Filippo Vari, Cristianità n. 377 (2015)
Audizione del 19-2-2015 presso l’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica sullo Schema di testo unificato corretto proposto dalla relatrice per i disegni di legge nn. 14 e connessi, recante Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. Revisione redazionale.
La premessa da cui prende le mosse questo intervento è il chiaro intento del testo unificato proposto dalla relatrice, sen. Monica Cirinnà, di equiparare l’unione civile e i suoi contraenti al matrimonio e ai coniugi.
Non si parla di matrimonio fra persone dello stesso sesso, forse in ossequio alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ricordato come «l’intera disciplina dell’istituto [matrimoniale] contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversità di sesso dei coniugi, nel quadro di “una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio”» (1), sostanzialmente recepita nell’art. 29 della Costituzione; ma il disegno di legge pone i contraenti l’unione civile sullo stesso piano dei coniugi, con la sola eccezione dell’adozione, secondo un’impostazione che emerge in tutto il testo. È sufficiente, al riguardo, richiamare l’art. 3 dello stesso che parla di equiparazione«per ogni effetto» (2).
1. Le conseguenze dell’equiparazione
Questa equiparazione ha una portata dirompente.
Provo a formulare qualche esempio: in virtù dell’equiparazione ai coniugi, i partner dell’unione civile si vedrebbero senz’altro riconosciuta la pensione di reversibilità, aspetto sul quale tornerò più avanti. Non ci sarebbe, inoltre, da meravigliarsi — considerato l’attivismo giudiziario che contraddistingue, non soltanto nel nostro ordinamento (3), le decisioni sui temi «eticamente sensibili» — se, in via di interpretazione «sistematica», i contraenti l’unione civile venissero ritenuti legittimati ad accedere alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, finora invece preclusa dagli articoli 5 e 12 della legge n. 40 del 2004, recante Norme in materia di procreazione medicalmente assistita (4). Nel disegno di legge non manca un «ambiguo» accenno ai «figli minori dell’unione civile tra persone dello stesso sesso», da distinguersi dai«figli di ciascuna delle parti dell’unione civile» (5).
Inoltre, una volta posta l’unione civile sullo stesso piano della famiglia, non è da escludere che anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ove chiamata in causa, ritenga — perseverando nella linea, da tempo segnalata dalla dottrina, di una certa «aggressività […] della nuova stagione giurisprudenziale […] che sembra curarsi oggi molto meno di un tempo delle peculiarità proprie delle identità nazionali, anche costituzionali, degli Stati membri» (6) — che l’impossibilità per i contraenti l’unione civile di adottare sia contraria alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, «spingendo» (7), così, l’Italia a omologare, anche sotto questo aspetto, il trattamento dell’unione civile al matrimonio.
Dunque il disegno di legge in esame, se approvato, potrebbe addirittura influenzare in maniera determinante la vita dei bambini che nasceranno, in contrasto con quanto previsto dall’art. 30 della Costituzione (8) — il quale presuppone la presenza di un padre e di una madre — e con la giurisprudenza costituzionale, che è sempre stata decisa nel garantire il principio del favor minoris (9), e cioè l’esigenza imprescindibile che la disciplina dettata per i minori abbia — per riprendere le decisioni in materia di adozioni — «[…] come essenziale e dominante obiettivo, l’interesse dei minori ad un ambiente familiare stabile ed armonioso, nel quale essi possano crescere sviluppando la loro personalità in un sano ed equilibrato contesto di vita, affettivo ed educativo» (10).
2. Il matrimonio e la famiglia nel disegno costituzionale
Al di là della specifica problematica dei minori occorre, su un piano più generale, domandarsi se il disegno di legge, nell’equiparare ai coniugi i contraenti l’unione civile, rispetta il disegno costituzionale in tema di matrimonio e famiglia. Per rispondere a questa domanda è necessario prendere le mosse dall’art. 29 della Costituzione, secondo il quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».
Nonostante i tentativi di svalutazione da parte di alcuni autori, che hanno considerato la disposizione «una proposizione impossibile» (11), in essa va rinvenuta una chiara e specifica scelta, e cioè l’affermazione del favor matrimonii, principio di consolidata tradizione giuridica: come evidenziato già da Paolo Barile (1917-2000) — e riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (12) — «i costituenti intesero famiglia e matrimonio come un’endiadi, perché vollero che la tutela costituzionale proteggesse il gruppo sociale nascente dalla società naturale rivestita, per di così, dalla forma del matrimonio» (13). Da questa prospettiva si allontana il disegno di legge, il quale si fonda, invece, sull’idea — espressa si potrebbe dire «solennemente» nell’art. 3, comma 2 — che la famiglia nasce anche dall’unione civile (14).
