Card. Angelo Amato, Cristianità n. 372 (2014)
Messaggio di S. Em. card. Angelo Amato S.D.B., prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, in occasione della cerimonia di beatificazione di Maria Cristina di Savoia (1812-1836), regina delle Due Sicilie, nella basilica di Santa Chiara a Napoli, il 24-1-2014, e qui pubblicato con la cortese autorizzazione dell’autore. Le inserzioni fra parentesi quadre, sia nel testo sia nelle note, e il titolo, ricavato dal testo, sono redazionali.
1. La beatificazione della regina Maria Cristina di Savoia mostra che la porta stretta della santità può essere varcata da tutti, grandi e piccoli, ricchi e poveri, uomini e donne, sacerdoti e laici, perché l’essenziale della santità consiste nell’amare Dio e il prossimo con tutte le proprie forze. La santità è, infatti, far abitare Cristo nei nostri cuori, in modo che, radicati e fondati nella carità, possiamo comprendere l’ampiezza, la lunghezza e la profondità del suo amore per noi (cf. Ef 3,14-21).
La Beata Maria Cristina fu talmente conquistata dall’amore di Cristo, da trasformare la nobiltà del censo in nobiltà di grazia, diventando un’autentica regina della carità. Ella fece della sua ricchezza un talento da investire per il regno dei cieli. La sua dignità regale non fu un impedimento, ma un gradino per slanciarsi con agilità giovanile fino in cima alla scala della perfezione evangelica.
La celebrazione odierna mostra che anche una regina, che si trova al culmine del prestigio sociale, può vivere con eroismo le virtù cristiane della fede, della speranza e della carità, se trasforma questa sua dote spirituale in risorsa per soccorrere i bisognosi: dare da mangiare e da bere agli affamati e agli assetati; alleviare le pene dei carcerati; visitare e consolare gli ammalati. Anche una regina, trasformata dalla grazia divina, può innamorarsi perdutamente di Cristo e rispecchiarne il volto buono e misericordioso. Il popolo napoletano, che ha un senso raffinato nel riconoscere i santi a prima vista, appena incontrò questa sua giovane e avvenente sovrana, dallo sguardo luminoso e mite, fu talmente conquistato dalla sua bontà materna da chiamarla subito laReginella santa.
Pur potendo vivere nel fasto, Maria Cristina era mortificata nel cibo e negli svaghi di corte. Un testimone riferisce che lei accompagnava spesso il Re a teatro, e lo faceva perché la sua presenza attirava molta gente, con grande gioia degli impresari. Ma con discrezione la regina sedeva in modo tale da volgere quasi le spalle alla scena (1). Questo suo raccoglimento le permetteva di trasportarsi spiritualmente ai piedi del tabernacolo in adorazione di Gesù eucaristico, fonte della sua gioia di sposa, di regina e di madre.
Gli antichi scrittori sacri dicevano che il principale effetto dell’amore è unire le volontà, sicché abbiano lo stesso volere. Maria Cristina, alle luci della ribalta mondana, preferiva la fiamma viva della parola di Gesù e la frequentazione delle vite dei santi, che le ispiravano pensieri e azioni di bene per il prossimo bisognoso. Di fronte alle frivolezze, ella manteneva la modestia e l’innocenza di un’anima semplice. Le damigelle di corte solevano dire: «Non sembrava una figlia di Adamo, ma piuttosto un Angelo» (2).
2. Cosa ci dice oggi la nuova Beata? Io credo che ci consegni un quadruplice messaggio.
2.1. Il primo ricorda ai battezzati che sono tutti chiamati alla santità, perché a tutti Gesù ha detto: «Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste» (Mt 5,48). La perfezione della carità non è privilegio di una casta, ma opportunità data a tutti i cristiani, se investono in bene i loro talenti spirituali di fede, speranza e carità. Diceva San Francesco di Sales [1567-1622]: «È un errore, anzi un’eresia, voler escludere l’esercizio della devozione dall’ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. […]Dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta». (3)
San Giovanni Bosco [1815-1888] esortava anche i giovani alla santità.«È facile farsi santi», egli diceva. E il suo allievo, il piccolo San Domenico Savio [1842-1857], accogliendo questo invito, visse la sua adolescenza nella letizia della grazia dicendo: «Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri». La santità è gioia, il peccato tristezza.
2.2. Il secondo messaggio consiste nel riconoscere che la vera ricchezza e nobiltà è il nostro essere cristiani, e cioè essere figli del Padre celeste, salvati da Cristo, che ci perdona e ci rafforza quotidianamente con la sua grazia. Mamme, padri di famiglia, giovani, bambini, malati, poveri, tutti possono trovare nella parola di Gesù la giusta risposta per vivere con serenità e fiducia la propria esistenza. Piccolezza, debolezza, indigenza, fragilità non sono impedimenti per la santità, se si sa mettere tutto ciò nel cuore misericordioso di Gesù, che dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò» (Mt 11,29).
2.3. In terzo luogo, i Santi come la Beata Maria Cristina risvegliano il mondo, facendolo uscire dal torpore della mediocrità e del male per aprirlo al dinamismo del bene. Oggi sembra che le virtù vengano capovolte. I vizi, come la superbia, l’avarizia, la lussuria, la gola, l’ira, la pigrizia sono lodati a scapito delle virtù, che vengono denigrate e disprezzate. I Santi rimettono le cose a posto, mostrando come la povertà, la mitezza, la purezza, la giustizia, la pace, la condivisione siano beatitudini, che edificano la società rendendola più sana e più umana. I Santi bonificano la società dall’inquinamento dei vizi, restituendo valore alla virtù e dignità alla vita.
