecito dedurre una cura speciale del Santo Padre nel mettere in guardia i fedeli contro la persona dei seguaci di Marx, indicando a essi il tranello rappresentato da questa distinzione tra comunismo e comunisti. Possiamo dunque concludere, e nella conclusione dare un paterno avvertimento ai nostri amati figli in Gesù Cristo. I veri comunisti rifiutano i primi principi della logica e i fondamenti stessi dell’ordine morale; sono persone per la cui conversione si deve pregare, senza dubbio, e molto, ma delle quali non si può in nessun modo avere fiducia, e la cui azione si deve temere e combattere.
Vi sono comunisti e comunisti
Una migliore distinzione verrebbe a proposito tra comunisti e comunisti. Perché di fatto non tutti quelli che si trovano sotto il giogo sovietico in Russia e nei paesi satelliti possono essere considerati comunisti. Vi è in queste nazioni infelici un numero enorme di individui, la maggioranza, che geme sotto il dominio crudele cui i comunisti li sottomisero con la forza. Questi tali si potrebbero chiamare comunisti solo commettendo una grave ingiustizia. Essi detestano il regime che sopportano in silenzio perché non è a essi concesso esternare il loro pensiero. Oltre a questi, sia nei paesi al di là della cortina di ferro, sia in quelli del cosiddetto mondo libero, non sono pochi che avevano aderito al partito comunista senza conoscerne tutta la perversa dottrina e illusi da speranze fallaci. Di essi, molti lo hanno già abbandonato (in Francia, di un milione di aderenti che il comunismo contava nel 1945-1946, non ne restano oggi più di duecentomila), altri finora non hanno trovato la forza per compiere questo passo decisivo. Di veri comunisti resta una piccola minoranza (il 4% della popolazione in Russia), però attiva e audace che, potentemente coadiuvata dalla buona fede di molti non comunisti, e intenzionalmente da non pochi cosiddetti cristiani progressisti, la cui mentalità differisce da quella marxista solo in apparenza, costituisce il maggiore pericolo attuale per la civiltà cristiana (39).
Compiangiamo dunque quanti soffrono sotto il dispotismo rosso, e anche quelli che la setta illuse. Nello stesso tempo stiamo sempre in guardia contro le manovre e le insidie dei comunisti. Alla vigilanza aggiungiamo la preghiera perché Dio ci protegga e li converta. Tutti siano abbracciati dalla carità della nostra anima, tradotta in preci, sacrifici e buone opere.
Duplice vantaggio nell’esporre la tattica comunista
Volemmo, amati figli, con l’esposizione della tattica e delle insidie dei marxisti, offrirvi due vantaggi: da una parte, illuminarvi sul modo di combattere il terribile nemico; dall’altra mettervi in guardia circa la triste parte svolta a suo favore da alcuni che si dicono, molte volte, suoi avversari. Bisogna ancora mettere in risalto la malizia del comunismo, considerato in sé stesso, e non più nelle sue insidie e nelle sue tattiche.
III
CAUSE DELLA DIFFUSIONE DEL COMUNISMO
Un’obiezione capace di imbarazzare
Vi potrebbe, diletti figli, mettere in imbarazzo una difficoltà. Essendo il marxismo intrinsecamente perverso, e la natura umana fatta per il bene, come spiegare la sua rapida e prodigiosa espansione? Già nel 1937 Pio XI registrava che le “idee comuniste […] si infiltrano in tutti i paesi grandi e piccoli, colti e meno sviluppati, sicché nessun angolo della terra è libero da esse” (40). Oggi solo un cieco non vede le enormi conquiste della setta marxista, che ottenne il dominio politico su varie nazioni d’Europa come su gran parte dell’Asia, e va alimentando crescenti agitazioni negli altri paesi tanto del Vecchio come del Nuovo Continente. Come spiegare la tanto rapida diffusione di un movimento scelleratissimo? (41).