Al riconoscimento dei «diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», operato in apertura del titolo II della parte I della Costituzione, dedicato ai Rapporti etico-sociali, quest’ultima affianca la previsione, nello stesso titolo (15) e nel successivo III (16), di una fitta rete di diritti fra loro intimamente collegati (17), che accordano alla famiglia, «in una prospettiva di evoluzione della società», una «posizione istituzionale di privilegio» (18).
Dal tessuto costituzionale emerge, dunque, un favor nei confronti del matrimonio e della famiglia (19): ne consegue che, qualora sia necessario per la tutela dei suoi diritti, la Costituzione non solo consente, ma altresì impone al legislatore d’istituire un regime speciale a favore della famiglia, diverso da quello comune, in deroga al principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.
Tale regime si traduce in una serie di privilegi che finiscono per gravare in maniera significativa sulla collettività e possono talora incidere direttamente sui diritti dei privati, pur se terzi rispetto al rapporto matrimoniale. Si considerino, per esempio, le provvidenze e le esenzioni fiscali attribuite alle famiglie, sia pure in misura inferiore rispetto a quanto avviene in altri Stati (20), così come altri istituti, quali la pensione di reversibilità a favore del coniuge (21), misure che comportano un significativo aggravio per il bilancio pubblico a carico della collettività; quanto, poi, agli effetti sui diritti dei terzi privati rispetto al rapporto coniugale, fra i tanti casi basti ricordare quello della riduzione degli atti di disposizione dei beni lesivi della quota legittima di eredità, aspetto su cui incide il disegno di legge in esame.
Ma perché la famiglia è così importante nel disegno costituzionale o, in altri termini, come si giustificano questi privilegi? Essi vengono concessi in ragione non dell’affetto che sussiste fra i coniugi — magari due conviventi o un padre e un figlio si vogliono più bene di marito e moglie che litigano sempre —, ma per la funzione della famiglia nella società: fondamento della vita sociale e civile, secondo una concezione radicata nel tempo, che già Cicerone esprimeva con la locuzione«principium urbis et quasi seminarium rei publicae» (22). Costantino Mortati (1891-1985) parlava, in proposito, di funzione «sociale (anche se non pubblica) della famiglia» (23). La famiglia costituisce, infatti, sotto ogni profilo, il luogo privilegiato di sviluppo e benessere della persona nella sua irripetibile identità e, dunque, di crescita della stessa comunità, intesa come insieme di uomini.
Inoltre, come sottolineavano sempre i romani, dall’unione di un uomo e di una donna discende la procreazione e, conseguentemente, l’educazione della prole (24): la famiglia è «la sede naturale in cui il bambino cresce ed esprime le sue potenzialità, in cui diventa consapevole della propria dignità» (25), il luogo in cui l’essere umano«si forma e dà immediato sviluppo ai suoi diritti più personali (come il diritto alla vita, all’intimità, ecc.)» (26).
Se la famiglia funziona crescono, come regola, cittadini consapevoli non solo dei loro diritti, ma anche dei loro doveri, i quali lavoreranno per pagare le pensioni degli anziani e svolgeranno tutte quelle funzioni necessarie perché la società prosegua la sua storia e una comunità continui a vivere.
Sotto questo profilo aiutare la famiglia costituisce un’importante misura per cercare di risolvere uno dei maggiori fattori della crisi della società contemporanea e dello Stato sociale, il cosiddetto inverno demografico (27): problema tanto antico, quello demografico, che già i Romani affrontavano con il sintagma civitas augescens (28).
3. L’equiparazione dell’unione civile alla famiglia rispetta il disegno costituzionale?
Le considerazioni ora svolte ci sono d’aiuto per rispondere alla domanda iniziale: equiparare l’unione civile e i suoi contraenti al matrimonio e ai coniugi è in linea con quanto previsto dalla Costituzione?
