Mons. JOSEF STIMPFLE, Quaderni di Cristianità, anno II, n. 4, primavera 1986
La Chiesa cattolica e la massoneria. La commissione per il dialogo ha chiarito la decisiva questione
Presentazione editoriale
«Il 26 novembre 1983 — lo stesso giorno in cui entra in vigore il nuovo Codice di Diritto Canonico — la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede rende pubblica una dichiarazione sulla massoneria che ribadisce tanto l’inconciliabilità dei principi massonici con la dottrina della Chiesa quanto la proibizione per i cattolici di iscriversi ad associazioni massoniche, confermando che tale appartenenza eventuale pone i fedeli “in stato di peccato grave” e nella impossibilità di “accedere alla Santa Comunione” […]. E la inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria viene ribadita in riflessioni a un anno di distanza dalla dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, svolte dalla stessa congregazione e che costituiscono, di fatto, la “motivazione” di quella ennesima sentenza antimassonica, la 586a della serie […].
«Nonostante questo, il fatto che il nuovo Codice di Diritto Canonico non menzioni esplicitamente la massoneria — come invece accadeva nella codificazione del 1917 — ha fornito ad alcuni autori il pretesto per sostenere un mutamento del giudizio della Chiesa cattolica in materia […], e non mancano private iniziative tese a rimettere in questione l’argomento […], sul quale aveva gettato lumi significativi e importanti una dichiarazione della Conferenza Episcopale Tedesca — datata 28 aprile 1980 e resa pubblica nel maggio dello stesso anno — emessa dopo colloqui ufficiali svoltisi tra la Chiesa cattolica e le Grandi Logge Unite di Germania dal 1974 al 1980 […].
«E in Germania appunto — dopo la pubblicazione del nuovo Codice di Diritto Canonico e prima della sua entrata in vigore — padre Reinhold Sebott S. J. annuncia, sulla rivista dei gesuiti tedeschi Stimmen der Zeit, l’abolizione della scomunica contro la massoneria e critica duramente la dichiarazione dell’episcopato del suo paese […]. Poiché, quindi, sono rimasti nell’opinione pubblica equivoci e convinzioni errate, nonché per la persistente attualità del problema, S. E. mons. Josef Stimpfle — vescovo di Augusta, diocesi suffraganea di Monaco di Baviera — è intervenuto con un importante articolo sui rapporti tra Chiesa cattolica e massoneria […]. Lo scritto — reso ancora più autorevole dal fatto che il presule ha guidato la commissione incaricata dalla Conferenza Episcopale Tedesca del dialogo con le Grandi Logge Unite di Germania — è nato come risposta alle affermazioni di padre Reinhold Sebott, che però la rivista dei gesuiti tedeschi non ha ritenuto di pubblicare» (Ermanno Pavesi, Intervento decisivo su Chiesa cattolica e massoneria, in Cristianità, anno XIV, n. 133, maggio 1986).
Lo studio di S. E. Rev. ma mons. Josef Stimpfle — il cui titolo originale suona Die katolische Kirche und die Freimaurerei. Die Dialogkommission hat die entscheidende Frage geklärt, e che è comparso in Germania sul quotidiano cattolico di Würzburg Deutsche Tagespost, n. 38, 28/29-3-1986 — chiude in modo illuminante e definitivo una polemica aperta da padre Reinhold Sebott S. J. (Die Freimaurer und die Deutsche Bischofskonferenz [I massoni e la Conferenza Episcopale Tedesca], in Stimmen der Zeit, vol. 199, 1981, pp.75-87), proseguita con una prima risposta del vescovo di Augusta (Die Freimaurerei und die Deutsche Bischofskonferenz. Zu dem Artikel von Reinhold Sebott [La massoneria e la Conferenza Episcopale Tedesca. Replica all’articolo di Reinhold Sebott], ibid.. vol. 199, 1981, pp. 409-422), quindi con l’intervento dello stesso padre Sebott (Die Kirchenbann gegen die Freimaurer ist aufgehoben [La scomunica contro i massoni è abolita], ibid., vol. 201,1983, pp. 411-421), che è all’origine dello scritto del presule. La traduzione dal tedesco, gentilmente autorizzata dall’autore, è di Ermanno Pavesi. Quando possibile, per le citazioni e per le note corrispondenti sono state utilizzate edizioni in italiano.
La Chiesa cattolica e la massoneria. La commissione per il dialogo ha chiarito la decisiva questione
Sulla rivista Stimmen der Zeit padre Reinhold Sebott S. J. ha scritto un articolo dal titolo La scomunica della Chiesa contro i massoni è abolita (1). Poiché alcune affermazioni di questo articolo sono errate, si rende necessaria una rettifica.
Da quando la Gran Loggia di Londra fu fondata attraverso l’unione di quattro logge nella capitale britannica, il 24 giugno 1717, e da quando la massoneria apparve pubblicamente con la Costituzione di Anderson nel 1723, vi sono stati contrasti con la Chiesa cattolica. Alla bolla di Clemente XII del 1738 seguirono numerose altre condanne da parte dell’autorità statale ed ecclesiastica. Ora, questa valutazione della massoneria fatta dalla Chiesa era basata su un errore? Le condanne ecclesiastiche sono state giudizi sbagliati? Avevano forse un significato solo in passato e oggi, quindi, sono superate? La massoneria ha avuto mutamenti così fondamentali da permettere che Chiesa e massoneria possano giungere a un accordo, e i cattolici possano aderire senza problemi a una loggia? Le domande non sono certamente nuove. Tuttavia, a partire dal Concilio Vaticano II sono state riproposte con crescente urgenza. Da allora non poco è stato intrapreso fra cattolici e massoni con l’intenzione di chiarire queste questioni.
Tentativi inutili
La maggior parte dei tentativi, però, si è interrotta all’inizio oppure si è limitata a elementi superficiali. Essi, quindi, non hanno portato a un giudizio solido e sicuro. I pareri espressi in proposito o i documenti approvati possono valere solamente come dimostrazioni della buona volontà di far si che al posto dei vecchi contrasti vi sia spazio per il dialogo attuale e per l’intesa. Su questa linea sta soprattutto la Dichiarazione di Lichtenau, che afferma essere assolutamente senza problemi l’appartenenza di cattolici alla massoneria. Essa fu sottoscritta a Lichtenau il 5 luglio 1970 da nove massoni e da tre cattolici, monsignor de Toth e i professori Schwarzbauer e Vorgrimler. Quale valore le si deve attribuire? Padre Sebott scrive: «La Dichiarazione di Lichtenau del 1970 mise da parte una serie di ostacoli e di equivoci che esistevano fra la Chiesa e la massoneria» (2).
La commissione per il dialogo, nominata dalla Conferenza Episcopale Tedesca, non avrebbe potuto accettare la Dichiarazione di Lichtenau? Padre Sebott deplora che nel testo sui massoni della Conferenza Episcopale Tedesca la Dichiarazione di Lichtenau non sia menzionata.
La Dichiarazione ha però dato adito ad alcuni errori. Si afferma cosi che i membri della commissione che sottoscrissero la Dichiarazione di Lichtenau furono nominati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Seper, ha dichiarato al riguardo che la sua Congregazione non ha né nominato i membri della suddetta commissione, né ha approvato la Dichiarazione di Lichtenau. È certo che questa dichiarazione intendeva indurre a suo tempo Papa Paolo VI a modificare il giudizio della Chiesa sulla massoneria.
«Si raggiunse piena unanimità sul fatto di denominare il documento Dichiarazione di Lichtenau […] e di considerarlo strettamente confidenziale, riservato solamente al Papa e ai due cardinali Konig e Seper, cioè alla Congregazione per la Dottrina della Fede, allora guidata dal cardinale Seper» (3), scrive Kurt Baresch, uno dei sottoscrittori. Ciò sarebbe in relazione con un desiderio di Paolo VI, perché questi «avrebbe fatto capire che sarebbe stato molto felice se da parte dei massoni, per lo meno di quelli della linea inglese, fosse pubblicata in una qualunque forma una dichiarazione alla quale ci si potesse riferire per fondare un nuovo esame della questione e per fornire i presupposti affinché, su questa base o in seguito a una tale dichiarazione, si delineassero nuovi tentativi di soluzione» (4). Tuttavia i tentativi del «patriarca» della massoneria tedesca, il Gran Maestro dottor Vogel, di giungere a una tale dichiarazione fallirono a Londra e ovunque. In seguito a ciò, invece del documento desiderato i massoni decisero di sottoporre al Papa una dichiarazione con firme di massoni e di cattolici. A questo scopo venne elaborata la Dichiarazione di Lichtenau. Essa non ha mai ottenuto un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa.
La Dichiarazione di Lichtenau era fin dall’inizio a disposizione della commissione per il dialogo, la quale ha condotto i colloqui con i massoni per conto della Chiesa nell’area di lingua tedesca. A conferma, proprio il principale autore della Dichiarazione di Lichtenau fu membro di parte massonica della commissione per il dialogo — in tutto, alla commissione tedesca per il dialogo furono chiamati tre firmatari della Dichiarazione. Nelle sedute comuni della commissione egli riconobbe e indicò molto francamente le debolezze di questa dichiarazione.
Essa non è servita per nulla a rispondere alla questione posta. Alla base della Dichiarazione non vi fu un’analisi vera e propria delle questioni, come avvenne poi nella commissione tedesca per il dialogo. Quindi, la dichiarazione non poté offrire alcuna base solida per un giudizio sul rapporto della Chiesa cattolica con la massoneria.
