«Tutti i comandamenti», dice il Papa, «servono ad attuare, ad esprimere quel duplice indivisibile amore».
di Michele Brambilla
Papa Francesco sceglie di sigillare una settimana molto convulsa, dominata dalla querelle scatenata dalle affermazioni contenute nel documentario Francesco presentato il 21 ottobre al Festival del Cinema di Roma, con un Angelus incentrato sul comandamento fondamentale della Legge mosaica e l’annuncio di un nuovo concistoro.
Il Pontefice afferma, infatti, il 25 ottobre: «nell’odierna pagina evangelica (cfr Mt 22,34-40), un dottore della Legge domanda a Gesù quale sia «il grande comandamento» (v. 36), cioè il comandamento principale di tutta la Legge divina. Gesù risponde semplicemente: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37). E subito aggiunge: “Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”” (Mt 22,39)».
L’insegnamento che si deve trarre da queste indicazioni è espresso in maniera molto chiara: «la risposta di Gesù riprende e unisce due precetti fondamentali, che Dio ha dato al suo popolo mediante Mosè (cfr Dt 6,5; Lv 19,18). […] Gesù conclude la sua risposta con queste parole: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,40). Ciò significa che tutti i precetti che il Signore ha dato al suo popolo devono essere messi in rapporto con l’amore di Dio e del prossimo. Infatti, tutti i comandamenti servono ad attuare, ad esprimere quel duplice indivisibile amore». Nello specifico, «l’amore per Dio si esprime soprattutto nella preghiera, in particolare nell’adorazione». Il Papa constata che «noi trascuriamo tanto l’adorazione a Dio. Facciamo la preghiera di ringraziamento, la supplica per chiedere qualche cosa…, ma trascuriamo l’adorazione», durante la quale siamo noi che ci “riempiamo” di Dio, anticipando la visio beatifica del Paradiso.
Il secondo polo richiamato da Cristo e dal Papa stesso è l’amore verso il prossimo, «[…] che si chiama anche carità fraterna, è fatto di vicinanza, di ascolto, di condivisione, di cura per l’altro». Avere cura dell’altro “pesa”: il Papa denuncia che anche i cattolici preferiscono, spesso, scantonare, ma «state attenti! Scrive l’apostolo Giovanni: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20)».
Il Papa impiega la parte riservata ai saluti per annunciare che «il prossimo 28 novembre, alla vigilia della prima domenica di Avvento, terrò un Concistoro per la nomina di tredici nuovi cardinali». Tra i nominativi si contano anche alcuni italiani, ma solo mons. Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, è titolare di una diocesi (in precedenza era vicario episcopale della Capitale). Scontata la nomina di mons. Marcello Semeraro, nuovo prefetto della Congregazione per le cause dei Santi; sorprendenti le porpore riservate a fra Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi, a mons. Enrico Feroci, parroco del santuario del Divino Amore ed ex-direttore della Caritas diocesana di Roma, al nunzio apostolico mons. Mauro Tomasi e a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, ma confermano la tendenza a privilegiare l’ambito romano e quello della “povertà” in senso lato, mentre rimangono ancora “a secco” le cattedre italiane tradizionalmente cardinalizie. All’estero la consuetudine è rispettata solo per gli arcivescovi di Washington e Santiago del Cile, molto vicini al sentire dell’attuale pontificato.
Lunedì, 26 ottobre 2020