Promesse abbaglianti
L’enciclica Divini Redemptoris indica varie cause per questo fenomeno, cause che ancora oggi sono operanti. Il provvidenziale documento dichiara che “assai pochi hanno potuto penetrare la vera natura del comunismo” (42), mentre i più – meno avvezzi allo studio esauriente dei problemi – “cedono alla tentazione abilmente presentata sotto le più abbaglianti promesse” (43). E in realtà il comunismo, che all’inizio si mostrò qual’era, dal momento in cui capì che così allontanava da sé i popoli, “ha cambiato tattica e procura di attirare le folle con vari inganni nascondendo i propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti” (44). Si presenta da allora come desideroso di “migliorare la sorte delle classi lavoratrici, togliere abusi reali prodotti dall’economia liberale e ottenere una più equa distribuzione dei beni terreni” (45).
Crisi economico-sociali
Inoltre, l’aprirsi di crisi economico-sociali ogni volta più serie fornisce al marxismo occasione per estendere la sua influenza. Così penetrò in classi per principio avverse a qualsiasi materialismo o terrorismo (46).
Liberalismo
La responsabilità della diffusione degli errori comunisti ricade ampiamente – sebbene non in modo esclusivo, come vogliono i progressisti – sul liberalismo laicista. Esso pretese costruire la città senza Dio, e finì per preparare il terreno ai demolitori di qualsiasi società degna di questo nome. Con l’abbandono morale e religioso cui votò gli operai, con le difficoltà che creò loro alla pratica della pietà, con gli ostacoli eretti inesorabilmente contro l’azione dei ministri di Dio, i sacerdoti, con l’incoraggiamento alle istituzioni di assistenza laica – oggi disseminate e approvate praticamente in tutti i paesi del mondo libero – il liberalismo contribuì fortemente a contaminare la classe operaia con le concezioni rivoluzionarie dei comunisti (47).
Forze segrete
È opportuno prendere in considerazione anche l’opera delle forze segrete, che già da molto cercano di distruggere l’ordine sociale cristiano (48). In intima relazione con la loro attività, è la campagna del silenzio a proposito delle opere anticomuniste, e la “propaganda veramente diabolica quale forse il mondo non ha mai veduto” (49), di cui beneficia il comunismo. “Propaganda diretta da un solo centro e che abilissimamente si adatta alle condizioni dei diversi popoli; propaganda che dispone di grandi mezzi finanziari, di gigantesche organizzazioni, di congressi internazionali, di innumerevoli forze ben addestrate; propaganda che si fa attraverso volantini e riviste, nei cinematografi, nei teatri, con la radio, nelle scuole e persino nelle Università, penetra a poco a poco in tutti i ceti delle popolazioni anche migliori, senza che quasi si accorgano del veleno che sempre più pervade le menti e i cuori” (50).
IV
CONCLUSIONE
1. IL COMUNISMO NEMICO MORTALE DELLA RELIGIONE
I comunisti sfruttano una realtà sociale: le ingiustizie, le miserie, le sofferenze che accompagnano l’umanità e la dividono oggigiorno in due campi opposti, quello degli infelici e dei disgraziati, e quello dei ricchi e dei gaudenti. Con questo mezzo il marxismo acquista apparenze di verità agli occhi di quanti considerano le cose superficialmente.
Il piano del Creatore e la Redenzione
Questa realtà, ci dice la Rivelazione, è conseguenza del peccato originale; triste eredità dei nostri progenitori. La esistenza di questi mali non è pertanto intrinseca alla natura umana, è bensì qualcosa di accidentale che le è sopravvenuto, dovuto all’abuso del libero arbitrio di cui il Creatore l’ha dotata. L’uomo non fu creato così; Dio in principio lo fece retto, cioè con dominio sulle passioni, che, subordinate, avrebbero dovuto servire l’ordine razionale e dare serenità e dolcezza alla convivenza sociale, poiché “nel piano del Creatore, la società è un mezzo naturale di cui l’uomo può e deve servirsi per il raggiungimento del suo fine […]. Ciò non è da intendersi nel senso del liberalismo individualistico […]; ma solo nel senso che, mediante l’unione organica con la società, sia a tutti resa possibile per la mutua collaborazione l’attuazione della vera felicità terrena: inoltre nel senso che nella società trovano sviluppo tutte le doti individuali e sociali, inserite nella natura umana, le quali sorpassano l’immediato interesse del momento, rispecchiano nella società la perfezione divina“. Avrebbe così l’uomo nella società la possibilità di riconoscere “questo riflesso della perfezione divina, [che] lo rimandi così in lode e adorazione al Creatore” (51).
