Conferenza Episcopale Portoghese, Cristianità n. 372 (2014)
Lettera pastorale della Conferenza Episcopale Portoghese, disponibile all’indirizzo Internet <http://www.agencia.ecclesia.pt/ cgi-bin/noticia.pl?id=97722>, consultato il 28-4-2014. La traduzione e le inserzioni fra parentesi quadre, sia nel testo sia nelle note, sono redazionali.
La chiamata ideologica del genere, o gender, si diffonde sempre di più. Tuttavia, non tutti se ne rendono conto e molti non ne riconoscono la portata sociale e culturale, che è stata già qualificata come vera e propria rivoluzione antropologica. Non si tratta semplicemente di una moda intellettuale, bensì comporta un movimento culturale con riflessi sul modo d’intendere la famiglia nella sfera politico-legislativa, nell’insegnamento, nella comunicazione e nella propria lingua corrente.
Ma l’ideologia del gender si staglia frontalmente contro il patrimonio di civiltà già acquisito. Come tale, si oppone radicalmente alla visione biblica e cristiana della persona e della sessualità umana. Questo documento nasce con l’obiettivo di rendere più chiare le differenze fra queste due visioni. Ci muove il desiderio di presentare la visione più solida e più fondante della persona, tramandata e valorizzata da millenni, alla quale l’umanesimo cristiano ha molto contribuito. Crediamo che proprio quest’umanesimo, oggi, sia chiamato a contribuire alla riscoperta della profondità e della bellezza di una sessualità umana intesa in modo corretto.
Si tratta della difesa di un modello di sessualità e di famiglia che la saggezza e la storia, nonostante i cambiamenti culturali, nei diversi contesti sociali e geografici, ritengono il modo corretto di esprimere la natura umana.
1. La persona umana, spirito incarnato
In primo luogo, vorremmo chiarire che nella visione cristiana dell’uomo non vi è spazio per il dualismo: il disprezzo del corpo in nome dello spirito o viceversa.
Il corpo sessuato, come tutte le creature che Nostro Signore ha creato, è il buon frutto di un Dio buono e amorevole. Una seconda verità da considerare nel
la visione cristiana della sessualità è quella della persona umana come spirito incarnato e, per questo, sessuato: la differenza di sesso corrisponde al disegno divino della creazione, in tutta la sua bellezza e pienezza: «Maschio e femmina li creò» (Gn. 1,27); «Dio, vista la sua opera, la considerò molto buona» (Gn. 1,31).
La corporeità è una dimensione strutturale della persona, non un accessorio; la persona è corpo, non ha un corpo; la dignità del corpo umano è corollario della dignità della persona umana; la comunione dei corpi deve esprimere la comunione delle persone.
Siccome la persona umana è totalità unificata di corpo e di anima, esiste necessariamente come uomo o donna. Di conseguenza, la dimensione sessuale, la mascolinità o la femminilità, è costitutiva della persona; è il suo modo di essere, non un semplice attributo. È la persona stessa che si esprime attraverso la sessualità. La persona è, in questo modo, chiamata all’amore e alla comunione come uomo o come donna. E la differenza di sesso ha un significato nel piano della creazione: esprime un’apertura reciproca all’altro, al quale, nella sua complementarietà, si schiude divenendo feconda.
2. A confronto con un forte cambiamento culturale
Riconosciamo senz’ombra di dubbio che nel corso della storia non si è sempre attribuito lo stesso valore e lo stesso peso sociale ai due ambiti dell’umano, quello maschile e quello femminile.
La donna, in particolare, è stata vittima non raramente di una grande soggezione nei confronti dell’uomo e ha sofferto una svalutazione culturale e sociale. Grazie a Dio, situazioni tali stanno progressivamente scomparendo e la condizione femminile, anticamente connotata con l’idea di oppressione, oggi si rivela come un grande potenziale di umanizzazione e di sviluppo armonioso della società.
