La preghiera che Bartimeo, il cieco risanato del Vangelo, insegna ai missionari del XXI secolo
di Michele Brambilla
«Il Vangelo della liturgia di oggi», spiega Papa Francesco nell’introduzione all’Angelus del 24 ottobre, «narra di Gesù che, uscendo da Gerico, ridona la vista a Bartimeo, un cieco che mendica lungo la strada (cfr Mc 10,46-52)». Come ricorda il Pontefice, «Bartimeo aveva perso la vista, ma non la voce! Infatti, quando sente che sta per passare Gesù, inizia a gridare: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”»: un inaspettato riconoscimento messianico, che ci fa toccare con mano la fede profonda del mendicante.
In proposito, il Papa osserva che quella di Bartimeo «non è una preghiera timida, convenzionale. Anzitutto chiama il Signore “Figlio di Davide”: cioè lo riconosce Messia, Re che viene nel mondo. Poi lo chiama per nome, con confidenza: “Gesù”. Non ha paura di Lui, non prende le distanze. E così, dal cuore, grida al Dio amico tutto il suo dramma». Poteva chiedere l’elemosina, come di consueto, invece «No. A Colui che può tutto chiede tutto»: non solo la guarigione dalla cecità fisica, ma anche e soprattutto la Salvezza eterna. Infatti, una volta riacquistata la vista, Bartimeo diventa discepolo di Gesù.
«Bartimeo», dice il Papa, «non usa tante parole. Dice l’essenziale e si affida all’amore di Dio», il che fa sorgere spontanea la domanda: «“Come va la mia preghiera?”. Ognuno di noi si domandi: “Come va la mia preghiera?”. È coraggiosa, ha l’insistenza buona di quella di Bartimeo, sa “afferrare” il Signore che passa, oppure si accontenta di fargli un salutino formale ogni tanto, quando mi ricordo? Quelle preghiere tiepide che non aiutano per niente. E poi: la mia preghiera è “sostanziosa”, mette a nudo il cuore davanti al Signore? Gli porto la storia e i volti della mia vita? Oppure è anemica, superficiale, fatta di rituali senza affetto e senza cuore? Quando la fede è viva», rimarca il Santo Padre, «la preghiera è accorata: non mendica spiccioli, non si riduce ai bisogni del momento. A Gesù, che può tutto, va chiesto tutto».
La «preghiera del povero» è il tipo di preghiera che si addice ai missionari della nuova evangelizzazione. Nella ricorrenza della Giornata missionaria mondiale e all’indomani della beatificazione di Lucia dell’Immacolata (1909-54) e della giovane Sandra Sabattini (1961-84), il Papa esorta: «oggi, Giornata Missionaria Mondiale, guardiamo a questi due nuovi Beati come a testimoni che hanno annunciato il Vangelo con la loro vita. E con gratitudine rivolgo il mio saluto ai tanti missionari e missionarie – sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici – che in prima linea spendono le loro energie al servizio della Chiesa, pagando in prima persona – a volte a caro prezzo – la loro testimonianza. E lo fanno non per fare proselitismo, ma per testimoniare il Vangelo nella loro vita nelle terre che non conoscono Gesù. Grazie tante ai missionari».
Ad ulteriore sottolineatura dell’universalità della Chiesa, il Pontefice saluta con calore i molti peruviani presenti in piazza S. Pietro e anticipa che «anche il Presepio di quest’anno», quello tradizionalmente allestito ai piedi dell’obelisco, «sarà della comunità peruviana». Non dimentica neppure la tragedia delle migrazioni: «esprimo la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi».
Lunedì, 25 ottobre 2021