In proposito va, anzitutto, chiarito che il disegno di legge, nell’operare tale omologazione, diversamente da quanto taluni vorrebbero far credere, non ha lo scopo di proteggere specifici diritti fondamentali deipartner, che sono già oggigiorno garantiti nell’ordinamento italiano e non hanno, comunque, nulla a che fare con un pubblico riconoscimento istituzionale delle convivenze: infatti, quale diritto fondamentale dei singoli non può essere garantito dall’ordinamento senza istituire un modello pubblico di convivenza? Né obiettivo del disegno di legge è quello di equiparare ai figli nati nel matrimonio quelli nati fuori dallo stesso, avendo già operato in proposito la Costituzione una sostanziale e opportuna parificazione, attuata poi nella legislazione ordinaria.
Il testo unificato ha piuttosto il fine di assicurare ai contraenti l’unione civile lo stesso regime dei coniugi quanto ai benefici economici previsti dall’ordinamento in connessione al matrimonio. Ma tali benefici, che gravano sulla collettività e danno vita a un regime speciale, derogatorio rispetto al principio di eguaglianza, si giustificano, come detto, per la funzione che la famiglia svolge nella società e non per l’affetto esistente fra i partner, che dovrebbe portare ad estendere analoghi privilegi anche ad altre formazioni sociali caratterizzate da un intenso rapporto affettivo, quale per esempio il caso di due sorelle che abbiano sempre convissuto (29).
Rispetto alla famiglia tanto le convivenze more uxorio, quanto le unioni omosessuali si trovano in posizione diversa, come riconosciuto in linea di principio anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha pur ricondotto entrambe nell’alveo dell’art. 2 della Costituzione (30).
Nel caso di quelle more uxorio risulta decisiva la volontà dei partner, i quali rifiutano di sottoporsi agli obblighi derivanti dal matrimonio — che sono garantiti talora anche da sanzioni penali — e, dunque, versano, per loro scelta, in una situazione profondamente diversa da quella dei coniugi (31).
La Corte Costituzionale ha, pertanto, spesso evidenziato la «[…]profonda diversità che caratterizza la convivenza more uxorio rispetto al rapporto coniugale, tale da impedire l’automatica parificazione delle due situazioni, ai fini di una identità di trattamento fra i rispettivi regimi» (32).
Fra le tante decisioni si può ricordare la sentenza n. 8 del 1996, in cui il giudice delle leggi ha ribadito che la distinzione tra famiglia e convivenza consente di porre «[…] le premesse per una considerazione giuridica dei rapporti personali e patrimoniali di coppia nelle due diverse situazioni, considerazione la quale — fermi in ogni caso i doveri e i diritti che ne derivano verso i figli e i terzi — tenga presente e quindi rispetti il maggior spazio da riconoscersi, nella convivenza, alla soggettività individuale dei conviventi; e viceversa dia, nel rapporto di coniugio, maggior rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzione sovraindividuale» (33).
In successive occasioni il giudice delle leggi, coerentemente con l’orientamento sopra riferito, ha escluso la possibilità di far ricorso all’analogia per l’applicazione, alle unioni more uxorio, della disciplina prevista per le famiglie fondate sul matrimonio, in quanto l’analogia«[…] presuppone la similarità delle situazioni, la quale, oltre a non essere presente tra il rapporto coniugale e quello di mera convivenza in sé considerati, non è voluta dalle stesse parti, che nel preferire un rapporto di fatto hanno dimostrato di non voler assumere i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio». Di qui la conclusione che «la imposizione di norme, applicate in via analogica, a coloro che non hanno voluto assumere i diritti e i doveri inerenti al rapporto coniugale si potrebbe tradurre in una inammissibile violazione della libertà di scelta tra matrimonio e forme di convivenza» (34).
Di questa libertà non sembra tenere conto il testo in esame nella parte in cui vuole applicare ai conviventi alcuni doveri conseguenti alla conclusione del matrimonio (35).
Allo stesso modo l’attribuzione dei richiamati privilegi di cui gode la famiglia è priva di ragionevole giustificazione per coloro che sono legati da forme di convivenza che, non essendo basate sul dimorfismo sessuale, svolgono nella società una funzione diversa da quella propria della prima (36) — che sola giustifica il regime speciale di cui gode nell’ordinamento — e si trovano, dunque, in una situazione differente rispetto alla stessa.
Queste conclusioni sono avvalorate dal fatto che estendere i benefici previsti per il matrimonio ad altre forme di convivenza, come vorrebbe il testo unificato in esame, finirebbe per svilire il significato della preferenza costituzionale per la famiglia.