Lo stesso vale per gli incontri e per le riunioni fra il 1976 e il 1980, in cui «cattolici e massoni ebbero l’occasione di conoscersi meglio» (5). E quando, infine, padre Sebott dice, a proposito di due trasmissioni radiofoniche, che «promisero bene anche le due interviste sui massoni trasmesse dalla radio vaticana il 27 gennaio 1980 e il 2 marzo 1980» (6), pure questa affermazione deve essere rettificata.
I programmi trasmessi dalla Radio Vaticana — i quali, anche se con una diversa argomentazione, sostenevano un’ammissibilità di cattolici nella massoneria, soprattutto facendo riferimento a una lettera del cardinale Seper del 19 luglio 1974 — poterono essere falsamente interpretati come presa di posizione ecclesiastica ufficiale, poiché furono trasmessi alla radio vaticana. Questo fatto ha indotto il cardinale Seper a una rettifica. Al cardinale fu anche chiesto da parte della commissione per il dialogo che cosa pensasse di quelle trasmissioni. Egli ha contraddetto totalmente il loro contenuto.
Come ha lavorato la commissione ufficiale
Per giungere a una risposta solida, impegnativa, corrispondente alla piena responsabilità di fronte alla verità e ai fedeli, nel giugno del 1974 la Conferenza Episcopale Tedesca ha finalmente istituito, per incarico della Santa Sede, una commissione ufficiale per il dialogo. Questa si è riunita con una commissione ufficiale per il dialogo delle Grandi Logge Unite di Germania per giungere a una chiarificazione definitiva, in uno sforzo comune e in piena franchezza, con l’approfondimento dovuto e senza fretta. A questa commissione appartenevano da entrambe le parti esperti e altri potevano essere associati in ogni momento. Alla commissione dell’episcopato fu concesso di buon grado da parte dei massoni di prendere visione di documenti e di rituali che non sono accessibili al pubblico, ma che sono molto utili e anzi indispensabili per una giusta valutazione. Padre Sebott tenta poi di squalificare questi colloqui: «Se i massoni credevano a un dialogo e a trattative vere e proprie, la Conferenza Episcopale Tedesca definiva espressamente da parte sua la faccenda un “procedimento di esame”» (7). Questa osservazione è da ricondurre solamente a una scarsa conoscenza dei fatti. Naturalmente, all’inizio fu stabilito chiaramente il compito che era stato affidato alla commissione dalla conferenza episcopale e dalle Grandi Logge Unite, poi fu anche messo per iscritto insieme:
– accertamento dei mutamenti all’interno della massoneria in Germania;
– esame della compatibilità dell’appartenenza contemporanea alla Chiesa cattolica e alla massoneria;
– in caso di risposta affermativa alle suddette questioni, preparazione a mezzo stampa dell’opinione pubblica alla mutata situazione.
Durante i colloqui la parte massonica non si è mai lamentata del modo di procedere, anzi, entro certi limiti, ha contribuito di buon grado a svolgere il compito stabilito. Essa ha anche risposto a domande insistenti e ripetute, ma si è ostinatamente rifiutata di fornire le informazioni richieste sui gradi alti della massoneria. Si può solo chiedere a padre Sebott a che cosa si sarebbe poi dovuto giungere di diverso dalla risposta esatta alle questioni che erano stata fissate all’inizio. Questo avvenne sotto forma di dialogo. Che senso avrebbe avuto l’impresa, se non fosse servita a esaminare e a chiarire queste questioni fondamentali? Anzi, entrambe le parti esigevano proprio che si facesse fronte a questo impegno. Quindi, il rimprovero che padre Sebott e già altri prima di lui avevano sollevato, non tiene conto del compito, del significato e dello scopo dell’impresa. Quando padre Sebott dice che i colloqui della commissione ufficiale dal 1974 al 1980 «si svolgevano sotto una stella molto sfortunata» (8), ciò vale certamente solo se riferito alle sue aspettative.
La stella dei vescovi
La stella dei vescovi tedeschi era la «stella del mattino» che, come testimonia la Sacra Scrittura, illumina i cuori dei credenti (cfr. 2 Pt. 1, 19), Cristo stesso, la luce della verità rivelata della nostra fede. La stella dei massoni era quella stella a cinque punte che risplende nel tempio massonico al di sopra del Maestro della loggia e illumina i massoni come la «stella fiammeggiante». «È il simbolo dello spirito risvegliato e maturo» (9). «Essi seguono la sua luce eterna nel male e nei pericoli della vita fino alla causa prima dell’essere» (10).
I colloqui dovevano servire unicamente a elaborare il giudizio riguardo alle tre questioni che i partecipanti al dialogo avevano stabilito insieme. Doveva essere determinante unicamente quanto veniva addotto dai massoni nei colloqui, prescindendo da giudizi e da condanne precedenti. I colloqui iniziarono in un clima franco e privo di pregiudizi.
Attraverso un accurato approfondimento del dialogo, un esame penetrante dei documenti menzionati e le dichiarazioni degli interlocutori massoni, si è giunti, dopo un lavoro pluriennale, a individuare e a identificare le concezioni e i principi massonici in un modo tanto chiaro che resta fuori di ogni dubbio la loro insuperabile contrapposizione alla vita cristiana e ai principi fondamentali della fede rivelata cristiana.
J. Oberheide, citato da padre Sebott, credette che la dichiarazione sulla massoneria fatta il 17 febbraio 1981 dalla Congregazione romana per la Dottrina della Fede fosse stata una stoccata alla dichiarazione della Conferenza Episcopale Tedesca (11). Non è così, perché la dichiarazione ingiunse di nuovo l’invariata validità del vecchio can. 2335, quindi della scomunica della massoneria. La commissione della conferenza episcopale ha lavorato mantenendo un contatto costante con il cardinale Seper, il quale ha riconosciuto il risultato ottenuto dalla commissione stessa. Il decreto del 1981 non può essere interpretato in nessuno dei suoi termini come contrario alla dichiarazione della Conferenza Episcopale Tedesca. Anche padre Seeber — citato in seguito da padre Sebott (12) — ritenne possibile che questo decreto fosse stato rivolto contro la Conferenza Episcopale Tedesca, poiché esso dava un giudizio globale che Roma voleva riservare a sé (13). Egli però ignora il fatto che Roma si è riservata un tale giudizio generale «che implichi deroghe alle suddette norme», come dice il decreto stesso. Una cosa del genere non è stata però argomento della dichiarazione della conferenza episcopale.
La «machinatio»
La lotta della massoneria contro la Chiesa, la machinatio, veniva solitamente indicata come causa dell’incompatibilità con la Chiesa. Questo termine lo si trovava anche nel divieto di aderire alla massoneria riportato nel Codex Iuris Canonici del 1917. Chiarire il problema se la massoneria conducesse effettivamente una lotta contro la Chiesa oppure no, non era però assolutamente necessario per comprendere l’incompatibilità; quindi, non è stato neppure oggetto della commissione di ricerca.
Padre Sebott scrive: «In alcuni ambienti ecclesiastici è evidentemente diffusa l’idea di un “complotto mondiale” massonico o di una “Anti-Chiesa”» (14). Si deve evidenziare, invece, che nella dichiarazione della conferenza episcopale non si allude neppure lontanamente a un’idea simile; si ebbe a che fare con massoni che si dimostrarono interessati a un’intesa con la Chiesa. Ma se è padre Sebott a intavolare la questione, allora non si può ignorare che i massoni stessi ancora oggi, ossia anche dopo il Vaticano II, prendono assolutamente coram populo posizione contro la Chiesa. Nel 1848 Garnier-Pagès aveva dichiarato: «La repubblica è radicata nella massoneria e la massoneria è la repubblica-ombra». Centovent’anni dopo — quindi dopo il Vaticano II — un Gran Maestro dei massoni, Jacques Mitterrand, ha ripreso questa frase e ha aggiunto: «Questo non significa solamente operare per il diritto di autodeterminazione, che è la regola da noi posta, significa anche servire la repubblica, e nel nostro mondo occidentale questo esige anche la rivolta contro le forze della reazione, come sono personificate dalla Chiesa cattolica romana. Noi non ci accontentiamo di essere nei nostri templi la repubblica-ombra, noi siamo contemporaneamente 1’Anti-Chiesa» (15).
Quando padre Sebott parla dello «scalpore in Italia per la cosiddetta loggia massonica illegale e irregolare “Propaganda 2”» (16), anche a questo riguardo vi è da colmare un vuoto di informazione.
Occultamento completo
In proposito non si può parlare di una «cosiddetta» loggia massonica. Sulla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica, alla quale tanto poco quanto a padre Sebott può essere rimproverata una tendenza ostile alla massoneria, in un ampio articolo si dimostra la legittimità massonica di quella loggia (17). La loggia P2 fu fondata nel 1875 dal famoso Gran Maestro Adriano Lemmi. Già allora faceva parte della sua finalità occultare completamente l’affiliazione massonica dei suoi membri — uomini politici e civili —, ossia anche nei confronti di tutti gli altri massoni.