Questo ordine meraviglioso che era nei disegni divini fu perturbato dall’orgoglio umano, che antepose l’uomo al suo Signore. Gesù Cristo però, nella sua ineffabile misericordia, lo restaurò con la sua ubbidienza fino alla morte, distruggendo sulla croce la sentenza della nostra condanna (52).
Di modo che, sebbene nel pellegrinaggio in questo mondo porti su di sé le conseguenze del peccato originale, l’uomo ha sempre la possibilità di vincere i disordini derivanti dalla colpa prima, con la grazia di Gesù Cristo, che lo porta a imitare la vita di amore e penitenza del suo divino Maestro.
Il comunismo indica un’altra redenzione
A questa dottrina luminosa e pacificante, la setta marxista oppone un piano diametralmente opposto. Mentre il cristiano si sforza di distruggere l’opera del Tentatore, essa propugna la falsa concezione proposta dal demonio ai nostri progenitori nel paradiso. Il comunismo, oltre a negare l’esistenza di Dio e dello spirito, e accettare solo la materia, afferma che la disarmonia è intrinseca alla natura dell’uomo e dell’universo. La lotta, intrinseca alle cose, e di conseguenza anche alla società, è nello stesso tempo la causa della loro evoluzione e del loro progresso.
Quindi, invece di cercare la soluzione del conflitto sociale nell’ordine morale, con il mutuo amore che appiana le discordie e le risolve nell’armonia delle classi, il comunismo indica un’altra redenzione del genere umano, che si otterrebbe esasperando le disarmonie e fomentando le discordie tra le classi della società, fino alla loro distruzione e al livellamento totale. Mentre dunque la Chiesa cerca la conciliazione, l’organicità di parti disuguali in un tutto armonico che rispecchia la perfezione divina, il comunismo stimola proprio il contrario, l’opposizione e la disgregazione, la sovversione insomma del piano di Dio riguardo all’uomo e alla società. La Chiesa, fedele a Gesù Cristo, ha come base d’azione l’amore, riflesso di quella carità che portò il divino Redentore a spargere il suo sangue per il mondo, a dare la vita per gli uomini. Il comunismo agisce in funzione dell’odio che distrugge ed elimina le classi in cui ordinatamente Dio divise la società. Alla bellezza del piano divino, di subordinazione e di coordinazione dei diversi elementi nel tutto, il comunismo oppone il rifiuto categorico di riconoscere l’ordine dell’opera di Dio. È il rinnovamento sulla terra del “non serviam” che fece precipitare dal cielo gli angeli cattivi e creò l’inferno. Non è possibile concepire opposizione, più radicale, carenza più completa di condizioni per qualsiasi coesistenza. Perciò, i comunisti non cesseranno mai la lotta, sino a quando non avranno ridotta in schiavitù l’umanità intera. Piani di pace, proposte di coesistenza pacifica con il mondo occidentale – nel quale palpita ancora qualcosa dell’antica Cristianità – mirano solo a ottenere armistizi nei quali la setta cinicamente si prepari per nuovi e vittoriosi assalti.
Non vi è setta più radicalmente antireligiosa
Non vi è solo divergenza ideologica tra cristianesimo e comunismo; vi è un antagonismo mortale. Lo proclamò Lenin: “Il marxismo non è un materialismo che si limita all’ABC. Il marxismo va più lontano. Dice che è necessario saper lottare contro la religione […], che è necessario far sparire le radici sociali della religione” (53).
Infatti, non solo nel concetto che ha della natura umana, nella spiegazione che dà degli egoismi antagonistici in conflitto nella società, nella falsa redenzione del genere umano che espone, il comunismo fondamentalmente contraddice le verità rivelate. Il mondo ancora non vide, e forse mai vedrà, setta più radicalmente antireligiosa del comunismo. Essa nega persino i fondamenti della religione naturale. “Per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dall’uomo contro “tutto ciò che è divino” (2 Tess. 1, 4)” (54).
2. COMUNISMO, LA PEGGIORE DELLE BARBARIE
Per questo motivo il comunismo conduce l’umanità alla peggiore delle barbarie (55). Infatti, al di fuori della Rivelazione, alcuni popoli potevano osservare nella convivenza sociale i principi che il lume naturale mostrava loro con evidenza, e così poterono giungere a una certa grandezza, che ancora oggi abbaglia certi studiosi superficiali della storia umana (56).
