L’Epifania ci ricorda l’universalità della Salvezza portata da Cristo. Il Papa torna a chiedere un maggiore spirito di adorazione nella Chiesa
di Michele Brambilla
Papa Francesco sigilla, il 6 gennaio, queste strane festività natalizie con una Messa in S. Pietro e il consueto Angelus di mezzogiorno. L’Epifania celebra la manifestazione (questo il significato del vocabolo greco) di Cristo come Salvatore, ricordando in particolare l’adorazione dei Magi. Nell’omelia il Papa torna, perciò, a chiedere ai cattolici un maggior spirito di adorazione: «nella nostra epoca è particolarmente necessario che, sia singolarmente che comunitariamente, dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio a contemplare il Signore. Si è perso un po’ il senso della preghiera di adorazione, dobbiamo riprenderlo, sia comunitariamente sia nella propria vita spirituale. Oggi, pertanto, ci mettiamo alla scuola dei Magi, per trarne alcuni insegnamenti utili» per la nostra vita spirituale. In particolare, «dall’odierna Liturgia della Parola ricaviamo tre espressioni, che possono aiutarci a comprendere meglio che cosa significa essere adoratori del Signore. Queste espressioni sono: “alzare gli occhi”, “mettersi in viaggio” e “vedere”». La prima è un invito a sollevare il nostro sguardo dalle preoccupazioni e dalle miserie terrene per riacquistare, in Dio, una visione più profonda della realtà. Il viaggio, poi, è metafora del cammino di conversione che è richiesto a tutti coloro che decidono di seguire Gesù. Quando giunsero a Betlemme, i Magi «videro un povero bambino con sua madre. Eppure questi sapienti, venuti da paesi lontani, seppero trascendere quella scena così umile e quasi dimessa, riconoscendo in quel Bambino la presenza di un sovrano». Il Papa chiama questo sguardo penetrante «realismo teologale» perché riesce a scorgere il significato autentico della realtà fenomenica.
Come afferma il Pontefice nel corso dell’Angelus, «la visione di Isaia, riportata nella Liturgia odierna (cfr 60,1-6), risuona nel nostro tempo» pandemico «più che mai attuale: “La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli” (Is 60,2)», tuttavia «in questo orizzonte, il profeta annuncia la luce: la luce donata da Dio a Gerusalemme e destinata a rischiarare il cammino di tutte le genti». La luce di cui parla Isaia è Gesù, omaggiato dai Magi a nome di tutti i popoli della Terra.
Il Santo Padre richiama più volte l’universalità della Salvezza: «questa luce ha la forza di attrarre tutti, vicini e lontani, tutti si mettono in cammino per raggiungerla», e questa «è una visione che apre il cuore, che allarga il respiro, che invita alla speranza. Certo, le tenebre sono presenti e minacciose nella vita di ognuno e nella storia dell’umanità, ma la luce di Dio è più potente». Spetta, però, a noi uomini accoglierla. «L’evangelista Matteo», osserva il Papa, «raccontando l’episodio dei Magi (cfr 2,1-12), mostra che questa luce è il Bambino di Betlemme, è Gesù, anche se la sua regalità non da tutti è accettata. Anzi, alcuni la rifiutano, come Erode», che cerca il Bambino per ucciderlo.
Sembra riecheggiare, in queste parole, un’antica domanda teologica: Cristo è venuto per tutti o per molti? Il Pontefice risponde che «Egli è nato non solo per alcuni ma per tutti gli uomini, per tutti i popoli. La luce è per tutti i popoli, la salvezza è per tutti i popoli», ripete una seconda volta, conscio che il Vangelo «ha il suo metodo per diffondersi. Non lo fa attraverso i potenti mezzi degli imperi di questo mondo, che sempre cercano di accaparrarsene il dominio», ma con «l’annuncio, la parola, e la testimonianza. E con lo stesso “metodo” scelto da Dio per venire in mezzo a noi: l’incarnazione, cioè il farsi prossimo all’altro, incontrarlo, assumere la sua realtà e portare la testimonianza della nostra fede, ognuno. Solo così la luce di Cristo, che è Amore, può risplendere in quanti la accolgono e attirare gli altri».
Non a caso «nell’odierna festa dell’Epifania si celebra la Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria, che coinvolge tanti bambini e ragazzi di tutto il mondo. Ringrazio ciascuno di loro, e li incoraggio ad essere testimoni gioiosi di Gesù, cercando sempre di portare fraternità in mezzo ai coetanei», mentre i governanti “adulti” dovrebbero preoccuparsi di ristabilire la pace nella Repubblica Centrafricana, della quale il Papa denuncia la situazione di forte instabilità politica: «invito perciò tutte le parti a un dialogo fraterno e rispettoso, a respingere l’odio ed evitare ogni forma di violenza».
Quest’anno la pandemia impedisce le cavalcate in costume, compresa quella che di solito raggiunge piazza S. Pietro, ma non ha fermato le iniziative solidali ad esse connesse: «un saluto speciale va alla Fondazione “Corteo dei Re Magi”, che organizza in numerose città e villaggi della Polonia, e di altre nazioni, eventi di evangelizzazione e di solidarietà». Francesco fa anche gli auguri alle Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, per le quali il 6 gennaio è la Vigilia di Natale.
Giovedì, 7 gennaio 2021