Infatti era sempre proprio il Gran Maestro, in persona oppure tramite un suo delegato con il titolo di Gran Maestro Aggiunto, a procedere all’ammissione dei membri. Dal 1961 al 1970 questo Gran Maestro Aggiunto fu Ascarelli, il delegato del Gran Maestro Gamberini (18). E fu proprio lo stesso Gran Maestro Gamberini a disporre, nel 1967, che Licio Gelli passasse dalla loggia Romagnosi alla loggia P2. In quell’occasione egli scrisse a ogni membro: «Sono lieto di informarti che la P2 è stata adeguatamente ristrutturata in base alle esigenze del momento oltre che per renderla più funzionale, anche, e soprattutto, per rafforzare ancor più il segreto di copertura indispensabile per proteggere tutti coloro che per determinati motivi particolari, inerenti al loro stato, devono restare occulti» (19). In occasione di una ristrutturazione della loggia P2, della quale Gelli fu incaricato dal Gran Maestro nel 1975 e della quale venne nominato Maestro Venerabile, egli scrisse ai membri: «Rimangono invariate le sue peculiari caratteristiche, che […] trovano il loro nucleo nelle originarie consuetudini fra le quali quella della riservatezza, che, mai infranta, è necessario fondamento del nostro lavoro» (20).
La loggia P2 fa parte della massoneria
Non si può dunque assolutamente sostenere che la loggia P2 fosse solo una «cosiddetta» loggia massonica. Essa aveva tutte le caratteristiche necessarie delle altre 496 logge del Grande Oriente d’Italia, e inoltre aveva anche un legame del tutto particolare con il Gran Maestro, che per più di cento anni è stato contemporaneamente Maestro Venerabile di questa loggia e che ha fissato l’attuale compito di questa loggia. Nel 1981 la riunione della Gran Loggia, in occasione della quale il parlamento massonico del Grande Oriente d’Italia — composto dai 496 Maestri Venerabili — si riunì formalmente (21), trattò il caso della loggia P2 mentre le indagini della polizia erano già in corso e l’archivio della loggia era già stato sequestrato. Allora, «malgrado i sospetti e le accuse connessi […] [a] clamorose vicende italiane degli ultimi anni, la P2 è uscita indenne dal giudizio del vertice della massoneria» (22).
Il Grande Oriente d’Italia è riconosciuto dal mondo massonico, e ha sia i gradi azzurri giovanniti, sia il sistema dei gradi alti. Non resta alcun dubbio: se quella riunione della Gran Loggia, il massimo organo del Grande Oriente italiano, ha riconosciuto la loggia P2 come loggia regolare, è incomprensibile che padre Sebott non riconosca la qualità massonica di questa loggia.
A questo punto, per chiarezza, è necessaria ancora un’osservazione a proposito del Gran Maestro Gamberini, il quale si presentò come interlocutore della Chiesa da parte della massoneria. Per la sua responsabilità e la sua collaborazione nella loggia P2, dopo lo scandalo attorno a questa loggia ci si deve proprio chiedere se Gamberini possa presentarsi a buon diritto come difensore della filantropia e della beneficenza e se la sua testimonianza che la massoneria non è una società segreta sia attendibile. Un «alleato» di padre Sebott nel campo pubblicistico, don Esposito, proprio sul punto ha ugualmente dimostrato di possedere una conoscenza solo superficiale della massoneria e in particolare della loggia P2, perché altrimenti non sarebbe assolutamente avvenuto il fatto seguente: «Savona, 17-8- 1969 (KathPress). Per la prima volta nella storia della vita spirituale in Italia si sono incontrati per un colloquio ufficiale un rappresentante del massonismo italiano e un rappresentante della Chiesa cattolica in Italia: il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, capo supremo della massoneria italiana, il professor Giordano Gamberini (Ravenna) e il sacerdote cattolico Rosario Esposito (Napoli) hanno discusso pubblicamente in un teatro della città della Riviera, Savona, sul tema: La massoneria oggi. Alla manifestazione, che è stata caratterizzata da un clima di reciproco rispetto, hanno partecipato circa mille persone, fra le quali circa 400 massoni provenienti da tutte le parti d’Italia. Rosario Esposito, autore di un ampio studio sulla massoneria in Italia — che prossimamente apparirà in quarta edizione —, nel suo intervento nella discussione si è preoccupato innanzitutto di mostrare i punti di contatto fra il massonismo e il cattolicesimo. Egli ha manifestato il desiderio di un abbraccio fraterno che permetterebbe di percorrere insieme un gran tratto di strada.
«Il professor Gamberini, nella sua risposta, ha corretto l’opinione del sacerdote secondo cui la massoneria non sarebbe mai stata la nemica della Chiesa: “Mi spiace dover ricordare che i massoni […] hanno combattuto la Chiesa incolpandola di intolleranza nei campi della filosofia, dell’etica e dell’educazione”» (23).
Don Esposito dovrebbe pensare che i contrasti rimangono, perché fa addirittura parte della natura della Chiesa assumere posizioni che alla massoneria appaiono intolleranti. Si pensi soltanto al divieto dell’aborto. I massoni hanno combattuto subito questo divieto e hanno cercato di porre l’aborto sullo stesso piano dei diritti dell’uomo (24).
Sul modello del culto di Mitra
Per quanto riguarda la machinatio, si è sempre dato rilievo a una certa differenza fra le logge del mondo e si è fatta una divisione in logge favorevoli, neutrali oppure ostili nei confronti della Chiesa. Si pensava anche che ai cattolici fosse proibita solamente l’adesione alle ultime. A questo riguardo si deve dire che la massoneria tedesca, con i cui incaricati sono state condotte le trattative, si considera «favorevole alla Chiesa». Nei documenti che essa ha presentato non è stata notata alcuna machinatio.
Ma anche in questa massoneria «favorevole alla Chiesa» sono stati identificati ostacoli insormontabili. Già per questo motivo il giudizio ecclesiastico pubblicato dopo la conclusione dei colloqui dimostra di essere valido non solo per la Germania. L’indagine ha portato a riconoscere che, nonostante tutte le differenze delle logge in altri paesi, i documenti decisivi che portano necessariamente a riconoscere l’inconciliabilità, cioè i rituali dei primi tre gradi, sono obbligatori in tutte le logge massoniche di tutto il mondo. L’universalità su questo punto è stata ammessa anche dai massoni. Anche padre Dierickx S. J. l’ha riconosciuto in un libro elogiato dai massoni (25). Sostanzialmente simile ovunque è anche l’organizzazione dei templi delle logge dei tre gradi inferiori.
In questo contesto è interessante quanto ha portato di nuovo la ricerca nel campo delle antiche religioni misteriche. In una delle opere storiografiche più recenti relative al tema si dice: «Notiamo, per inciso, che la disposizione del moderno Tempio massonico è del tutto e per tutto identica a quella dei templi mithraici» (26). Nonostante una conoscenza frammentaria dei riti di iniziazione, si può dire «che alcuni dei suoi elementi prefigurano aspetti che si ritroveranno nell’iniziazione massonica» (27).
Si osservi cosa viene detto al massone già nel momento in cui viene accolto nel primo grado: «Luce e tenebra, vita e morte sono solo apparentemente opposti irriducibili. All’iniziato si rendono riconoscibili come parti di una più grande totalità. Qui ci viene incontro la primordiale sapienza misterica dell’equilibrio delle forze e del segreto della vita in esso celato. Nello spirito degli uomini giunti al grado di Maestro l’elemento passivo e quello attivo devono fondersi nell’armonia delle sfere. Allora il sole, la luna e il Maestro governano la loggia» (28).
Indipendentemente dalla questione dell’ostilità alla Chiesa, le osservazioni della Conferenza Episcopale Tedesca hanno esaminato un campo ancora più fondamentale, che riguarda la fede, la spiritualità e l’impostazione cristiana della vita. Non importa neppure che si metta in opera una machinatio, oppure che essa venga espressamente esclusa e che si manifesti amicizia nei confronti della Chiesa, rimane l’insanabile contrasto nei principi fondamentali, che comporta una messa in discussione molto più profonda, anzi una distruzione della vita che deriva dalla fede cristiana. Questa machinatio di tipo massimamente intensivo è più pericolosa della machinatio aperta ed esteriore, perché porta via fedeli e mina la pretesa di verità della Chiesa.
La questione della verità
Dalla massa dei problemi analizzati — dei quali naturalmente solo una parte è stata inserita nella dichiarazione pubblica della conferenza episcopale — deve essere scelto un punto che mostra questo contrasto fondamentale: si tratta della posizione totalmente diversa nei confronti della verità. Nei colloqui la massoneria ha definito il rifiuto assoluto di ogni verità oggettivamente valida come suo tratto caratteristico peculiare. Questo rifiuto sarebbe fondato sulla assoluta autodeterminazione dell’uomo. L’uomo, la dignità dell’uomo e la completa autodeterminazione dell’uomo stanno al centro. Ciò che riguardo a questo punto di vista è emerso in sei anni di lavoro dalla massa dei testi presentati e anzitutto dai documenti decisivi, inclusi i rituali, non può essere sintetizzato meglio di come è stato espresso proprio da parte massonica: «La loro [quella massonica] concezione può essere ricavabile in modo induttivo dai simboli, dai rituali e così via, ed è in stretto rapporto con la concezione della filosofia più recente. Il suo atteggiamento di base è relativistico» (29). Anche se si potrebbe sostenere che il relativismo non viene imposto sottoforma di dogma, i massoni stessi attestano esservi una concezione simbolica relativistica: «[ …] il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante» (30).
