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“A dieci mesi dalla fatwa, Mila è minacciata di morte ogni giorno”

19 Ottobre 2020 - Autore: Alleanza Cattolica

Da Il Foglio del 17/10/2020. Foto da articolo

“Affare Mila: una sconfitta francese”. E’ la terribile inchiesta-copertina del settimanale Point. L’avevamo lasciata, a gennaio, che fuggiva da scuola, protetta dalla polizia, dopo un litigio sui social e la critica, da omosessuale, all’islam. Dieci mesi dopo, questa sedicenne di un liceo francese di provincia vive come Salman Rushdie (il presidente Emmanuel Macron ne aveva difeso il diritto alla blasfemia). Il resoconto di Nicolas Bastuck sul Point è inquietante. “E’ costantemente perseguitata”, dicono i genitori di Mila. Per la sua sicurezza le hanno imposto una quarantena digitale. I suoi account Instagram e Twitter non sono attivi; su Snapchat, Mila comunica solo in “privato”. Quest’estate, il preside del liceo che ora frequenta aveva notato immagini umoristiche sull’islam e foto di lei in costume. “La scuola ha chiesto ai miei genitori di far rimuovere tutto”, racconta Mila.

Ogni giorno la stessa musica. Le augurano di “morire all’inferno”, di “spogliarla sulla pubblica piazza”, di “seppellirla viva”, di farle “inghiottire i suoi organi”, di “sfigurarla con l’acido dopo averla violentata in una cantina”. La minacciano in branchi, le danno la caccia. “Ricevo minacce di morte ogni giorno”, ha detto Mila.

Il 15 agosto, uno dei partecipanti al corso di lingua della sua scuola l’ha vista mentre era a cena con un amico, a Malta. “Il ragazzo mi ha chiesto se fossi Mila”, racconta la ragazza. Ha risposto di sì. Così ha iniziato a insultarla. “Mi ha chiesto se fossi orgogliosa di quello che avevo fatto. Sì, anche molto orgogliosa”. Il ragazzo ha risposto: “Non farti rivedere, altrimenti ti strangolerò e violenterò tua madre!”. Ha giurato sul Corano e su Allah. “Mi ha anche detto che avrebbe rivelato la mia posizione sul suo account Snapchat”. “Questa ragazza di 16 anni, con tutto quello che ha vissuto, non si arrende, è di una integrità toccante”, dice il suo avvocato, Richard Malka, che è anche il legale di Charlie Hebdo.


Mila è tornata in classe, in una struttura il cui indirizzo è tenuto segreto, come la redazione di Charlie, e lontano dal liceo Léonard de Vinci di Villefontaine da dove era stata esfiltrata dopo la diretta del 18 gennaio su Instagram (esfiltrata come è appena successo a una delle giornaliste di Charlie). Quando il liceo ha finalmente accettato di accogliere la figlia, i genitori di Mila hanno firmato un documento in cui si sono impegnati a non parlare pubblicamente.


Al suo vecchio liceo, il Point raccoglie voci di approvazione fra gli studenti per le minacce di morte a Mila. “Ha ottenuto ciò che si meritava, ecco tutto”, dice un ex compagno di classe. Il suo fidanzato, Bruno, testimonia: “Dopo la sua storia, molte scuole superiori si sono rifiutate di ospitarla per paura di rappresaglie e lei è finita qui. Per me questo non è normale: è discriminazione”. Mila ha perso molti amici, dice Bruno. Dopo il video, molti si sono allontanati. “Io stesso ne ho subito le conseguenze. Alcuni mi dicono: ‘La tua ragazza è una cagna, merita di morire”’. Mila si nasconde.


La scrittrice Élisabeth Badinter accusa il femminismo per averla lasciata sola. “Ci siamo subito arresi alle prime manifestazioni di islamismo politico, nel 1989, a Creil. Quando tre ragazze chiesero di indossare il velo islamico nelle scuole pubbliche, tutta la sinistra disse, in nome della tolleranza, che dovevamo cedere ai loro diktat. Tra le ragazze di Creil e la persecuzione di Mila c’è la continuità della nostra sottomissione. Sono convinta che se avessimo saputo dire di no, non saremmo qui. Chinarono tutti la testa per paura di apparire razzisti o per mecenatismo. Sono sorpresa che molte attiviste femministe non siano preoccupate. Il loro silenzio è un brutto segno”. Badinter ha tre spiegazioni: “Paura, indifferenza o, peggio, l’approvazione di chi insegue Mila”.


Mila è destinata a vivere in libertà vigilata, come se fosse l’autrice e non la vittima del reato. Per tanti è un po’ così. Se l’è cercata. E poi si può dire “Gesù gay” in tv, ma l’islam non si tocca.


Giulio Meotti

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