Da La bianca Torre di Ecthelion del 07/05/2018. Foto da articolo
L’Iowa è uno Stato del Midwest nordamericano che deve il nome agl’“indiani” omonimi di ceppo Sioux. La sua capitale si chiama Des Moines, un reperto francese che gli statunitensi pronunciano all’inglese, cioè quasi così come si scrive. In origine si chiamava infatti Fort des moines, avamposto degli esploratori e dei commercianti di pellicce francesi. L’Iowa era infatti parte integrante di quel colosso che allora era la Louisiana della Corona borbonica di Francia, un territorio vastissimo ben più grande dello Stato affacciato sul Golfo del Messico che oggi porta quel nome, quasi un terzo degli Stati Uniti attali. La regione fu infatti esplorata, colonizzata ed evangelizzata scendendo dai Grandi Laghi a nord, cioè dal Canada, e venne inquadrata ufficialmente nella Nouvelle France. Poi passò agli spagnoli come parte della Nueva España nel 1763, ma tornò ancora francese nel 1800. Forte dei monaci: si chiamava così la capitale per via del corso d’acqua che scorre poco distante, chiamato appunto “Fiume dei monaci”, e questo perché lì vi si erano insediati i trappisti. Negli Stati Uniti protestanti le vestigia di uno splendido passato cattolico che non deve passare ricordano storie meravigliose. Storie che nonostante tutto continuano anche oggi, certamente in virtù di un genius lociche, pur nel relativismo imperante, sotto forma di angelo delle nazioni e dei popoli lì tiene ancora botta.
Mercoledì 2 maggio, l’Assemblea generale dell’Iowa – cioè il parlamento bicamerale dello Stato – ha varato la più grande restrizione legislativa in tema di aborto di tutti gli Stati Uniti d’America. Poco dopo le 11,00 di sera, ora locale, la Camera dei deputati ha approvato la proposta di leggepresentata in questo senso con 51 voti a favore contro 46 (nella “Camera bassa” dell’Iowa i Repubblicani sono 59 e i Democratici 41). Quindi, appena prima delle 2,30 del mattino di giovedì, il Senato ha approvato la medesima proposta con 29 voti a favore e 17 contrari (nella “Camera alta” i Repubblicani sono 29 e i Democratici 20). Il giorno seguente, venerdì, il governatore dell’Iowa Kim Reynolds – in carica dal 2017, Repubblicana, classe 1959, sposata dal 1982, madre di tre e nonna di nove, e convinta che l’aborto sia un omicidio – ha firmato la legge. Ora nello Stato la cui capitale rende omaggio all’evangelizzazione dei trappisti l’aborto è vietato dal momento in cui si rileva il battito cardiaco del bambino nel grembo della madre.
Il senatore Rick Bertrand, durante la discussione in aula, aveva commentato: «Questa legge sarà il veicolo che alla fine porterà il cambiamento e che fornirà l’opportunità per ribaltare la sentenza nel caso Roe v. Wade», quella con cui, nel 1973, la Corte Suprema federale, con un colpo di mano inaudito, abrogò tutte le leggi a tutela della vita umana nascente che vigevano allora negli Stati dell’Unione nordamericana, legalizzando ovunque l’aborto. «Non c’è nulla di nascosto nella nostra agenda», ha proseguito il senatore. «Lo sapete, oggi il movimento pro-life ha vinto una battaglia, ma la guerra imperversa. Colleghi Repubblicani, questo è il voto della vostra carriera».
Il giorno stesso della firma della legge da parte de governatore Reynolds, la Planned Parenthood, il maggior abortificio del mondo, ha annunciato ricorso in tribunale. Il pericolo per la vita sta qui. Se infatti diversi Stati nordamericani stanno restringendo progressivamente l’accesso all’aborto, come rileva l’Alan Guttmacher Institute, che è la costola scientifica della Planned Parenthood, poi succede che interviene la censura dei giudici. I casi del North Dakota e dell’Arkansas sono sintomatici: i due Stati hanno in passato varato legislazioni restrittive, ma i tribunali le hanno cancellate. Aveva insomma visto lungo e giusto, Phyllis S. Schlafly (1924-2016), donna straordinaria, madrina del movimento pro-family statunitense, denunciando, anni fa, la tirannia della magistratura nel bel libro The Supremacists: The Tyranny of Judges and How to Stop It (Spence, Dallas 2004) e contribuendo alla raccolta di saggi Judicial Tyranny: The New Kings of America?(Amerisearch, St. Luois2005) curata da Mark I. Sutherland.
Ma qui sta la notizia nella notizia. La Corte Suprema federale è oggi conformata così: dei nove giudici eletti a vita, quatto sono liberal (Stephen Breyer, Ruth Bader Ginsburg, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan) e quattro sono conservatori (il presidente John G. Robert, Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil M. Gorsuch) più il cattolico ondivago che vota cronicamente dalla parte sbagliata, cioè con i liberal, Anthony Kennedy. Corre però voce che in estate Kennedy potrebbe dimettersi, cosa che è di per sé possibile fare solo per comprovati motivi di salute, e questo darebbe la possibilità al presidente Donald J. Trump di nominare un nuovo giudice assolutamente pro-life come già ha fatto quando ne ha avuto l’occasione, ovvero nominando Gorsuch un anno fa.
Insomma, non è per nulla finita. Ma oggi è un giorno migliore, grazie all’Iowa e al suo spirito indomito. E domani potrebbe persino essere meglio.
Marco Respinti