Nel desiderio di oltrepassare questa svalutazione sociale della donna, alcuni hanno portato avanti una distinzione radicale fra il sesso biologico e i ruoli che la società le ha tradizionalmente concesso. Affermano che l’essere maschio o femmina non è altro che una costruzione mentale, più o meno interessata e artificiale, che adesso occorre decostruire. Di conseguenza, rigettano tutto quanto abbia a che vedere con i dati biologici per fissarsi sulla dimensione culturale, intesa come mentalità personale e sociale. E, per associazione d’idee, si è passati a rifiutare la validità di tutto quanto riguardi le norme naturali sulla sessualità: eterosessualità, unione monogama, rispetto per la vita dell’embrione, limite etico alla scienza legato all’origine della vita, pudore. Quando si parla d’ideologia del gender si fa riferimento a tutto quest’ambito mentale.
L’ideologia del gender nasce come un’antropologia alternativa, sia a quella giudaico-cristiana, sia a quella della cultura tradizionale occidentale. Essa nega che la differenza sessuale iscritta nel corpo possa identificare la persona; rifiuta la complementarietà naturale dei due sessi; dissocia la sessualità dalla procreazione; sottomette la possibilità naturale di avere figli al desiderio di averne; pretende di distruggere la matrice eterosessuale della società: la famiglia basata sull’unione fra un uomo e una donna cessa di essere il modello di riferimento e diventa uno fra i tanti.
3. I presupposti dell’ideologia di genere
Questa teoria parte dalla distinzione fra sesso e genere, forzando la distinzione fra natura e cultura. Il sesso indica la condizione naturale e biologica della differenza fisica fra uomo e donna. Il genere delimita la costruzione storico-culturale dell’identità maschile e femminile. Ma, partendo dalla celebre frase di Simone de Beauvoir [1908-1986],«donna non si nasce, lo si diventa», l’ideologia del gender ritiene che siamo uomini o donne non in base alla dimensione biologica in cui siamo nati, ma lo diventiamo a seconda del processo di «socializzazione» — d’interiorizzazione di comportamenti, funzioni e ruoli che la società e la cultura ci hanno attribuito. Ruoli che, secondo questa teoria, sono ingiusti e artificiali. Di conseguenza, il genere deve superare il sesso e la cultura deve imporsi alla natura.
Siccome per questa ideologia il genere è una costruzione sociale, esso può essere decostruito e ricostruito. Se la differenza sessuale fra uomo e donna è alla base dell’oppressione femminile, allora qualunque forma di definizione di una specificità femminile è sempre una discriminazione ingiusta. Per superare quest’oppressione si rifiuta la distinzione che vi è in natura fra i sessi, e il genere diventa una scelta individuale. Il genere, dunque, non deve più corrispondere al sesso, ma è una scelta soggettiva, dettata dall’istinto, dagl’impulsi, da preferenze e interessi, qualcosa che va al di là di considerazioni naturali e oggettive.
Il gender sostiene l’irrilevanza della differenza sessuale per costruire l’identità e, di conseguenza, l’irrilevanza di questa differenza nelle relazioni interpersonali, nelle unioni coniugali e nella costituzione della famiglia. Se è indifferente scegliere il genere a livello individuale, potendo scegliere di essere uomo o donna indipendentemente da ciò che ha stabilito la natura, allora è indifferente anche la scelta di legarsi a persone dell’altro o dello stesso sesso. Da qui viene l’equiparazione fra le unioni eterosessuali e omosessuali. Al modello di famiglia eterosessuale succedono vari tipi di famiglia, tanti quanti sono le preferenze individuali, senza alcun modello di riferimento. Si smette di parlare di famiglia e si comincia a parlare di famiglie. Privilegiare l’unione eterosessuale comporta una forma di discriminazione. Allo stesso modo, si smette di parlare di paternità e di maternità e s’inizia a parlare esclusivamente di genitorialità, creando un concetto astratto, slegato da fattori biologici.