L’Internationales Freimaurer-Lexikon approfondisce ulteriormente questo concetto con la seguente affermazione: «Il punto di vista della massoneria riguardo al problema del mondo e dell’umanità si deduce dal relativismo. Nel suo simbolismo e nei suoi rituali appare chiaramente l’atteggiamento relativistico» (31). Per questo, chi vuole essere ammesso dovrebbe essere un uomo «che possiede quell’intima libertà di pensiero che non conosce sottomissione a dogmi e a passioni» (32).
Per i massoni i dogmi sono una costrizione
Per i massoni i dogmi sono sempre connessi a una costrizione. I massoni forniscono questa definizione: «Le istituzioni poste su basi dogmatiche, delle quali può valere come la più significativa la Chiesa cattolica, esercitano una costrizione religiosa» (33).
Quindi, è proprio della prassi e della teoria delle logge quanto segue: «La massoneria non conosce dogmi, essa però accetta seguaci dei vari dogmi religiosi, politici e nazionali, nella misura in cui essi si sottomettano all’obbligo della tolleranza» (34). Questa condizione è determinante. Qui la differenza fra tolleranza verso le persone e tolleranza verso le idee è di importanza decisiva. Se tutto viene messo sotto la riserva della tolleranza, la tolleranza verso le idee viene così chiesta a prezzo della loro relativizzazione. Ciò è confermato da affermazioni come la seguente: «Il neoumanesimo e il pragmatismo presentano sostanzialmente molti punti di affinità con la massoneria, in particolare per il loro concetto relativistico della verità, che toglie spazio a ogni forma di intolleranza e vuole far trionfare la tolleranza» (35).
Padre Sebott dubita, a torto, che nella dichiarazione della conferenza episcopale l’idea di tolleranza della massoneria sia stata «esposta correttamente» (36). A torto, perché il suddetto resoconto dell’idea massonica di tolleranza corrisponde esattamente a ciò che è emerso nei colloqui e dai documenti, come è stato riconosciuto dai massoni stessi.
Il riconoscimento contemporaneo di idee diverse, per quanto queste possano contraddirsi, risulta evidente anche nel concetto massonico di Dio. Padre Sebott crede che l’attenersi formalmente, da parte del massone, a un concetto di Dio sotto la forma del «Grande Architetto dell’Universo» sia fondato sull’idea che «senza Dio l’etica e la legge morale non potrebbero avere alcuna stabilità» (37). Evidentemente egli non ha presente che di solito, presso i massoni, l’attenersi al loro concetto di Dio non viene fondato in questo modo. A tale proposito l’Internationales Freimaurer-Lexikon dice addirittura il contrario: «Il distacco [della legge morale] dalla motivazione religiosa può essere indicato come idea fondamentale di tutte le idee fondamentali della massoneria» (38).
La negazione massonica di qualsiasi conoscenza della verità oggettiva porta a una grande considerazione della filosofia di Kant. L’Internationales Freimaurer-Lexikon dice di lui: «Kant fu chiamato l’“onnidistruttore” perché giudicò severamente il dogmatismo e della teologia e nello stesso tempo della filosofia empirica e di quella razionalistica. Egli rifiutò la teologia — la lanterna magica delle elucubrazioni astruse — come pure la metafisica dogmatica che va oltre l’esperienza […]. Le concezioni di Kant sulla morale [il distacco dalla motivazione religiosa] ci dimostrano che egli nel più profondo del suo essere era massone» (39).
Il rifiuto della conoscenza della verità oggettiva arriva a tal punto che la verità stessa, se dovesse essere raggiungibile, non sarebbe ricercata come verità assoluta, poiché «la verità assoluta sbarrerebbe la strada del progresso» (40). In seguito all’abbandono della verità come principio conduttore, rimane solo l’uomo stesso come principio centrale dell’orientamento. L’affermazione dell’antico filosofo Protagora che «l’uomo è la misura di tutte le cose» (41) viene intesa in modo assoluto, ossia anche per questioni morali. Su questa posizione è pure fondata la seguente affermazione riguardante la dignità umana: «Essa [la dignità umana] si esprime nella subordinazione dell’uomo a nessun’altra legge che non sia quella che egli si dà sul momento» (42).
Ciò che ora è stato esposto come problema della verità e del relativismo facilita la valutazione delle Tesi fino all’anno 2000 dei massoni. Queste tesi sono state pubblicate subito dopo la conclusione dei colloqui con i massoni condotti dalla commissione per il dialogo. In esse la massoneria illustra l’immagine che ha attualmente di sé. Le tesi mostrano qual è la base intellettuale della massoneria e quali prospettive essa si pone per il futuro. Proprio nella prima tesi — certamente la più importante — viene messa in discussione la Chiesa cattolica: «Non esistono sistemi di natura filosofico-religiosa che possano rivendicare una obbligatorietà esclusiva» (43). Naturalmente le tesi — come tutto lo spiritualismo massonico — non devono rimanere sospese nel cielo delle idee, ma devono far presa sugli adepti. È escluso che ciò possa avvenire senza influenzare una fede in Dio e in Cristo presente contemporaneamente nell’anima e nel cuore del massone.
Certamente la spiritualità massonica, secondo la propria pretesa, vuole penetrare in quella sfera umana nella quale il cristiano si identifica con le risposte decisive della sua fede. Non importa se al numero 19 delle Tesi fino all’anno 2000 si nega che la massoneria è una religione, perché viene subito avanzata la pretesa della massoneria di influire proprio in quella sfera rivendicata anche dalla fede della Chiesa. Non per niente vi si dice: «Tanto meno la massoneria è una religione o ne insegna una, tanto più essa vuole essere la legittima risposta a ciò che in Kant è chiamato “predisposizione naturale dell’uomo alla speculazione” e in Schopenhauer “necessità metafisica”» (44).
Per qualificare le tesi si ricorda ancora ciò che il Gran Maestro dei massoni Otto Trwany ha scritto su di esse nell’articolo introduttivo: «Esse devono “dar voce” nel nostro linguaggio quotidiano alla nostra [quella massonica] visione del mondo formatasi in 250 anni e calarla nelle grandi e spesso inquietanti questioni riguardanti il presente e il futuro» (45).
Norme come pilastri
In una trasmissione sul rapporto «massoneria e Chiesa», organizzata il 4 agosto 1981 esclusivamente secondo gli intendimenti dei massoni e trasmessa in diverse lingue da Deutschen Welle di Colonia, emerge nuovamente il fondamento relativistico della massoneria: «Per la massoneria, con la sua pretesa di tolleranza, non vi può essere nessuna concezione del mondo o religione che pretenda alla esclusiva obbligatorietà e verità. Ciò è esattamente quanto fa la Chiesa cattolica rivendicando la proclamazione autentica della Rivelazione. Il conflitto fra le due parti sembra essere addirittura programmato. Da una parte vi è la Chiesa con un sistema di dogmi ordinato, dall’altra la loggia che, uno dei pochi raggruppamenti che nel corso della sua storia non ha elaborato nessun dogma, intende le religioni come sistemi concorrenti e contesta la possibilità di un ritrovamento della verità oggettiva» (46).
Cristo si è definito «la via, la verità e la vita» (Gv. 14, 6) e ai suoi discepoli ha promesso «lo Spirito di verità», che sarà loro di aiuto fino alla fine del tempo per guidarli verso la verità intera (cfr. Gv. 14, 16-17; 16, 13). Dall’apostolo Paolo sappiamo che essere cristiani significa «giungere alla conoscenza della verità» (1 Tim. 2, 4).
L’oppositore di Dio, Satana, è chiamato «padre della menzogna» (Gv. 8, 44). La lotta di Satana contro Dio è una lotta contro la verità. La verità è il fondamento della vita cristiana, anche quando è scomoda e porta al pentimento e alla conversione. Questa conoscenza può essere espressa nel modo seguente: «Non solo l’adorare e l’amare Dio, bensì anche tutte le altre azioni spirituali decisive dell’uomo, tutto quel desiderare e sperare, amare e gioire — pieno di significato e umano — si basano sul fondamento della verità, la quale da sola può costituire il fondamento della vita sulla roccia. Senza verità tutte le fondamentali azioni spirituali della persona finiscono in un nulla vuoto e illimitato e sono private del loro significato più intimo. Anzi, ancora di più, non basandosi sulla verità, tutti i giudizi e i dogmi — per la loro erroneità — e tutto l’amore e le azioni morali — per la loro inadeguatezza nei confronti della verità — rappresentano decisamente dei mali. In ogni atto del giudizio presupponiamo la verità, anche quando giudichiamo che non vi sia alcuna verità. Non si può negare la pretesa di verità essenzialmente propria del giudizio, in quanto il valore di ogni giudizio dipende dall’esaudimento di una tale pretesa di verità tramite la corrispondenza del giudizio con la realtà. Se questa verità non esistesse, allora, come disse Heinrich von Kleist dopo aver letto Kant, sarebbe “raggiunta la nostra massima e unica meta”, ossia una “verità valida anche oltre la tomba”, quindi “non avremmo più alcuna meta”» (47).
L’opinione secondo cui si dovrebbe negare l’esistenza della verità oggettiva in nome della dignità umana è frutto di un equivoco. Gesù parla della verità che «farà liberi» (Gv. 8, 32). Libertà e dignità sono dello stesso genere. Senza libertà viene a mancare qualcosa di essenziale per la piena dignità umana. Ciò rende ancora una volta più comprensibile che la verità oggettiva, ossia data da Dio e vincolante per tutti, non può essere mai rivolta contro la dignità umana. Nella verità vi è la salvezza dell’uomo, la quale è altrettanto totale quanto la verità. Perciò la verità non è mai rivolta contro l’uomo e la sua dignità, anzi promuove e difende questa dignità anche contro l’intervento di diversi manipolatori. Proprio la verità oggettiva è l’unico criterio che aiuta a distinguere tra una benevola influenza e un infido lavaggio del cervello. «Questo perché solo chi possiede già criteri è in grado di criticare. La critica presuppone criteri, non li crea» (48). Questo vale anche per la morale. Norme oggettive sono come pilastri nel fiume del tempo. L’uomo senza norme è privo di orientamento.