Ma, senza accettare i principi della legge naturale, non vi è freno per le passioni; ogni crudeltà è ammissibile; è il regno della barbarie propriamente detta. Crediamo, davanti a questi fatti, che il comunismo, allontanando il mondo dal riconoscimento delle norme giuridiche dell’ordine naturale, prepari la venuta dell’Anticristo, in consonanza con la profezia di san Paolo (57).
3. ESORTAZIONI
Le considerazioni precedenti, amati figli, che potete vedere svolte più ampiamente nell’enciclica Divini Redemptoris del rimpianto Pio XI, mostrano la gravità della situazione in cui ci troviamo e l’immensa responsabilità di chi accetta una qualsiasi collaborazione con il comunismo.
A. Non cadere nelle insidie dell’avversario
Evitate, pertanto, nelle iniziative e negli scritti in difesa delle classi meno favorite, tutto quanto possa eccitare in esse l’antipatia e l’odio contro le classi superiori. Non patrocinate rivendicazioni che si ispirino all’invidia, al desiderio insofferente di scuotere qualsiasi subordinazione, poiché senza l’ubbidienza e l’umiltà è impossibile la convivenza sociale, non vi può essere armonia tra superiori e subordinati, come vuole la Chiesa e come esige una società bene ordinata. Parlando agli operai, ricordate a essi tutta l’estensione dei loro diritti legittimi, e non tralasciate di richiamarli ai loro doveri, il cui compimento è indispensabile per giustificare la rivendicazione dei diritti.
B. Lotta ideologica vigorosa
Consideriamo, infine, d’accordo con la memorabile enciclica Divini Redemptoris, i rimedi e le armi di difesa contro l’invasione della mentalità marxista.
In primo luogo, attraverso la stampa cattolica e con altri mezzi di diffusione del pensiero, è necessario, da una parte, rivelare le vere intenzioni dei comunisti, mettendo in guardia quanti non li sono contro l’astuzia e gli inganni con cui essi cercano, e molte volte ottengono, di attrarre persone in buona fede (58); d’altra parte, bisogna spiegare, e rendere sempre più nota la dottrina autentica della Chiesa, ordinando la parte sociale insieme alle verità e alle pratiche di tutta l’economia della Redenzione, affinchè non accada che un’ipertrofia del sociale falsi lo spirito cristiano.
C. Rifiuto di qualsiasi collaborazione
Si eviti poi qualsiasi collaborazione con i comunisti, con i movimenti che favoriscono le idee comuniste, e anche con i movimenti fiancheggiatori, poiché questi non seguono le norme richiamate in questa nostra lettera pastorale. Senza ciò, nessuno potrà dire che fa tutto il possibile per non essere contaminato dallo spirito materialista del comunismo.
D. Distacco dai beni terreni
Insistiamo molto, per questa stessa ragione, sull’amore del prossimo e sul distacco dai beni terreni, come ci insegnò Gesù Cristo. Distacco dai beni terreni, oggetto della prima beatitudine – “beati i poveri di spirito perché dì essi è il regno dei cieli” (59) -, senza il quale è impossibile sfuggire al contagio della mentalità materialista diffusa nella società moderna. Distacco necessario sia ai poveri, per accettare volentieri la loro povertà e maggiore somiglianza con il divino Redentore; sia ai ricchi, per fare buon uso delle loro ricchezze, anche con larghe elemosine a favore dei bisognosi e con altre opere pie. Distacco necessario ai lavoratori, perché non ripongano i loro desideri di felicità negli effimeri piaceri di questo mondo offerti dalle ricchezze; perché non giungano a lasciarsi rodere dall’invidia che renderà infelici i loro cuori e li porterà a venire meno ai loro doveri. Distacco indispensabile agli imprenditori, perché soddisfino con larghezza e con gioia i loro obblighi di carità e di giustizia sociale – di quella giustizia sociale, bisogna più particolarmente notarlo, a cui non si possono sottrarre né i padroni né gli operai (60), ma urge specialmente i padroni, dal momento che le loro condizioni li rendono più responsabili di quanto è necessario al bene generale (61).