Si pensi, ad esempio, all’assegnazione degli alloggi di edilizia popolare: se le unioni civili o le convivenze registrate venissero poste sullo stesso piano della famiglia, come vuole il disegno di legge de quo (37), la preferenza per quest’ultima verrebbe meno. Si considerino, inoltre, le ingenti somme necessarie per equiparare i contraenti l’unione civile ai coniugi quanto al godimento di alcuni privilegi degli stessi, come la pensione di reversibilità, la quale è un’eccezione all’ordinario regime che — repetita iuvant — si giustifica esclusivamente sulla base della funzione sociale della famiglia. Come possono rinvenirsi i fondi per equiparare sotto questo profilo i contraenti l’unione civile ai coniugi? O attraverso un inasprimento della leva fiscale, che in ultima analisi finisce per incidere anche sui redditi a disposizione delle famiglie; o attraverso lo storno di risorse che potrebbero essere, invece, utilizzate per realizzare il disegno costituzionale in materia di promozione della famiglia, la cui sostanziale inattuazione non ha bisogno di alcun commento (38).
Né si può eludere il problema dando un riconoscimento pubblico alle convivenze senza però equipararle, quanto al godimento dei diritti sociali, alla famiglia. Infatti, una volta dato un tale riconoscimento alle convivenze, il diritto dell’Unione Europea impone, in alcune circostanze, di garantire alle stesse i benefici propri della famiglia fondata sul matrimonio (39).
4. A proposito: dov’è la norma sulla copertura finanziaria?
Stupisce, in conclusione, che di queste problematiche il testo unificato non abbia tenuto adeguatamente conto, come emerge dal fatto che esso, pur aspirando a rimodellare il regime di famiglia e convivenze, non contiene nessuna indicazione sulla sua copertura finanziaria. Si tratta, forse, di una forma di reticenza del legislatore di un Paese in cui le istituzioni fanno ancora poco per la famiglia, come ci ricorda la vicenda della normativa fiscale: la sua iniquità è stata da anni denunciata dalla Corte Costituzionale (40), ma tale grave situazione non è stata risolta dalla politica per ragioni economiche…
Note:
(1) Cfr. Corte Costituzionale, Sentenza 15 aprile 2010 n. 138, inGiurisprudenza costituzionale (Giur. Cost.), anno 55, fasc. 2, Milano marzo-aprile 2010, pp. 1604-1628, con nota di Roberto Romboli, Il diritto «consentito» al matrimonio ed il diritto «garantito» alla vita familiare per le coppie omosessuali in una pronuncia in cui la Corte dice «troppo» e «troppo poco» (pp. 1629-1642). Sulla decisione della Corte cfr., inoltre, Vincenzo Tondi della Mura, Le coppie omosessuali fra il vincolo (elastico?) delle parole e l’artificio della «libertà», inFederalismi.it. Rivista di Diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, anno VIII, n. 17, Roma 22-9-2010, consultabile all’indirizzo Internet: <http:// www.federalismi.it/ ApplOpenFilePDF.cfm?artid= 16870&dpath= document&dfile= 21092010124459.pdf&content= Le+coppie+omosessuali+ fra+il+vincolo+(elastico?) +delle+parole+ e+l’artificio+della+’libert%C3%A0’+ -+stato+-+dottrina+-> (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 13-7-2015); Michele Costantino, Individui, gruppi e coppie (libertà illusioni passatempi), in Il Foro italiano, anno 135, n. 6, Roma giugno 2010, parte I, pp. 1701-1706; e Andrea Pugiotto, Una lettura non reticente della sent. n. 138/2010: il monopolio eterosessuale del matrimonio, nelForum di Quaderni costituzionali, all’indirizzo <http:// www.forumcostituzionale.it/ wordpress/ images/ stories/ pdf/ documenti_forum/ paper/ 0226_pugiotto.pdf>. Sia, inoltre, consentito il rinvio al mio Il soliloquio del giudice a Babele ovvero il tentativo della Cassazione di equiparare il regime costituzionale di famiglia, convivenze more uxorio e unioni omosessuali, in Federalismi.it. Rivista di Diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, anno XI, n. 15, Roma 24-7-2013, consultabile all’indirizzo Internet: <http://www.federalismi.it/ ApplOpenFilePDF.cfm?artid= 22942&dpath= document&dfile= 23072013175414.pdf&content= Il+soliloquio +del+giudice+ a+Babele+ ovvero+il+tentativo+ della+Cassazione+ di+equiparare+ il+regime+costituzionale+ di+famiglia,+convivenze+ more+uxorio+ e+unioni+omosessuali+ -+stato+-+dottrina+-+>. Al riguardo, ancor più chiaramente, cfr. Corte Costituzionale, Sentenza 11 giugno 2014 n. 170, in Giur. Cost., anno 59, fasc. 3, Milano maggio-giugno 2014, pp. 2694-2706: sul punto cfr. l’audizione del 14-1-2015, davanti a questa Commissione, di Marilisa D’Amico, all’indirizzo Internet: <http:// www.marilisadamico.it/ wp-content/ uploads/ 2015/01/ AUDIZIONE-PROF-DAMICO.pdf>.