Interpretazione errata del Concilio
A proposito del Concilio Vaticano II padre Sebott dice: «con la dichiarazione sulla libertà religiosa il Vaticano II fornì una base sulla quale era possibile trovare un accordo con i massoni» (49). Una cosa simile afferma il massone Charles von Bokor nella sua storia della massoneria apparsa nel 1980 e intitolata Winkelmass und Zirkel: «Questo compito è facilitato dal fatto che il Concilio Vaticano II si è dichiarato senza riserve per la libertà della pratica religiosa e per il riconoscimento di tutte le visioni del mondo» (50). Alla base di questa opinione vi è un’errata interpretazione del Vaticano II che si può rappresentare all’incirca così: «Esso [il Vaticano II] sostituisce il primato di una verità oggettiva con quello della dignità umana — una vera e propria rivoluzione copernicana nell’autocomprensione della Chiesa» (51). Secondo i massoni, su questo presupposto veniva fornita una base di intesa.
L’idea sembra sia stata diffusa anche durante gli incontri menzionati all’inizio e dei quali si è giù detto che non contribuirono a risolvere le questioni poste, ma che, anzi, rimasero alla loro superficie. Il Vaticano II non fornisce alcuna base per un accordo con la massoneria, per un riconoscimento del suo spiritualismo. Esso ripete la condanna degli errori indipendentemente dall’amore dovuto all’uomo (52). Il Concilio esige il rispetto dell’uomo e l’amore del singolo massone, ma non il riconoscimento della sua spiritualità, che si trova in contraddizione con la fede. Il fatto dell’interpretazione errata del Concilio, che qui è stata dimostrata con una citazione, è certo. A questo proposito padre Sebott mi attacca dicendo: «Egli [il vescovo di Augusta] insinua che io abbia affermato che da parte del Concilio Vaticano II “la verità come concetto-guida centrale della Chiesa è stata rimossa e sostituita dal concetto della dignità umana in una vera e propria rivoluzione copernicana”. Mai e da nessuna parte ho affermato una sciocchezza simile» (53). A1 riguardo deve essere detto che questa affermazione non l’ho attribuita io a padre Sebott. Questa affermazione di Sebott è stata riportata in un articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung del 27 novembre 1976. L’autore del resoconto è un giornalista molto qualificato. Appena prima della pubblicazione del mio articolo, egli ha confermato che padre Sebott si è espresso così come appare nell’articolo giornalistico. Padre Sebott non ha fatto pubblicare né una replica né una lettera nella rubrica dei lettori, a proposito dell’articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung. L’autore del resoconto ha inoltre dichiarato che a suo tempo non era venuto a sapere di alcuna critica da parte del padre gesuita contro la sua esposizione. Se io, dopo queste ricerche, riprendo una citazione della Frankfurter Allgemeine Zeitung indicando la fonte, non posso essere incolpato di aver attribuito a padre Sebott espressioni insensate. Inoltre, rimane il fatto che la già nominata interpretazione errata del Concilio si è diffusa sempre più. Così alcuni massoni hanno ritenuto possibile una doppia appartenenza sulla base del mutamento, da loro supposto, della posizione ecclesiastica nel senso di un avvicinamento alla massoneria.
Il 12 gennaio 1985 Papa Giovanni Paolo II disse: «Certamente, coloro che credono nel vero Dio, per rispetto verso la Verità alla quale aderiscono con tutta la loro fede, non possono ammettere l’equivalenza di tutte le fedi religiose» (54). E in occasione del viaggio in Ecuador, il 31 gennaio 1985, il Papa disse che la Chiesa «considera […] un dovere cercare di eliminare le pratiche o usi che siano contrari alla morale e alla verità del Vangelo. Essa, infatti, deve essere fedele a Dio e alla propria missione. “Perciò l’evangelizzazione, che invita ad abbandonare false concezioni di Dio, comportamenti contro natura e aberranti manipolazioni dell’uomo da parte dell’uomo, non può essere considerata una violenza”» (55).
«Chi invece non crederà»
Il Concilio Vaticano II ha fatto chiare affermazioni a proposito del valore fondamentale della verità sia per la Chiesa che per il singolo: «Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo divenire salvi e beati. Crediamo che questa unica e vera religione sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato il compito di comunicarla a tutti gli uomini» (56). Quindi, tutti i fedeli «sono pure tenuti ad aderire alla verità conosciuta e a ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità» (57). Solo su questo sfondo è comprensibile anche il riferimento, nella dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa, a una frase biblica assolutamente senza compromessi come quella di Mc. 16, 16: «Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà sarà condannato» (58). Il Concilio richiama sempre l’attenzione sul fatto che «Cristo stesso è la verità e la via che la predicazione evangelica svela a tutti» (59). Si tratta dell’orientamento oggettivo della coscienza: «I cristiani, poi, nella formazione della loro coscienza devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti, per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità e il suo compito è di annunciare e di insegnare in modo autentico la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità i principi dell’ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana» (60).
Ne consegue in modo inequivocabile la differenza fra la tolleranza come amore per tutti gli uomini e la cosiddetta tolleranza delle idee: «Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi lo stesso amore spinge i discepoli di Cristo ad annunciare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiata da false o meno accurate nozioni religiose» (61). A proposito del problema del relativismo Paolo VI dice: «Certo, l’immutabilità della fede è oggi messa in pericolo dal relativismo in cui alcuni autori sono caduti. Ma, in opposizione a tale atteggiamento, noi abbiamo fermamente ricordato che la rivelazione divina ha un senso preciso e determinato, un’immutabile verità, che ci è proposta da credere da parte di Cristo, della tradizione apostolica e degli atti del Magistero» (62).
Non meno energicamente Giovanni Paolo II ha deplorato l’opposizione del relativismo alla Rivelazione e le sue conseguenze disastrose sulla vita di fede. A tale proposito egli, fra l’altro, lamenta «che si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata». Intenzionalmente o meno, egli nomina poi lo spiritualismo massonico e dice che i cristiani sono «immersi nel “relativismo” intellettuale e morale» (63). Dopo tutto questo non può rimanere alcun dubbio sul fatto che, a proposito della verità, della sua conoscibilità e del suo valore, esiste un contrasto profondo fra la massoneria e la Chiesa.
Spiriti vaganti
La presa di posizione dei massoni a proposito della verità, inconciliabile con la fede della Chiesa, esclude la possibilità di appartenere contemporaneamente alla Chiesa e alla massoneria. Per poter essere un vero massone il cattolico dovrebbe concepire la propria fede come un’opinione soggettiva. Però questa non sarebbe più la fede della Chiesa, che è fondata sulla verità e consiste nella verità. In tal modo la fede viene privata del suo fondamento oggettivo, della verità valida per tutti, è quindi spostata dall’ordine del reale a quello della sola coscienza, e viene così anche privata della sua vera forza ed essenza. Su questo sfondo si comprende una dichiarazione dell’illustre massone di alto grado Oswald Wirth (+ 1943): «L’iniziazione è una chiamata per spiriti inquieti, per quelli ai quali la conoscenza acquisita non basta […]. Chi segue un credo religioso, filosofico, scientifico o politico intangibile, nel tempio della loggia non ha nulla da cercare. Se però vi entra rimane un intruso […]. La chiamata all’iniziazione è affare di quegli spiriti vaganti che, dopo aver abbandonato la protezione della loro scuola o della loro chiesa, vagano nel buio senza riuscire a trovare la loro vera luce» (64).
A prescindere dal fatto che anche l’affermazione sopra citata contiene una forma di credo, essa rappresenta pure un chiaro rifiuto per tutti coloro che affermano che si possano conciliare Chiesa e massoneria.
Indipendentemente dall’interpretazione di Wirth, dal fatto in sé è risultato chiaro che, in quanto allo spiritualismo della loggia, si tratta di errori che mettono in discussione la fede stessa come un tutto e addirittura, più precisamente, la rendono impossibile come condotta di vita orientata in modo oggettivo. L’inconciliabilità sostanziale, che impedisce per diritto divino di entrare a far parte di una loggia, sussiste del tutto indipendentemente dal fatto che il diritto canonico esprima o non esprima esplicitamente in un canone il divieto di appartenere alla massoneria. Lo stesso vale per una serie di altre associazioni, nessuna delle quali viene citata nominatamente nel nuovo diritto canonico. Perciò non è neppure necessario che questa proibizione venga pubblicata sui bollettini ufficiali delle diocesi per diventare valida (65), in quanto sussiste per diritto divino. L’entrata a far parte di una loggia è proibita al cattolico perché «mette in pericolo la fede sua e del suo prossimo» (66). Il «divieto di entrare a far parte della massoneria» da parte della Chiesa è quindi contenuto in quelle disposizioni del nuovo diritto canonico che proteggono la fede e che cercano con sanzioni di impedire delitti contro la fede, soprattutto nel can. 1364. Quindi, fu completamente sbagliata la grande propaganda, svolta all’esterno e all’interno della Chiesa, che cercava di interpretare la scomparsa nel nuovo Codex Iuris Canonici della menzione della massoneria come autorizzazione all’adesione da parte dell’autorità ecclesiastica.