Il distacco dai beni terreni è tanto indispensabile nella pratica, che deve essere oggetto frequente di predicazione, poiché è il miraggio delle ricchezze, abilmente proposto dai comunisti, che illude gli incauti e seduce le classi più modeste. Indicando il paradiso sovietico, che è di questa terra (62), i settari di Marx distaccano gli operai dalla pratica della religione; mentre i principi religiosi che si riferiscono all’oltretomba dissuadono il proletario dall’avere come fine il raggiungimento del benessere in questo mondo (63).
E. Desiderio dei beni celesti
Insistete molto sulla speranza cristiana. È la virtù fondamentale della vita del fedele. “Nostra conversatio in coelis est”, ammonisce san Paolo (64), proprio perché su questa terra dobbiamo vivere della speranza dei beni eterni. Ed è specialmente contro questa virtù che si solleva il comunismo.
Esso nulla teme più del cristiano bene ancorato nella ferma speranza del cielo. Sia questa, perciò, presente in tutti i movimenti in favore delle classi meno favorite. È sommamente dannoso, anche senza negare i dogmi di fede, abituarle a cercare continuamente e quasi esclusivamente miglioramenti delle loro condizioni di vita terrena.
Questo esclusivismo fa impallidire nelle anime la speranza dei beni futuri, di modo che non serve più da stimolo alla pratica delle grandi virtù. E senza di esse non vi è felicità neppure su questa terra.
F. Spirito gerarchico
Accanto a questo indispensabile distacco dai beni perituri, illuminato dagli splendori celestiali che la speranza cristiana alimenta nelle nostre anime, è necessario insistere molto sulla gerarchia sociale, parte integrante della dottrina cattolica. Anche nelle democrazie, Pio XII vuole che la società rispetti la diversità delle classi creata dalla sorte, dalla tradizione e da altri fattori legittimi (65).
Nello spirito gerarchico, insegna lo stesso Pontefice, deve essere formata l’infanzia e la gioventù (66). Senza questo spirito è praticamente impossibile l’esercizio delle virtù di ubbidienza e di umiltà, indispensabili sia per un’amabile convivenza sociale, sia per l’assimilazione viva della dottrina di Gesù Cristo, fattosi ubbidiente fino alla morte di croce (67).
G. Rinnovamento della vita cristiana: il messaggio di Fatima
Da tutte queste considerazioni si vede che “il fondamentale rimedio [contro il comunismo] è un sincero rinnovamento di vita privata e pubblica secondo i principi del Vangelo” (68). E a questo punto facciamo nostra una considerazione del Papa, per dire che ha completa applicazione nella nostra diocesi: “Troppi sono quelli che sono cattolici quasi solo di nome; troppi quelli che, pur seguendo più o meno fedelmente le pratiche più essenziali della religione che si vantano di professare, non si curano di conoscerla meglio, di acquistarne una più intima e più profonda convinzione, e meno ancora di far sì che all’esterna vernice corrisponda l’interno splendore di una coscienza retta e pura, che sente e compie tutti i suoi doveri sotto lo sguardo di Dio” (69).
Nelle condizioni attuali, paternamente ammoniamo i nostri carissimi figli che non basta la pratica della vita cristiana comune, ordinaria in tempi normali.
Tutti i mezzi potentissimi, di cui si serve il comunismo per diffondersi ovunque, non avrebbero efficacia alcuna, se non si fosse raffreddata la nostra fede, se non fosse diminuito il fervore con cui i discepoli di Cristo seguivano l’esempio di austerità del divino Maestro. Se non si fossero indebolite le verità nei figli degli uomini – “diminutae sunt veritates a filiis hominum” (70) -, se i cattolici vivessero l’integrità della loro fede, non troverebbero certo terreno favorevole i mezzi di azione di cui dispone il comunismo, per quanto fossero potenti.
Ascoltando la richiesta che la Madre delle Misericordie fece con insistenza a Fatima, diamoci alla preghiera e alla penitenza. Preghiera e penitenza, parti integranti della vita cristiana, costituiscono rimedi particolarmente efficaci in situazioni critiche per la vita del fedele e della Chiesa. Esse devono essere attualmente intensificate, date le condizioni angosciose in cui si trova la Chiesa in molti paesi, a causa delle minacce sempre maggiori del comunismo barbaro e ateo. “Spirito di preghiera congiunta con la cristiana penitenza”, raccomanda Pio XI (71), perche il comunismo è di quel genere di demoni che non si scacciano se non con la preghiera e il digiuno (72).
H. Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria
Vogliamo raccomandare molto particolarmente la consacrazione delle persone, delle famiglie e delle parrocchie al Cuore Immacolato di Maria. Dalle parole della stessa Madre di Dio a Fatima, sappiamo quanto le è gradito questo atto di pietà filiale.
Consacrazione che si deve sempre rinnovare, e deve essere vissuta nell’esistenza con l’austerità dei costumi, la pratica fedele dei comandamenti, la fuga vigilante dalle occasioni di peccato, e con la speranza incrollabile nella protezione della Vergine.
I. Parole affettuose e fiduciose al rev.mo clero
Un’esortazione paterna e affettuosa, piena di fiducia, ai nostri carissimi collaboratori, i sacerdoti che nella diocesi lavorano faticosamente nella vigna del Signore. Convinti che la pietà, il timore di Dio e la virtù del popolo fedele si modellano sull’esempio del padre spirituale, il sacerdote incaricato di guidarlo sulla via del cielo, rammentiamo ai nostri carissimi sacerdoti di impegnarsi a condurre personalmente una vita austera, piena di abnegazione, di preghiera e di sacrifici, in modo da edificare il loro gregge con io splendore della loro virtù. Le difficoltà peculiari del ministero nelle condizioni della nostra diocesi siano per loro incentivo a distaccarsi sempre più dalle cose terrene, e per fondarsi nella speranza della ricompensa eterna. Queste stesse difficoltà servano a voi, carissimi collaboratori, e a noi, che pure con esse abbiamo a che fare, per stimolarci a essere fedeli alla nostra vocazione, “in sortem Domini vocati” (73).
- BENEDIZIONE FINALE
È con questa speranza, carissimi figli, che vi diamo, a voi sacerdoti, che alleviate il peso della nostra croce, e a voi, pecorelle che il Vicario di Cristo affidò alla carità del nostro cuore, la nostra molto affettuosa benedizione pastorale † nel nome del Padre † del Figlio † e dello Spirito Santo.
Data e pubblicata nella nostra città episcopale di Campos col sigillo e l’impronta del nostro stemma, addì 13 maggio 1961, 44º anniversario della prima apparizione della Madonna del Rosario a Fatima.
+ ANTONIO, vescovo di Campos
Note:
(1) Cfr. GIOVANNI XXIII, Allocuzione concistoriale, del 16-1-1961, in AAS, vol. LIII, p. 67.
(2) Cfr. Cristiandad, Barcellona. n. 385, p. 297.
(3) Ibidem, p. 298.
(4) Cfr. PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19-3-1937, in AAS, vol. XXIX p 70 e 76.
(5) Citato in Itinéraires, Parigi, n. 52, p. 99 [trad. it., G. STALIN, Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’U.R.S.S., Edizioni Servire il popolo, Milano 1970, pp. 119-120].
(6) Cfr. Pio XI, doc. cit., ibidem, p. 70.
(7) Ibidem, p. 95.
(8) Ibidem.
(9) Ibidem.
(10) Ibidem, p. 96.
(11) Ibidem, p. 95.
(12) Ibidem, pp. 70 e 76.
(13) Ibidem, pp. 69, 70, 95 ecc.
(14) Ibidem, p. 95.
(15) La dialettica dell’azione comunista è stata esposta con il massimo sviluppo, da Jean Madiran, in Itinéraires, Parigi, n. 52, p. 47 ss., in un articolo intitolato La pratique de la dialectique. Il R. P. Julio Meinvielle ha trattato della tecnica di diffusione del comunismo nella prima parte di una conferenza tenuta all’Istituto Juan Bautista Bustos, di Cordoba, Argentina, il 21-11-1960, che Avanzar, di Madrid, rivista dei Collaboratori Parrocchiali di Cristo Re, ha pubblicato nel suo numero di quest’anno, alle pp. 58 ss., con il titolo: Conozcamos la táctica comunista – un ejemplo prático de la diálectica de la acción – Como se propaga el comunismo en Argentina. Sullo stesso argomento si leggerà con frutto l’opera di Jean Ousset, Le Marxisme-Leninisme, ed. La Cité Catholique, Parigi 1960; lo stesso si dica dell’opera del R. P. F. Dufay, L’Etoile contre la Croix, Hong-Kong e Parigi 1953.