(2) Cfr. anche l’art. 7, comma 1, lett. b), del testo, secondo il quale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il Governo è delegato ad adottare «un decreto legislativo» volto alla modifica e al riordino«delle norme in materia di diritto privato internazionale, prevedendo i criteri di applicazione della disciplina della unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo».
(3) Cfr. Robert P.[eter] George, Introduction, in Idem (a cura di),Great Cases in Constitutional Law, Princeton (New Jersey) 2000, pp. 3-14.
(4) Sui quali cfr. Carlo Casini, Marina Casini e Maria Luisa Di Pietro, La legge 19 febbraio 2004, n. 40. «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita». Commentario, Giappichelli, Torino 2004.
(5) Cfr. art. 1, comma 4, del disegno di legge.
(6) Oreste Pollicino, Margine di apprezzamento, art 10, c.1, Cost. e bilanciamento «bidirezionale»: evoluzione o svolta nei rapporti tra diritto interno e diritto convenzionale nelle due decisioni nn. 311 e 317 del 2009 della Corte costituzionale?, nel Forum di Quaderni costituzionali, all’indirizzo Internet: <http:// www.forumcostituzionale.it/ wordpress/ images/ stories/ pdf/ documenti_forum/ giurisprudenza/ 2009/0031_nota_311_317_2009_pollicino.pdf>; e Idem, Corti europee e allargamento dell’Europa: evoluzioni giurisprudenziali e riflessi ordinamentali, in Il Diritto dell’Unione Europea, anno 14, n. 1, Milano gennaio 2009, pp. 1-45.
(7) Sull’efficacia delle decisione della Corte europea nel diritto italiano sia consentito il rinvio al mio A cinque anni dalle sentenze gemelle, inQuaderni costituzionali, anno 32, fasc. 4, Bologna dicembre 2012, pp. 878-880.
(8) Sul quale cfr. Mario Bessone, Art. 29-31, in Rapporti etico-sociali. Art. 29-34, vol. 3 del Commentario della Costituzione, a cura di Giuseppe Branca (1907-1987), 30 voll., Zanichelli-Società editrice del Foro Italiano, Bologna-Roma 1976, vol. III, pp. 1-145; Giovanni Giacobbe, La famiglia nell’ordinamento giuridico italiano. Materiali per una ricerca, Giappichelli, Torino 2006, p. 65; Aldo M.[aria] Sandulli (1915-1984), Art. 30 Cost., in Giorgio Cian-Giorgio Oppo (1916-2008), Alberto Trabucchi (1907-1998) (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, 8 voll. in 9 tomi, CEDAM, Padova 1992, vol. I, pp. 35-71.
(9) Sul quale cfr. M. Bessone, Art. 29-31, cit.
(10) Corte Costituzionale, Sentenza (13 luglio 1995) 24 luglio 1995 n. 361, in Giur. Cost., anno 40, fasc. 4, Milano luglio-agosto 1995, pp. 2689-2694 (p. 2692). Sul punto cfr. Massimo Luciani, I rapporti etico-sociali. Articoli 29-34, in Guido Neppi Modona (a cura di), Stato della Costituzione, Milano 1998, pp. 149-160 (p. 154).
(11) Così Roberto Bin, La famiglia: alla radice di un ossimoro, inStudium Iuris, anno VI, Padova 2000, n. 10, pp. 1066-1071. Per critiche di analogo tenore già nell’Assemblea Costituente, cfr. l’intervento di Piero Calamandrei (1889-1956), in Atti Assemblea costituente, seduta del 23-4-1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, a cura del Segretariato Generale della Camera dei deputati, Roma 1970, vol. II, p. 1201.