2.4. Infine, la nuova Beata, giovane mamma morta nel dare alla luce il suo bambino tanto atteso, ci ricorda che la nostra esistenza — breve o lunga che sia — avrà il suo approdo nella vita eterna. I Santi hanno il compito di precederci in cielo, di spianarci la strada, di toglierci l’angoscia della morte e di restituirci la gioia della vita eterna. I Santi sono il nostro ponte per il Paradiso.
Che la Beata Maria Cristina aiuti tutti noi a riaccendere il fuoco della carità per dare splendore e nobiltà al nostro vivere quotidiano, in questa straordinaria città di Napoli, terra di mare, di sole, di luce e di tanta grazia divina.
+ Angelo card. Amato S.D.B.
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi
Note:
(1) Sacra Rituum Congregatio, Altera nova positio super virtutibus, Romae, Ex Typis Vaticanis 1881, p. 7.
(2) Responsio ad novissimas animadversiones, ib. II, p. 5.
(3) Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota, I, cap. 3.
Glossa
Maria Cristina di Savoia nasce nel 1812 a Cagliari, dove la famiglia si trovava a causa dell’occupazione del Piemonte da parte delle truppe napoleoniche. Figlia del re di Sardegna Vittorio Emanuele I (1759-1824) e di Maria Teresa d’Asburgo-Este (1773-1832), mostra una nota di profonda pietà insolita per i bambini. Sorge presto in lei il desiderio di entrare in un monastero di clausura, ma il re Carlo Alberto (1798-1849) da tempo aveva concertato un matrimonio fra le due principali dinastie italiane, i Savoia e i Borbone. Maria Cristina era certa che Dio la chiamasse alla vita religiosa; tuttavia vincono in lei l’umiltà e l’obbedienza al proprio direttore spirituale, che la convince a leggere quel matrimonio in un’ottica di fede e di adesione alla volontà di Dio.
Il 21 novembre 1832, nel santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta, sopra Voltri, a Genova, sposa Ferdinando II (1810-1859), re delle Due Sicilie. La riuscita del matrimonio è ottima, nonostante i timori iniziali della sposa; infatti, sebbene i due coniugi fossero molto diversi, il sovrano viene conquistato dalla grande carità della moglie, che fra l’altro, finché sarà in vita, lo induce a graziare tutti i condannati a morte del regno.
Maria Cristina, divenuta regina, sostiene il re nei compiti di governo soprattutto con una costante preghiera d’intercessione. Ma non si limita a un’azione spirituale: corregge amorevolmente e con fermezza le situazioni di disordine che con gli anni avevano preso il sopravvento a corte cosicché, libero da tali condizionamenti negativi, Ferdinando condivide più facilmente il virtuoso tenore di vita della sposa. In un ambiente molto diverso per cultura e abitudini da quello di provenienza crea con grande sensibilità condizioni d’incontro e di pacificazione fra i membri della sua nuova famiglia. In soli tre anni, inoltre, porta a termine numerosissime opere di carità a favore dei poveri e dei malati della città. Infine, avendo ereditato dai genitori opinioni politiche molto ferme, seppure temperate dalla sua innata mitezza, non esita a criticare anche la politica dei Savoia e si oppone con fermezza alle idee liberali e risorgimentali che cominciavano a manifestarsi.
Dopo quasi tre anni di attesa resta finalmente incinta, ma muore per i postumi del parto il 31 gennaio 1836, dopo aver dato alla luce il futuro re Francesco II (1836-1894).
La causa di beatificazione viene avviata fin dal 1852 e nel 1937 Papa Pio XI (1922-1939) conferma l’eroicità delle virtù della Serva di Dio, alla quale viene attribuito il titolo di venerabile. Nonostante un’asserita guarigione miracolosa, avvenuta a Genova nel 1866 per sua intercessione e verificata da due processi apostolici della curia genovese fra il 1872 e il 1888, il processo di beatificazione di Maria Cristina si ferma per decenni a causa delle obiezioni di storici secondo i quali proclamare beata la moglie del re delle Due Sicilie e la madre del suo successore, due bestie nere del Risorgimento, sarebbe stato uno schiaffo alla retorica risorgimentale italiana. La causa riprende il suo iter nel 1987, Papa Francesco approva il decreto sul miracolo il 2 maggio 2013 e l’arcivescovo di Napoli, card. Crescenzio Sepe, ne dà annuncio al clero e ai fedeli il 4 maggio, festa della traslazione delle reliquie di San Gennaro, che viene solennizzata ogni anno con la tradizionale processione della reliquia del sangue e del busto del santo e dei patroni principali della città, dal duomo alla basilica di Santa Chiara, proprio dov’è sepolta la regina.
Una coincidenza provvidenziale per sottolineare che Maria Cristina — nata in Sardegna da famiglia piemontese, amata dai suoi popoli del Mezzogiorno e venerata dalle Alpi alla Sicilia — è una santa totalmente italiana, esempio incarnato di quell’ethos nazionale contro il quale si accanisce da secoli il processo di secolarizzazione.