(16) Cfr. Pro XI, doc. cit., ibidem, p. 96.
(17) Ibidem, p. 76.
(18) Ibidem, p. 70.
(19) Si veda la distinzione tra “mutua collaborazione” e “occasionale convergenza”, che abbiamo fatto sopra.
(20) Cfr. GERALDO DE PROENÇA SIGAUD – ANTONIO DE CASTRO MAYER – PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA- LUIZ MENDONÇA DE FREITAS, Reforma agraria – Questão de consciência, Editôra Vera Cruz, San Paolo 1960.
(21) Cfr. PIO XII, Discorso ai partecipanti al 1º Congresso Cattolico Internazionale sui problemi della vita rurale, del 2-7-1851, in Discorsi e Radiomessaggi, vol. XIII, pp. 199-200.
(22) Cfr. PIO XI, doc. cit. ibidem, p. 70.
(23) Ibidem.
(24) PIO XI, Enciclica Quadragesimo anno, del 15-5-1931, in AAS, vol. XXIII, p. 191-192. La sottolineatura è nostra.
(25) Ibidem, p. 192.
(26) PIO XII, Radiomessaggio al Katholikentag di Vienna, del 14-9-1952, in Discorsi e Radiomessaggi, vol. XIV, p. 314.
(27) Cfr. PIO XI, doc. cit., ibidem, p. 199.
(28) PIO XII, Allocuzione alla Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID), del 31-1-1952, in Discorsi e Radiomessaggi, vol. XIII, pp. 464-466.
(29) Cfr. PIO XII, Radiomessaggio al Katholikentag di Vienna, cit., ibidem.
(30) Cfr. PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, cit., ibidem, p. 69.
(31) Ibidem, p. 75.
(32) Ibidem, p. 69.
(33) Ibidem, p. 76.
(34) Ibidem, p. 71.
(35) Ibidem.
(36) Ibidem, p. 72.
(37) Ibidem.
(38) Ibidem, p. 77.
(39) Ibidem, p. 76.
(40) Ibidem, p. 74.
(41) Ibidem, p. 72.
(42) Ibidem.
(43) Ibidem.
(44) Ibidem, p. 95.
(45) Ibidem, pp. 72-73.
(46) Ibidem, p. 73.
(47) Ibidem.
(48) Ibidem, pp. 74-75.
(49) Ibidem, p. 74.
(50) Ibidem.
(51) Ibidem, p. 79.
(52) Cfr. Col. 2, 14.
(53) Citato in Itinéraires, Parigi, n. 52, p. 99
(54) Pio XI, doc. cit., ibidem, p. 76.
(55) Ibidem.
(56) Ibidem.
(57) Cfr. 2 Tess., 2, 6.
(58) Cfr. Pro XI, doc. cit., ibidem, p. 95.
(59) Mt. 5, 2.
(60) Cfr. PIO XI, doc. cit., ibidem, p. 92.
(61) Ibidem.
(62) Ibidem, p. 76.
(63) Ibidem.
(64) “La nostra patria è nei cieli” (Fil. 3, 20).
(65) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio al mondo intero, del 24-12-1944 in Discorsi e Radiomessaggi, vol. VI, p. 239.
(66) Cfr. IDEM Radiomessaggio al Congresso Interamericano di Educazione Cattolica, del 6-10-1948, in Discorsi e Radiomessaggi, vol. X, p. 247.
(67) Cfr. Fil. 2, 8.
(68) PIO XI, doc. cit., ibidem, p. 86.
(69) Ibidem, p. 87.
(70) “La verità è venuta meno tra i figli degli uomini” (Sal. 11, 1).
(71) PIO XI, doc. cit., ibidem, p. 96.
(72) Cfr. Mt. 17, 20
(73) “Chiamati all’eredità del Signore” (Cfr. CONCILIO DI TRENTO, sess. 23).