Mai un unico criterio
Il giudizio sulle logge solo in base al criterio della machinatio non è giustificato né oggettivamente né giuridicamente dalle dichiarazioni finora emesse dalla Chiesa. Cominciando dal divieto di Papa Clemente XII fino al divieto emesso da Giovanni XXIII, esso è sempre stato chiaramente motivato con la contrapposizione alla fede (67). Ciò era presente in parte anche nel diritto canonico valido fino a ora (can. 2336). Lo stesso padre Sebott vi si riferisce quando scrive: «I chierici e i religiosi che hanno aderito a una società massonica o a un’associazione simile, secondo il can. 2336 devono essere puniti più duramente e inoltre denunciati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, poiché si tratta presumibilmente di un delitto contro la fede» (68).
Se diversi autori cattolici hanno interpretato la scomparsa della menzione della massoneria nel nuovo Codex Iuris Canonici come generale autorizzazione all’adesione da parte dell’autorità ecclesiastica, sono andati ben oltre quella parte stessa di massoni che hanno ritenuto come possibile una conciliabilità della doppia appartenenza alla Chiesa e alla loggia. Questi ultimi, infatti, limitavano tale possibilità esclusivamente ed esplicitamente ai tre gradi inferiori. Per i gradi superiori si sono espressi loro stessi apertamente per l’inconciliabilità e hanno rifiutato di dare qualsiasi seguito in un modo addirittura radicale e traumatizzante. Essi hanno lasciato questi gradi avvolti in un mistero impenetrabile. A questo proposito si deve notare che la maggioranza degli interlocutori apparteneva a gradi alti e anche altissimi. Dunque, il fatto che gli stessi massoni pretendessero la conciliabilità soltanto per i tre gradi inferiori e diversi autori cattolici per tutti i gradi è indicativo della grande limitatezza delle conoscenze e della capacità di giudizio di tali autori. Coloro che si impegnano per l’ammissione di cattolici ai tre gradi inferiori devono spiegare anche, a prescindere da tutti gli altri problemi, che significato abbia una tale ammissione in considerazione della natura di tutta la massoneria. Infatti, per Albert Pike la subordinazione dei gradi inferiori a quelli alti è vitale: «L’affermazione più superficiale è anzitutto che l’insegnamento della massoneria sia completamente contenuto nei tre gradi di base» (69). Pike è uno dei grandi esperti della massoneria e in particolare del sistema degli alti gradi del Rito Scozzese. Di questo sistema di alti gradi dice poi Horst E. Miers: «Tutta l’élite spirituale della massoneria oggi ricopre i gradi di questo sistema» (70).
A proposito degli alti gradi un dettaglio riferito da Stephen Knight può forse rivelare perché durante i colloqui si giunse a rifiutare radicalmente qualsiasi discussione sugli alti gradi. Tale dettaglio si trova nel suo sensazionale libro The Brotherhood, edito a Londra nel 1984 (71). In quest’opera l’autore ha pubblicato il risultato delle sue interessantissime ricerche durate anni e svolte non senza considerevoli difficoltà.
Da esse risulta che, al posto del Grande Architetto dell’Universo, già nel grado alto dell’Holy Royal Arch subentra il nome JAH-BUL-ON: JAH = Jahvé. BUL = Baal e ON = Osiride. In non pochi punti la Bibbia presenta Baal come l’avversario di Dio, la cui venerazione è davanti a Dio una nefandezza (cfr. Gdc. 2, 11; 1 Re 18, 18; 19, 18; 2 Re 10, 28; Rm. 11, 4). Quando, nel 1873, il famoso e già nominato Albert Pike venne a conoscere questo «nome divino», egli, allora ancora profondamente inquieto e spaventato, scrisse: «Nessuno può indurmi a riconoscere come simbolo della divinità infinita ed eterna una formula in cui è contenuto il nome di un dio pagano maledetto e spregevole il cui nome da più di duemila anni indica un demonio» (72).
Stephen Knight ha interrogato non meno di settantacinque massoni di questo grado. In quell’occasione egli dovette constatare che tutti parlavano liberamente e senza esitazione della massoneria ma che alla parola «Jahbulon» settantuno degli interrogati perdevano la calma e la sicurezza di sé (73).
Protestanti e massoneria
Alla Chiesa cattolica viene spesso rimproverato il fatto che, a differenza del mondo protestante, essa sola sia entrata in contrasto con la massoneria e che ciò sia imputabile più alle sue condanne contro quest’ultima che non alla stessa massoneria tollerante. Questo ampio tema non può essere trattato ora in modo esauriente. Ma si aggiunga almeno una breve annotazione. Benché sia vero che anche da parte del cristianesimo protestante vi sono state e vi sono condanne, tuttavia risulta che, nel complesso, non esistono tensioni. Oggi vale ancora di più ciò che E. Lennhoff scrisse a riguardo dell’Inghilterra: «Anche fra gli ecclesiastici che hanno servito come funzionari la Gran Loggia britannica sono rappresentate tutte le diverse confessioni a esclusione della confessione cattolica. Un arcivescovo Gran Maestro, 14 vescovi e 24 altri dignitari della Chiesa d’Inghilterra appartengono al Gran Consiglio dei Funzionari delle Grandi Logge Unite. All’ombra dell’abbazia di Westminster lavora una loggia composta quasi solamente da chierici» (74). Si può dire la stessa cosa di tutte le altre nazioni cristiane non cattoliche.
Nel fatto menzionato, ossia l’appartenenza alla loggia di molti vescovi delle Chiese anglicana, ortodossa e luterana, padre José Benimeli S. J. vede la prova della conciliabilità di loggia e cristianesimo (75). A ciò si oppone obiettivamente L’Osservatore Romano del 23 febbraio 1985 con un’esauriente motivazione dell’inconciliabilità di fede cristiana e massoneria (76).
Vendetta per Jacques de Molay
Alla domanda se i buoni rapporti della massoneria con i protestanti — contrariamente a quelli con la Chiesa cattolica — siano in relazione anche con l’essenza del protestantesimo stesso, i massoni Lennhoff e Posner rispondono così: «La massoneria è uno dei movimenti che, a partire dalla fine del Medioevo, sono sorti come reazione alla assolutezza della dottrina della Chiesa […]. In campo religioso questo portò al protestantesimo» (77).
E se nel Rito Scozzese Antico ed Accettato vi è un modo totalmente diverso di trattare Lutero e il Papato, ciò non deve essere certamente sopravvalutato. Però, dimostra almeno una diversità di considerazione del Papato e del luteranesimo che affonda le sue radici nella storia.
A un grado del Rito Scozzese — il grado del Cavaliere Kadosch — si chiede vendetta per l’omicidio del Gran Maestro templare Jacques de Molay, ritenuto una delle grandi figure massoniche. Nel rituale di questo grado dapprima si dice che l’adepto ha calpestato la tiara del Papa, poi Lutero viene indicato come uno degli esecutori della vendetta richiesta a questo grado per la morte di Molay: «Questa è la vendetta che cadde sul capo di Clemente V, non il giorno in cui il suo cadavere fu bruciato dai calvinisti della Provenza, bensì il giorno in cui Lutero, in nome della libertà di coscienza, aizzò mezza Europa contro il Papato» (78).
Un tale giudizio contrario alla Chiesa cattolica, diverso da quello nei confronti di Lutero, emerge anche da una circolare che uno dei maggiori massoni della seconda metà del secolo scorso, il Gran Maestro Adriano Lemmi (+ 1906), inviò alle singole logge. In essa si dice: «Il Grande Oriente fa appello allo spirito dell’umanità perché tutti i fratelli possano unire le loro forze e impiegarle nella dispersione delle pietre del Vaticano. Con queste pietre disperse possa quindi essere costruito il tempio della nazione ormai adulta» (79).
Da tutto quanto è stato detto emerge questa evidente conclusione: indipendentemente da tutti i fatti storici, sussiste una inconciliabilità, fondata sulla fede, dell’appartenenza contemporanea alla Chiesa e a una loggia massonica. Ciò non è stato del tutto ignorato neanche dalla Chiesa evangelica. Ancora due fatti almeno, avvenuti in Germania e in Inghilterra, dovrebbero dimostrarlo. Con le dichiarazioni della commissione ufficiale per il dialogo della Chiesa evangelica di Germania che discusse con i massoni, si è permesso ai cristiani protestanti di aderire alla loggia. Tuttavia la commissione ha deciso di rendere nota la propria preoccupazione a proposito dell’attività del tempio scrivendo: «Non è stato possibile, per i partecipanti di parte ecclesiastica ai colloqui, farsi un’idea definitiva sul rituale, per quanto riguarda il suo significato e la qualità dell’esperienza a esso collegata. A questo proposito essi si sono posti il problema, se l’esperienza del rituale e il lavoro del massone non possano sminuire il significato che per il cristiano evangelico ha la giustificazione per grazia» (80). Si deve supporre che questa commissione se avesse continuato le indagini finché non fosse arrivata proprio a un giudizio definitivo, sarebbe giunta a dichiarazioni più precise. Alla fine dovrebbe aver ragione l’anglicano Walton Hannah, nel suo libro Darkness Visible, secondo cui «nessuna chiesa che abbia analizzato seriamente le dottrine religiose e i presupposti della massoneria, si è mai astenuta dal condannarla» (81).
