« Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro » (1Gv 3,1-3).
I Padri della Chiesa non hanno temuto di usare una parola molto impegnativa: “divinizzazione”. Per loro lo scopo della vita del cristiano è di essere realmente divinizzato e questo è il grande dono che ci ha portato Gesù.
Non c’è qui però il rischio di dimenticare la differenza tra Creatore e creatura e quindi di cadere in un grossolano panteismo? Il rischio c’è, come in tutte le cose belle, ma uno sguardo più approfondito al mistero della Trinità è sufficiente a fugarlo.
Diventare Dio in senso panteistico, cioè “costituendo con lui un’identità assoluta” vorrebbe dire smettere di essere sé stessi… Vorrebbe dire, letteralmente, “sprofondare nel nulla” e questo certamente non è né buono, né desiderabile.
La via che Gesù ci propone è ben diversa: è quella dell’amore. Nell’amore infatti i due amanti si fondono, ma rimanendo ciascuno diverso dall’altro…
La diversità è anzi l’indispensabile presupposto e la bellezza stessa dell’amore. Accogliamo la vita di Gesù che ci trasforma; lasciamoci coraggiosamente trasformare in Lui da Lui.