« Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà [Sal 69,10]. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù » (Gv 2,13-22)
L’episodio della purificazione del Tempio è raccontato da tutti e quattro gli evangelisti (Mt 21,12-13; Mc 11,15-17; Lc 19,45-46). Con una differenza però: mentre Giovanni lo pone all’inizio del ministero di Gesù, gli altri tre lo mettono alla fine. Ci sono due spiegazioni possibili: tutti narrano lo stesso episodio mettendolo alla fine o all’inizio per ragioni teologiche; oppure Gesù ha compiuto due volte lo stesso gesto. Da un punto di vista storico (il Tempio è stato incominciato 46 anni fa) sembrerebbe più esatta la collocazione di Giovanni. In ogni caso esso segue immediatamente il miracolo di Cana per ribadire lo stesso concetto: Gesù instaura una Nuova Alleanza che supera l’Antica. La sua ira ha di mira i mercanti che occupano il cortile dei gentili e derubano gli ebrei del loro denaro proponendo cambi gonfiati e i gentili di un luogo appropriato per la preghiera e l’adorazione. « Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria quaranta giorni dopo la nascita [cfr. Lc 2,22-39]. All’età di dodici anni decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve occuparsi delle cose del Padre suo [cfr. Lc 2,46-49]. Vi è salito ogni anno, almeno per la Pasqua, durante la sua vita nascosta [cfr. Lc 2,41]; lo stesso suo ministero pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste giudaiche [cfr. Gv 2,13-14; Gv 5,1; Gv 2,14; Gv 7,1; Gv 2,10; Gv 2,14; Gv 8,2; Gv 10,22-23]. Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell’incontro con Dio. Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un luogo di commercio [cfr. Mt 21,13]. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è spinto dall’amore geloso per il Padre suo: “Non fate della casa di mio Padre un luogo di mercato. I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,16-17). Dopo la sua Risurrezione, gli Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio [cfr. At 2,46; At 3,1; At 5,20-21; ecc]. Alla vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione di questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra [cfr. Mt 24,1-2]. In ciò vi è l’annunzio di un segno degli ultimi tempi che stanno per iniziare con la sua Pasqua [cfr. Mt 24,3; Lc 13,35]. Ma questa profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote [cfr. Mc 14,57-58] e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla croce [cfr. Mt 27,39-40]. Lungi dall’essere stato ostile al Tempio [cfr. Mt 8,4; Mt 23,21; Lc 17,14; Gv 4,22] dove ha dato l’essenziale del suo insegnamento [cfr. Gv 18,20], Gesù ha voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro [cfr. Mt 17,24-27], che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe stata la sua Chiesa [cfr. Mt 16,18]. Ancor più, egli si è identificato con il Tempio presentandosi come la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini [cfr. Gv 2,21; Mt 12,6]. Per questo la sua uccisione nel corpo [cfr. Gv 2,18-22] annunzia la distruzione del Tempio, distruzione che manifesterà l’entrata in una nuova età della storia della salvezza: “È giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre” (Gv 4,21) [cfr. Gv 4,23-24; Mt 27,51; Eb 9,11; Ap 21,22] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 583-586). Il tempo dei sacrifici di animali è ormai finito e con esso anche il tempo della separazione tra ebrei e pagani; ormai tutti devono poter adorare e pregare in Spirito e verità. Il vecchio Tempio, come luogo in cui Dio abita, è ormai prossimo alla fine; il nuovo Tempio è ormai giunto, è il corpo di Gesù, che – una volta morto e resuscitato – sarà reso presente dallo Spirito Santo ovunque per essere presenza di Dio con noi e sacrificio perfetto sempre a Dio gradito (Ml 1,11: « Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fà un’offerta pura – mincha tehorah»). I Padri della Chiesa (Origene) hanno proposto una utilissima e profonda interpretazione morale: il Tempio è la nostra anima indisciplinata, piena non di mercanti e di animali, ma di attaccamenti terreni e carnali. Se permettiamo a Gesù di entrare (Ap 3,20: « Ecco sto alla porta e busso ») lui li caccia via con la sua Parola di vita per rendere la nostra adorazione possibile. Ecco perché abbiamo paura: se facciamo entrare Gesù lui fa le pulizie e butta via le cose a cui noi siamo tanto (troppo) attaccati… « Non abbiate paura di Cristo! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! » (san Giovanni Paolo II).