«Non oso»
Una delle più recenti ricerche di scienza delle religioni è il libro di John Lawrence apparso in Inghilterra con il titolo Freemasonry. A Way of Salvation? L’autore stesso, un ecclesiastico anglicano, proviene da una famiglia massonica e con i massoni ha rapporti di cordialità e di stima. Nonostante tutto il rispetto per gli uomini di chiesa e per i vescovi che sono massoni, con i quali ha rapporti di amicizia, l’autore dice: «Le mie ricerche mi hanno portato a contatto con molti cristiani, dignitari ecclesiastici e laici che percepivano che la Chiesa è talmente danneggiata dall’influenza massonica che lo spirito di Dio viene soffocato e spesso proprio da parte di uomini sinceri e di buona volontà» (82).
E, a proposito del profondo legame del singolo con la loggia, Lawrence dice: «Esso è in evidente contrasto con la forza liberatrice di Cristo. Egli infatti venne per renderci liberi, per darci la vera luce» (83). Evitando ogni polemica, l’autore va obiettivamente a fondo della questione che la commissione evangelica tedesca, nel suo breve esame della massoneria, purtroppo ha lasciato solo come osservazione. Egli non vede alcuna possibilità di una doppia appartenenza alla Chiesa e alla loggia, e precisamente per motivi teologici sostanziali. Ai molti amici massoni nel clero anglicano, con i quali ha rapporti cordiali e con i quali ha discusso a fondo queste questioni, Lawrence dice tuttavia: «Il fatto che un vescovo sia massone non rende ciò necessariamente una buona cosa» (84). Per questo autore non si tratta altro che della verità della quale Gesù dice che essa «vi farà liberi» (Gv. 8, 32).
Molte ragioni di inconciliabilità fra appartenenza alla loggia e cristianesimo si trovano anche nel libro già menzionato di Stephen Knight. Egli riferisce di un massone di alto grado che abbandonò la loggia, pronto a chiarire «perché il [suo] legame con Gesù non e conciliabile con la religione massonica» (85). Egli si rifiutò di rispondere alle domande sul suo alto grado, proprio come gli interlocutori nella commissione tedesca; benché uscito dalla massoneria disse: «Non oso parlarne» (86).
A questo punto non può mancare un accenno alla massoneria cristiana, al Freimaurerorden, il FO, l’ordine massonico cristiano, cioè alla Gran Loggia Nazionale di Germania. La Conferenza Episcopale Tedesca dichiara che «questa “massoneria cristiana” non si colloca affatto al di fuori dell’ordinamento massonico fondamentale; con questa espressione si intende soltanto una più ampia possibilità di conciliare massoneria e soggettiva credenza cristiana. Tuttavia bisogna negare che ciò venga raggiunto in modo teologicamente soddisfacente, poiché i fatti fondamentali della rivelazione del Dio divenuto uomo e della sua comunione con gli uomini vengono compresi solo come una possibile variante della visione massonica del mondo e sono condivisi solo da una piccola parte dei massoni» (87).
Particolarmente degno di nota è il fatto che sullo stemma ufficiale del Gran Maestro di questa «massoneria cristiana» non compare il nome di Cristo, bensì quello di Baphomet (88). L’ordine massonico cristiano si considera una «continuazione dell’ordine dei templari» (89). Evidentemente vogliono esserlo anche o proprio in considerazione della venerazione che presumibilmente i templari avevano per Baphomet. Di Baphomet i massoni Lennhoff e Posner dicono: «Nome di un’orrenda immagine del demonio, della cui venerazione i templari furono accusati» (90).
Indipendentemente da quello che si deve intendere per «Baphomet» e da tutte le interpretazioni gnostico-dualistiche di due principi del mondo eterni, che alcuni vi ravvisano, resta tuttavia incomprensibile come un cristiano possa onorare questo nome.
Il nucleo della nostra crisi
La verità di Cristo è un bene estremamente prezioso, è un valore supremo insostituibile, contiene l’annuncio salvifico della nostra redenzione.
È necessario difenderla da ogni relativizzazione, preservarla da ogni livellamento e soprattutto mantenerla in una situazione di cui il cardinale Ratzinger dice: «La rinuncia alla verità è il vero nucleo della nostra crisi» (91). Proprio per amore della verità l’adesione alla massoneria per i cattolici non è possibile. La Chiesa ha il dovere di mostrare ai fedeli dove si nascondono i pericoli per la fede. Pochi potevano riconoscere questo dovere in relazione con la massoneria meglio dei membri della commissione incaricata del dialogo. E quando dunque il professor Scheuermann, in base alle sue cognizioni e in tutta coscienza, pretendeva che anche nel nuovo diritto canonico ai fedeli fosse fornita una chiarificazione al riguardo, ciò è ben fondato. La Conferenza Episcopale Tedesca, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e molti altri fecero lo stesso. Padre Sebott scrive: «La cancellazione nelle bozze del divieto di entrare a far parte della massoneria fu deplorata dal principale penalista tedesco della Chiesa cattolica, Konrad Audomar Scheuermann — dal 1974 al 1980 egli stesso membro della commissione per il dialogo della Conferenza Episcopale Tedesca con le Grandi Logge Unite di Germania: “Poiché, se necessario, sono possibili particolari regolamentazioni giuridiche relative a tali delitti, si può acconsentire alla riduzione, a patto però che l’appartenenza alla massoneria e ad associazioni segrete simili ( cann. 2335 e 2336) continui a restare materia di reato per il diritto comune, nonostante la differenza regionale di queste associazioni”» (92).
Come mostra la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 26 novembre 1983, anche nel nuovo diritto canonico è contenuto il «divieto di entrare a far parte della massoneria», che non è esplicitamente menzionato ma è compreso nell’espressione categorie più ampie», vale a dire in quelle che puniscono i delitti contro la fede (cfr. can. 1374).
Seppellire le difficoltà?
Riferendosi alla dichiarazione della conferenza episcopale, Sebott pensa: «Se abbiamo scopi comuni, se in futuro ci attendono compiti comuni, allora dovremmo seppellire le vecchie difficoltà, altrimenti somiglieremmo a quegli uomini che corrono dietro ai progetti da loro elaborati e dimenticano di proteggere la casa comune» (93).
A questo proposito deve essere detto che il fine primario della Chiesa e il fondamento della sua esistenza, cioè la configurazione dell’umanità in Cristo per la gloria di Dio, non sono in accordo con il fine primario della massoneria, che vuole edificare la società umana come tempio laicista dell’umanità; e che l’umanità massonica non coincide assolutamente con l’humanitas cristiana. Esse hanno scopi totalmente diversi. Quando presentano punti parziali di contatto, per esempio nel campo dell’assistenza caritativa, è possibile la collaborazione. Questi punti comuni in settori delimitati non possono assolutamente eliminare i contrasti fondamentali sui principi più importanti. Per questo la dichiarazione dei vescovi tedeschi precisa che dall’agire comune «non […] deve però risultare l’impressione che la Chiesa abbia motivo di ritenere superato il suo atteggiamento di messa in guardia e di rifiuto nei confronti della massoneria» (94).
Quando padre Sebott pensa che, per amore di questi scopi comuni, «dovremmo seppellire le vecchie difficoltà» (95), gli si deve dire che qui si tratta di difficoltà che hanno fondamento in quel progetto della Chiesa, di cui noi non possiamo disporre. «Seppellirle» può certamente significare solo fare come se non esistessero più, benché continuino veramente a sussistere come realtà. L’accettazione della visione del mondo dei massoni da parte di membri della Chiesa, i quali hanno «seppellito queste vecchie difficoltà», ha prodotto conseguenze nefaste. La supposta comunanza non raggiunge velocemente i suoi limiti quando l’aborto è annoverato fra i diritti dell’uomo così come lo è il diritto alla procreazione? Questo però è avvenuto, come abbiamo visto, nella tredicesima tesi delle massoniche Tesi fino all’anno 2000 (96).
L’inconciliabilità perdura
Lo studio approfondito già menzionato ha condotto la Congregazione romana per la Dottrina della Fede a confermarsi nella convinzione dell’inconciliabilità di fondo fra i principi della massoneria e quelli della fede cristiana. Poco più di un anno dopo la pubblicazione del decreto della suddetta Congregazione e del nuovo diritto canonico, L’Osservatore Romano del 23 febbraio 1985 ha pubblicato in prima pagina alcune riflessioni sugli argomenti che hanno condotto a questa decisione.
Prescindendo dalla considerazione dell’atteggiamento pratico delle diverse logge di ostilità o meno nei confronti della Chiesa, la Congregazione per la Dottrina della Fede, con la sua dichiarazione del 26 novembre 1983, ha inteso collocarsi al livello più profondo e d’altra parte essenziale del problema: sul piano, cioè, dell’inconciliabilità dei principi, il che significa sul piano della fede e delle sue esigenze morali.
A proposito del problema del relativismo si invita a riflettere sul fatto che, del tutto indipendentemente dalla questione se ora in ambiente massonico non vi sia un obbligo esplicito di professare il relativismo, tuttavia «la forza relativizzante di una tale fraternità per la sua stessa logica intrinseca ha in sé la capacita di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano al quale è cara la sua fede […]. Questo stravolgimento nella struttura fondamentale dell’atto di fede si compie, inoltre, per lo più, in modo morbido e senza essere avvertito: la salda adesione alla verità di Dio, rivelata nella Chiesa, diviene semplice appartenenza ad un’istituzione, considerata come una forma espressiva particolare accanto ad altre forme espressive, più o meno altrettanto possibili e valide, dell’orientarsi dell’uomo all’eterno».