4. Riflessi dell’affermazione e della diffusione dell’ideologia di genere
L’affermazione e la diffusione dell’ideologia di genere si possono notare in vari ambiti. Uno di questi è l’attuale ambito linguistico. A cominciare dai documenti ufficiali, si va generalizzando l’espressione «genere» in sostituzione del «sesso» — uguaglianza di genere, invece diuguaglianza fra uomo e donna —, l’espressione famiglie invece difamiglia, o genitorialità invece di paternità e di maternità. Molte persone adesso adottano queste espressioni per abitudine o per moda, senza rendersi conto della loro connotazione ideologica. Ma la generalizzazione di queste espressioni non è per nulla innocua. Fa parte di una strategia di affermazione ideologica che compromette la capacità di distinguere delle persone, con conseguenze drammatiche: l’individuo non è più in grado di darsi una collocazione e di definirsi nella propria essenza.
Il livello politico e quello legislativo sono un altro degli ambiti di penetrazione dell’ideologia del gender, che colpisce i centri di potere nazionali e internazionali. Fanno parte della sua agenda le leggi per ridefinire il matrimonio al fine d’includervi le unioni fra persone dello stesso sesso — in Portogallo, la legge n. 9 del maggio 2010 —, le leggi che permettano l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso (se ne sta discutendo in Portogallo, attraverso la modalità di adozione congiunta), le leggi che permettano il cambiamento di sesso riconosciuto ufficialmente, indipendentemente dalle caratteristiche fisiologiche del richiedente (legge n. 7 del 15 marzo 2011) e le leggi che permettano il ricorso delle unioni omosessuali e delle persone sole alla procreazione artificiale, compresa la maternità surrogata (legge n. 32 del 26 luglio 2006).
Altro ambito di diffusione dell’ideologia del genere è quello scolastico, visto come mezzo efficace d’indottrinamento e di trasformazione della mentalità corrente. È chiaro lo sforzo di far passare le tesi di questa ideologia nei programmi scolastici, in particolare l’educazione sessuale, presentando queste tesi come dati scientifici ineludibili. Questa strategia ha dato origine in vari Paesi a movimenti di protesta da parte dei genitori che rifiutano questa forma d’indottrinamento ideologico perché contraria ai princìpi con i quali vogliono educare i propri figli.
5. La portata antropologica dell’ideologia di genere
È importante approfondire la portata di questa ideologia, poiché rappresenta un’autentica rivoluzione antropologica. Riflette un soggettivismo relativistico portato agli estremi, negando il significato della realtà oggettiva. Nega la verità come qualcosa che non possiamo costruire, ma che ci è donata e da noi è scoperta e accolta. Rifiuta la morale come un ordine oggettivo di cui non possiamo disporre. Rigetta il significato della corporalità: la persona non sarebbe un’unità inscindibile, spirituale e corporea, ma uno spirito che ha un corpo estraneo, disponibile e manipolabile. Contraddice la natura come dato da accogliere e da rispettare. Si oppone a una certa forma di ecologia umana, scioccante in un periodo in cui si esalta così tanto la necessità di rispettare l’armonia prestabilita che sottintende l’equilibrio ecologico ambientale. Dissocia la procreazione dall’unione fra uomo e donna e, di conseguenza, dalla relazionalità personale, in cui il figlio è accolto come un dono, diventando invece oggetto di affermazione individuale: il «diritto» alla genitorialità. Su un piano strettamente scientifico, ovviamente, la pretesa di prescindere dai dati biologici nell’identificazione delle differenze fra maschi e femmine è, a dir poco, illusoria. Queste differenze partono dalla struttura genetica delle cellule del corpo umano, per le quali non basta un intervento chirurgico sugli organi sessuali esterni per cambiare, e per cambiare di conseguenza il sesso.