(12) Cfr., in particolare, Corte Costituzionale, Sentenza (13 novembre 1986) 18 novembre 1986 n. 237, in Giur. Cost., anno 31, parte I, fasc. 2, Milano 1986, pp. 2056-2063.
(13) Paolo Barile, La famiglia di fatto: osservazioni di un costituzionalista, in La famiglia di fatto. Atti del Convegno nazionale(Pontremoli [MS] 27/30-5-1976), Tarantola Montereggio (Parma) 1977, pp. 41-52 (p. 44).
(14) A suffragare tale impostazione non può valere il richiamo ad alcune decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che invece riconducono le convivenze tra persone dello stesso sesso nell’ambito di applicazione dell’art. 8 della CEDU: sul punto sia consentito il rinvio al mio, Il soliloquio del giudice a Babele ovvero il tentativo della Cassazione di equiparare il regime costituzionale di famiglia, convivenze more uxorio e unioni omosessuali, cit.
(15) In particolare cfr. gli articoli 29, comma 2, 30, 31 e 34, comma 4.
(16) Cfr. gli articoli 36, comma 1, e 37, comma 1.
(17) Sul collegamento fra tali disposizioni, cfr. già Carlo Esposito (1902-1964), La Costituzione italiana. Saggi, CEDAM, Padova 1954, pp. 144 ss.
(18) M. Bessone, Art. 29-31, cit., p. 1.
(19) Sul quale cfr., fra i tanti, C. Esposito, op. cit., p. 138; Pier Francesco Grossi, La famiglia nella evoluzione della giurisprudenza costituzionale, in Giuseppe dalla Torre (a cura di), La famiglia nel diritto pubblico, Studium, Roma 1996, p. 7; e Fausto Cuocolo (1930-2006), voce Famiglia. I) Profili costituzionali, in Enciclopedia giuridica, 37 voll., Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1989, vol. XV, pp. 1-5 (p. 4).
(20) Cfr. in particolare le cifre riportate nella Banca dati dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, Family database, disponibile all’indirizzo Internet: <http://www.oecd.org/social/family/database.htm>.
(21) Sul punto cfr. Lorenza Violini, Il riconoscimento delle coppie di fatto: praeter o contra constitutionem?, nel Forum di Quaderni Costituzionali, all’indirizzo Internet: <http:// www.forumcostituzionale.it/ wordpress/ images/ stories/ pdf/ nuovi%20pdf/ temi_attualita/ diritti_liberta/ 0003_violini.pdf>.
(22) Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.), De officiis, I, 17, 54, trad. it., in Idem, Opere politiche e filosofiche, vol. I, Lo Stato, le leggi, i doveri, UTET. Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1986, p. 613.
(23) Costantino Mortati, Istituzioni di Diritto pubblico, CEDAM, Padova 1976, p. 1165. Cfr. Francesco Santoro-Passarelli (1902-1995), Il governo della famiglia, 1953, ora in Idem, Saggi di diritto civile, Jovene, Napoli 1961, vol. I, pp. 381-568 (pp. 401-420); Antonio Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, Torino 1997, p. 184; e V. Tondi della Mura, Famiglia e sussidiarietà, ovvero: dei diritti (sociali) della famiglia, in Diritto e società, anno 33, n. 4, Padova ottobre-dicembre 2005, pp. 519-560.
(24) Cfr. Digesto, 1.1.1.3., sul quale cfr. Wolfgang Waldstein, Ins Herz geschrieben: Das Naturrecht als Fundament einer menschlichen Gesellschaft, Augusta 2010, trad. it., Scritto nel cuore. Il diritto naturale come fondamento di una società umana, Giappichelli, Torino 2014; e Maria Pia Baccari, Curator ventris. Il concepito, la donna e lares publica tra storia e attualità, Giappichelli, Torino 2012, pp. 86 ss.
(25) Aldo Loiodice, La Costituzione italiana tra apertura al diritto naturale e sua codificazione, in Civiltà Europea, anno 2, n. 2, Roma 2009, pp. 167-178 (p. 174).
(26) A. Baldassarre, op. cit., p. 184.
(27) Cfr. Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana (a cura di), Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia, con prefazione di Camillo Ruini, Laterza, Bari-Roma 2011; e i contributi pubblicati in Aspenia, anno 15, n. 44, L’età delle nazioni, Roma marzo 2009.
(28) Sul quale cfr. M. P. Baccari, Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Giappichelli, Torino 2011.