Ne L’Osservatore Romano si dice inoltre: «La tentazione ad andare in questa direzione è oggi tanto più forte, in quanto essa corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea. L’opinione che la verità non possa essere conosciuta è caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale. Proprio considerando tutti questi elementi la Dichiarazione della S. Congregazione afferma che l’iscrizione alle associazioni massoniche rimane proibita dalla Chiesa» (97).
† Josef Stimpfle
Vescovo di Augusta
Note:
( I ) Cfr. Reinhold Sebott S. J., Die Kirchenbann gegen die Freimaurer ist aufgehoben [La scomunica contro i massoni è abolita], in Stimmen der Zeit, vol. 201, n. 6, 1983, pp. 411-421.
(2) Ibid., p. 412.
(3) Kurt Baresch, Katholische Kirche und Freimaurerei. Ein brüderlicher Dialog 1968 bis 1983 [Chiesa cattolica e massoneria. Un dialogo fraterno dal 1968 al 1983], Vienna 1983, p. 69.
(4) Ibid., p. 63.
(5) R. Sebott S. J., art. cit., p. 412.
(6) Ibidem.
(7) Ibid., p. 418.
(8) Ibidem.
(9) Ritual II AF und AN, Amburgo 1975, p. 47.
(10) Ibid., p. 41.
(11) Cfr. R. Sebott S. J., art. cit., p. 414.
(12) Cfr. ibid., p. 413.
(13) Cfr. ibidem.
(14) Ibid., p. 418.
(15) Cit. in Alec Mellor, Logen, Rituale, Hochgrade. Handbuch der Freimaurerei [Logge, rituali, alti gradi. Manuale della massoneria], Graz-Vienna-Colonia 1967, pp. 138-139.
(16) R. Sebott S. J., art. cit., p. 418.
(17) Cfr. Giuseppe De Rosa S. J., La loggia massonica P2 e la crisi del Governo Forlani, in La Civiltà Cattolica, anno 132, vol. II, n. 3144, 20-6-1981, pp. 586-597.
(18) Cfr. ibid., p. 592.
(19) Ibidem.
(20) Ibid., p. 593.
(21) Cfr., per esempio, il Giornale nuovo, 23-3-1981; e Il Giornale d’Italia, 23-3-1981.
(22) il Giornale nuovo, cit.
(23) KathPress, 17-6-1969, p. 8.
(24) Cfr. Tesen bis zum Jhare 2000 [Tesi fino all’anno 2000], n. 13, in Humanität. Das deutsche Freimaurer Magazin, n. 1, 1982.
(25) Cfr. Michel Dierickx S. J., Freimaurerei, die große Unbekannte. Ein Versuch zu Einsicht und Würdigung [Massoneria, la grande sconosciuta. Un tentativo di esame e di giudizio], Francoforte-Amburgo 1970, p. 187.
(26) Christian Jacq, La massoneria. Storia e iniziazione, Milano 1978, p. 58 [l’autore cita la trad. it., edita da Mursia, di La Franc-Maçonnerie. Histoire et initiation, Laffont, Parigi 1975 (ndr)].
(27) Ibid., pp. 58-59.
(28) Ritual I AF und AM, Amburgo 1974, p. 48.
(29) Eugen Lennhoff e Oskar Posner, Internationales Freimaurer-Lexikon [Enciclopedia massonica internazionale], Vienna-Monaco di Baviera 1980, col. 1666.
(30) Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria, in L’Osservatore Romano, 23-2-1985 [trascritto in Cristianità, anno XIII, n. 119-120, marzo-aprile 1985 (ndr)].
(31) E. Lennhoff e O. Posner, op. cit., col. 1300.
(32) Ibid., col. 524.
(33) Ibid., col. 374.
(34) Ibidem.
(35) Ibid., col. 1207.
(36) R. Sebott S. J., art. cit., p. 420.
(37) Ibidem.
(38) E. Lennhoff e O. Posner, op. cit., col. 814.
(39) Ibid., col. 813.
(40) Ibid., col. 1665.
(41) Ibid., col. 1300.
(42) Ibid., col. 1025.
(43) Humanität. Das deutsche Freimaurer Magazin, n. 1, 1980, inserto dopo p. 20.
(44) Ibidem.
(45) Ibid., p. 5.
(46) Manoscritto della trasmissione di Deutschen Welle [Onda tedesca], n. 19/105 4420 040881 103 01, Colonia 1981, p. 4.
(47) Josef Seifert, Die Wahrheit über den Menschen und die eucharistische Anbetung [La verità sull’uomo e l’adorazione eucaristica], conferenza per il Congresso Eucaristico di Milano del 1983, manoscritto ancora inedito, pp. 5-6.
(48) Hans Sachsse, Technik und Verantwortung [Tecnica e responsabilità], Friburgo in Brisgovia 1972, p. 33.
(49) R. Sebott S. J., art. cit., p. 412.
(50) Charles von Bokor, Winkelmaß und Zirkel [Squadra e compasso], Vienna-Monaco di Baviera 1980, p. 8.
(51) Frankfurter Allgemeine Zeitung, 27-11-1976.
(52) Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 28.
(53) R. Sebott S. J., art. cit., p. 421.
(54) Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, del 12-1-1985, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, p. 60.
(55) Idem, Discorso agli indigeni nell’aeroporto di Latacunga, del 31-1-1985, ibid., p. 301 [la citazione nel testo pontificio è dal Documento di Puebla, n. 406 (ndr)].
(56) Concilio Vaticano II, Dichiarazione sulla libertà religiosa. Il diritto della persona e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia religiosa Dignitatis humanae, n. 1.
(57) Ibid., n. 2.
(58) Ibid., n. 11.
(59) Idem, Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes divinitus, n. 8.
(60) Idem, Dichiarazione sulla libertà religiosa. Il diritto della persona e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia religiosa Dignitatis humanae, n. 14.
(61) Idem, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 28.
(62) Paolo VI, Allocuzione al Concistoro e voti augurali al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana, del 20-12-1976, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. XIV, p. 1088.
(63) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al primo Convegno nazionale sul tema Missioni al Popolo per gli anni ’80, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 1, p. 235.
(64) Oswald Wirth, Les Mystères de l’Art royal, pp. 77-78, cit. in A. Mellor, op. cit., p. 328.
(65) Cfr. R. Sebott S. J., art. cit., p. 414.
(66) Ibid., p. 415.
(67) Cfr. Inconciliabilità fra fede cristiana e massoneria, cit.
(68) R. Sebott S. J., art. cit., p. 412.
(69) Albert Pike, Morals and Dogma, Charleston 1871, cit. in Horst E. Miers, Lexikon des Geheimwissens [Enciclopedia della scienza occulta], Friburgo in Brisgovia 1970, p. 197.
(70) H. E. Miers, cit., p. 320.
(71) Cfr. Stephen Knight, The Brotherhood, Londra 1984, pp. 236 ss.
(72) Ibid., pp. 236-237.
(73) Cfr. ibid., p. 237.
(74) Cfr. in M. Dierickx S. J., op. cit., p. 184.
(75) Cfr. El Pais, 10-3-1983, pp. 14-15.
(76) Cfr. Inconciliabilità fra fede cristiana e massoneria, cit.
(77) E. Lennhoff e O. Posner, op. cit., col. 1300.
(78) A. Mellor, op. cit., pp. 409-410.
(79) Ibid., p. 177.
(80) Information nr. 58 der Evangelischen Zentralstelle für Weltanschauungsfragen [Ufficio centrale evangelico per le questioni ideologiche], 58/74, p. 19.
(81) Cit. sulla base della Herder Korrespondenz, 1963, p. 521.
(82) John Lawrence, Freemasonry. A Way of Salvation?, Nottingham 1982, p. 23.
(83) Ibid., p. 24.
(84) Ibid., p. 23.
(85) S. Knight, op. cit., p. 141.
(86) Ibid., p. 140.
(87) Dichiarazione della Conferenza Episcopale Tedesca circa l’appartenenza di cattolici alla massoneria, del 28-4-1980, IV, 10 [trad. it. in Cristianità, anno VII, n. 66, ottobre 1980 (ndr)].
(88) Cfr. H. E. Miers, op. cit., p. 62.
(89) Ibid., p. 400.
(90) E. Lennhoff e O. Posner, op. cit., col. 121.
(91) Card. Joseph Ratzinger, in Amtsblatt des Erzbistums München, n. 10, 1980, p. 5.
(92) R. Sebott S. J., art. cit., p. 415, con riferimento a Konrad Audomar Scheuermann, Das Schema 1973 für das kommende kirchl. Strafrecht [Lo schema 1973 per il nuovo diritto penale ecclesiastico], in Archiv f. kath. Kirchenrecht, n. 143, 1974, p. 51.
(93) R. Sebott S. J., art. cit., p. 417.
(94) Dichiarazione della Conferenza Episcopale Tedesca circa l’appartenenza di cattolici alla massoneria, cit., III, 3.
(95) R. Sebott S. J, art. cit., p. 417.
(96) Cfr. Humanität. Das deutsche Freimaurer Magazin, n. 1, 1980, dopo p. 30.
(97) Inconciliabilità fra fede cristiana e massoneria, cit.