È vero che la persona umana non è solamente natura, ma anchecultura. È altrettanto vero che la legge naturale non si confonde con lalegge biologica. Ma i dati biologici oggettivi hanno un senso e si collegano a un disegno della creazione che l’intelligenza può scoprire come qualcosa che la precede e le s’impone senza poter essere manipolata arbitrariamente. La persona umana è spirito incarnato in un’unità biologica, psicologica e sociale. Non è solo corpo, ma è anchecorpo. La dimensione corporale e quella spirituale si devono armonizzare senza opporsi. Allo stesso modo, anche la dimensionenaturale e culturale. La cultura va al di là della natura, ma non deve opporvisi, come se dovesse liberarsene.
6. Uomo e donna chiamati alla comunione
La differenziazione sessuale iscritta nel disegno della creazione ha un senso che l’ideologia di genere ignora. Riconoscerla e valorizzarla è assicurare il limite e l’insufficienza di ciascun sesso da solo, è accettare che ciascun sesso non esprima l’umanità in tutta la sua ricchezza e pienezza. È ammettere la struttura relazionale della persona umana e che solo nella relazione e nella comunione — nell’essere per l’altro — essa si realizza pienamente.
Questa comunione si costruisce a partire dalla differenza. Quella più basilare e fondamentale dei sessi non è un ostacolo alla comunione, non è una fonte di opposizione e di conflitto, ma un’occasione di arricchimento reciproco. L’uomo e la donna sono chiamati alla comunione perché solo questa li completa e permette la continuazione della specie, attraverso la crescita di nuove vite. Fa parte della meraviglia del disegno della creazione.
La società si costruisce a partire da questa collaborazione fra la dimensione maschile e quella femminile. In primis nella sua cellula fondamentale, la famiglia, che garantisce il rinnovamento della società attraverso la crescita di nuove vite e assicura l’equilibrio armonioso e complesso dell’educazione di nuove generazioni. Per questo, uno o più padri non potranno mai sostituire una madre e una o più madri non potranno mai sostituire un padre.
7. Complementarietà dell’essere maschio e femmina
È un fatto che un determinato tipo di visione dell’essere maschio e femmina è servito nel corso della storia a consolidare divisioni di compiti rigide e stereotipate che hanno limitato la realizzazione della donna, relegata alle faccende domestiche e circoscritta per quanto riguarda l’intervento sociale, economico, culturale e politico. Ma, nella visione biblica, il dominio dell’uomo sulla donna non fa parte dell’originario disegno divino: è una conseguenza del peccato. Questo dominio indica un disturbo e una perdita di stabilità della fondamentale uguaglianza fra uomo e donna. Ciò sfavorisce la donna, perché soltanto l’uguaglianza, data dalla comune dignità, può dare alle relazioni reciproche lo status di una legittima communio personarum.
L’ideologia di genere non si limita a denunciare tali ingiustizie, ma pretende di eliminarle negando la specificità femminile. Ciò impoverisce la donna, che perde la sua identità, e indebolisce la società, privata di un contributo prezioso e insostituibile come la femminilità e la maternità. Del resto, la nostra epoca riconosce — e bene! — l’importanza della presenza equilibrata di uomini e di donne nei vari ambiti della vita sociale e nei centri di decisione economica e politica. Anche se questa presenza non deve essere rigidamente paritaria, la società ha solo da guadagnare con il contributo complementare delle sensibilità specifiche maschile e femminile.
8. Il «genio femminile»
In questa prospettiva, bisogna mettere in luce quello che Papa Giovanni Paolo II ha chiamato «genio femminile». Non si tratta di qualcosa che si esprime solamente all’interno delle relazioni sponsale o materna, specifiche del matrimonio, come pretenderebbe un certo romanticismo, ma si estende all’insieme delle relazioni interpersonali e si riferisce a tutte le donne, sposate o nubili. Passa attraverso la vocazione alla maternità, senza che questa si esaurisca nella maternità biologica. In questa, tuttavia, si dimostra una speciale sensibilità della donna alla vita, manifestata con zelo nella fase di maggiore vulnerabilità e nella sua capacità di attenzione e cura nelle relazioni interpersonali.
