Da La presenza di Maria dell’ottobre del 2020.
Sarebbe sciocco negare le ombre che si sono nuovamente mostrate nella vita della Chiesa cattolica in queste ultime settimane. Esse ci ricordano che la Sposa di Cristo ha la testa in cielo ma i piedi per terra, che in certi casi sorreggono santi e testimoni credibili, ma altre volte uomini che sbagliano e ripetono il male già commesso, offrendo al mondo una contro-testimonianza antievangelica. Anche se non ci consola, giova ritornare a percorrere la storia della Chiesa cattolica per rendersi conto che è sempre andata così, con luci e ombre che si sono alternate negli oltre due millenni ormai trascorsi dopo la Resurrezione del Signore. La Chiesa ha costantemente seminato il Vangelo della salvezza e anche costruito una società migliore man mano che la dottrina di Cristo e la Sua persona venivano accolte dai popoli che hanno costruito la Cristianità occidentale e quella orientale, Roma e Costantinopoli. E anche oggi avviene così. Il mondo approfitta, come sempre, dei passi falsi, degli errori e dei tradimenti di noi cattolici. Leggendo i giornali o ascoltando radio e televisione si rimane particolarmente sconcertati perché sembra che nella Chiesa si passi da uno scandalo all’altro, e appare come se i cattolici fossero tutti o pedofili o ladri. Questa immagine è falsa.
Così, mentre i media dedicano alla Chiesa le loro analisi, quest’ultima continua la sua missione. Nei giorni scorsi è uscita una Lettera della Congregazione per la dottrina della fede sul fine vita, Samaritanus bonus, che merita grande attenzione. Il testo va anzitutto letto, da soli o in comunità, per esempio nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti. Il documento è diviso in cinque capitoli. Il primo si intitola “Prendersi cura del prossimo”, mentre il secondo affronta il tema della speranza indicando l’esperienza vivente di Cristo sofferente. Il terzo capitolo presenta il Samaritano come colui che ha un “cuore che vede” e ribadisce che la vita è sempre sacra e inviolabile, mentre nel quarto si esaminano gli ostacoli culturali che oscurano il valore sacro di ogni vita umana. Infine, nel quinto capitolo, viene ripreso tutto il Magistero precedente sui temi inerenti all’eutanasia, al suicidio assistito, all’accanimento terapeutico, alle cure palliative, all’accompagnamento pastorale e al sostegno dei sacramenti nei confronti dei malati al termine della loro vita. Nessun riassunto può rendere ragione del suo contenuto. La Lettera mette al centro l’importanza della legge naturale, cioè di una serie di principi universali, presenti in ogni creatura umana, fondamento della dignità umana e dell’uguaglianza di tutte le persone. Nella Lettera si riprende tutto il Magistero precedente con la condanna netta e precisa di ogni forma di eutanasia o suicidio assistito perché la vita è sacra sempre, anche quando la qualità di essa è gravemente compromessa. Ma la Lettera non si limita a dire dei NO, per quanto necessari e doverosi. Essa, fra l’altro, insiste su due temi fondamentali per affrontare la questione del fine vita di persone che non possono guarire, ma devono essere curate, nel senso che i medici in particolare si devono “prendere cura di loro”, come fece il buon samaritano sulla strada di Gerico. “Prendersi cura” è l’espressione che la Lettera usa per affermare in continuità con tutto il Magistero che di fronte a una persona gravemente ammalata o in fin di vita bisogna sempre prendersene cura. Le altre soluzioni, puramente terapeutiche o peggio eutanasiche, dimenticano che una persona rimane tale anche quando la “qualità” della sua vita prevede, purtroppo, il dolore e la sofferenza. È a queste persone che Gesù diede la preferenza, cercandole, aiutandole, incoraggiandole e comunicando salute e salvezza. Così farà la Sua Chiesa nei due millenni successivi alla morte del Signore e così continua a fare oggi. Il secondo tema è quello della speranza. La vera e unica vittoria sulla morte è quella realizzata dal Signore Gesù con il Suo Sacrificio e la Sua Resurrezione. Il malato deve essere aiutato a trovare la speranza, questa virtù teologale senza la quale ogni vita perde senso e valore.
Marco Invernizzi
Foto da libreriadelsanto.it