(29) Cfr. Enrico Del Prato, I patti di convivenza, in Familia. Rivista di diritto della famiglia e delle successioni in Europa, anno 2, n. 4, Milano ottobre-dicembre 2002, pp. 959-990 (p. 965).
(30) Sul punto sia consentito rinviare al mio Il soliloquio del giudice a Babele ovvero il tentativo della Cassazione di equiparare il regime costituzionale di famiglia, convivenze more uxorio e unioni omosessuali, cit.
(31) Cfr. A. Trabucchi, Morte della famiglia o famiglia senza famiglie?, in Una legislazione per la famiglia di fatto?, Atti del Convegno della Facoltà di Giurisprudenza della II Università degli studi di Roma, 3-12-1987, ESI. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-Roma 1988, pp. 9-30 (p. 26).
(32) Così da ultimo Corte Costituzionale, Ordinanza 11 gennaio 2010 n. 7, in Giur. Cost., anno 55, fasc. 1, Milano gennaio-febbraio 2010, pp. 109-111, con osservazione di Luigi Principato, Il diritto all’abitazione del convivente more uxorio e la tutela costituzionale della famiglia,anche fondata sul matrimonio (pp. 113-124). Al riguardo cfr. anche Corte costituzionale, Ordinanza (11 luglio 2000) 20 luglio 2000 n. 313, in Giur. Cost., anno 45, fasc. 4, Milano luglio-agosto 2000, pp. 2367-2370. Sul punto cfr. P. F. Grossi, Lineamenti di una disciplina della famiglia nella evoluzione costituzionale italiana, in Idem, Il diritto costituzionale tra principi di libertà e istituzioni, CEDAM, Padova 2008, pp. 155-180. Sia, inoltre, consentito il rinvio, anche per numerosi richiami alla giurisprudenza costituzionale, al mio Contributo allo studio della famiglia nella Costituzione italiana, Cacucci, Bari 2004, I, pp. 93 ss.
(33) Corte Costituzionale, Sentenza (11 gennaio 1996) 18 gennaio 1996 n. 8, in Giur. Cost., anno 41, fasc. 1, Milano gennaio-febbraio 1996, pp. 81-90 (pp. 85-86). Su tale decisione cfr. ora i rilievi di Piero Alberto Capotosti (1942-2014), Matrimonio tra persone dello stesso sesso: infondatezza versus inammissibilità nella sentenza n. 138 del 2010, inQuaderni costituzionali, anno 30, n. 2, Bologna giugno 2010, pp. 361-363.
(34) Corte Costituzionale, Sentenza (6 maggio 1998) 13 maggio 1998 n. 166, in Giur. Cost., anno 43, fasc. 2, Milano marzo-aprile 1998, pp. 1419-1427 (p. 1424). Nello stesso senso, in dottrina, cfr. Enrico Quadri, Rilevanza attuale della famiglia di fatto ed esigenze di regolamentazione, in Il diritto della famiglia e delle persone, anno XXIII, n. 1, Milano 1994, pp. 288-303 (p. 296).
(35) Cfr. l’art. 13 del testo unificato, sull’obbligo alimentare.
(36) Sul punto cfr. le osservazioni di L. Violini, op. cit.
(37) Cfr. art. 12 del testo unificato.
(38) Cfr. la Banca dati dell’OCSE, Family database, cit.
(39) Al riguardo cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 1°-4-2008, C-267/06, Tadao Maruko, all’indirizzo Internet: <http:// curia.europa.eu/ juris/ document/ document.jsf?docid=70854&doclang=IT>, e sentenza 10-5-2011, C-147/08, Römerall’indirizzo Internet: <http:// curia.europa.eu/ juris/ document/ document.jsf?text= &docid= 80921&pageIndex= 0&doclang= it&mode= lst&dir= &occ= first&part= 1&cid= 426151>.
(40) Cfr. Corte Costituzionale, Sentenza (13 luglio 1995) 24 luglio 1995 n. 358, in Giur. Cost., fasc. 4, cit., pp. 2645-2450. Sul tema cfr. Maria Antonietta Grippa Salvetti, voce Famiglia (Dir. trib.), in Dizionario di diritto pubblico, diretto da Sabino Cassese, Milano 2006, vol. III, pp. 2437-2440). Sul punto cfr. Pietro Selicato, Le imposte sul reddito delle persone fisiche in Italia, in Alessandro Balestrino, Emma Galli e L. Spataro (a cura di), Scienza delle finanze, Torino, in corso di pubblicazione.