La maternità non è un peso di cui la donna ha bisogno di liberarsi. Ciò che si esige è che tutta l’organizzazione sociale appoggi e non ostacoli la concretizzazione di questa vocazione, attraverso cui la donna trova la sua piena realizzazione. In particolare, si deve pretendere che l’inserimento della donna all’interno di un’organizzazione lavorativa concepita in funzione degli uomini non sia fatto a discapito della concretizzazione di tale vocazione.
9. L’insostituibile compito del padre
Allo stesso modo, non si può ignorare che l’uomo dà un contributo specifico e insostituibile alla vita familiare e sociale, e adempiendo alla sua vocazione alla paternità, che non è solamente biologica, assumendo la missione che solo il padre può svolgere pienamente. Forse l’ambito in cui più si nota l’assenza di questo contributo è l’educazione, in cui si parla del padre come il «grande assente». Ciò può causare una serie di conseguenze, come il disorientamento esistenziale dei giovani, la tossicodipendenza o la delinquenza giovanile. Se la relazione con la madre è essenziale nei primi anni di vita, allo stesso modo è essenziale la relazione con il padre, affinché il bambino e il giovane si distacchino dalla madre e così crescano come persone autonome. Non basta l’affetto per crescere: sono necessari regole e autorità, che si accentuano grazie al ruolo del padre.
In un contesto in cui si discute la legalizzazione dell’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, non è superfluo sottolineare l’importanza dei compiti del padre e della madre nell’educazione dei bambini e dei giovani: sono compiti insostituibili e complementari. Ciascuna di queste figure aiuta il giovane e il bambino a costruire una propria identità maschile o femminile. La presenza di queste due figure ci aiuta a scoprire tutta questa ricchezza, oltrepassando il limite di ciascuno dei sessi. Un bimbo si sviluppa e prospera nell’interazione congiunta di madre e padre, come appare ovvio e comprovato da studi scientifici.
10. La risposta all’affermazione e alla diffusione dell’ideologia di genere
L’ideologia di genere non si contrasta solo con la visione biblica e cristiana, ma anche con la verità della persona e della sua vocazione. Quest’ideologia pregiudica la realizzazione personale e, a medio termine, defrauda la società. Non esprime la verità della persona ma la distorce ideologicamente.
I cambiamenti legislativi che riflettono la mentalità dell’ideologia di genere — concretamente, la legge che ha ridefinito il matrimonio — non sono irreversibili. E i cittadini e i legislatori che condividono una visione più in linea con l’essere e la dignità della persona e della famiglia sono chiamati a far tutto quanto in loro potere per annullare questi cambiamenti.
Se dovremo assistere all’utilizzo del sistema d’insegnamento per affermare e diffondere questa ideologia, è bene tenere presente il primato dei diritti di padri e di madri sull’orientamento e sull’educazione dei propri figli. L’articolo 26, n. 3, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che «ai genitori spetta la priorità del diritto di scelta sul tipo di educazione dei propri figli». E l’articolo 43, n. 2, della nostra Costituzione stabilisce che «lo Stato non si può attribuire il diritto di programmare l’educazione e la cultura secondo qualunque guida filosofica, estetica, politica, ideologica o religiosa».
Ad ogni modo, la risposta più efficace alle affermazioni e alla diffusione dell’ideologia di genere deve riflettersi in una nuova evangelizzazione.
Si tratta di annunciare il Vangelo come esso è: una buona novella di vita, dell’amore umano, del matrimonio e della famiglia, il che corrisponde alle esigenze più profonde e autentiche di tutte le persone. A questo annuncio sono chiamate, in particolare, le famiglie cristiane, prima di tutto attraverso la propria testimonianza di vita.
Fatima, 14 novembre 2013
Note:
[(1) Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, trad. it., 2 voll., Il Saggiatore, Milano 1961, vol. II. L’esperienza vissuta, p. 15.]
[(2) Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, del 29-6-1995, n. 2.]