Di Marco Invernizzi da Tempi di settembre 2019. Foto redazionale
Le esternazioni “religiose” di Matteo Salvini hanno tenuto banco da maggio in poi, fino al “rimprovero” rivoltogli da Giuseppe Conte in Senato. Salvini ha risposto rivendicando il proprio diritto di esibire la corona del rosario e di affidare sé stesso e l’Italia al Cuore immacolato di Maria. Ne è nato un parapiglia che ha confermato il fatto che esiste nei confronti dei simboli religiosi un rifiuto, quasi un astio di disprezzo per tutto ciò che riguarda la presenza pubblica dei cattolici e dei loro simboli.
Si potrebbe dire che l’astio è tutto e soltanto per Salvini e che il rosario non c’entra e che Salvini lo esibisce perché consapevole della polemica che suscita e che divide. Ma proprio questo è il punto: perché il non credente non si limita a un sorriso di compatimento verso un uomo politico che esibisce qualcosa di antiquato? Siamo un Paese che è stato unificato nel 1861 contro la Chiesa e quindi contro le sue radici cristiane e questo “peccato originale”, che per molti è segno distintivo e positivo di laicismo, deve essere costantemente ribadito. In altri Paesi la Bibbia e i segni pubblici della fede sono esibiti e invocati con naturalezza, da noi sono motivo di discordia.
Da un punto di vista cattolico si possono avanzare riserve sui modi e i tempi di queste esternazioni, ci si può domandare se sia questa, hic et nunc, la cosa più importante per affermare il diritto alla libertà religiosa, che contempla il fatto di potere esprimere pubblicamente e politicamente la propria religiosità. Personalmente preferirei che invece di esibire la corona, Salvini impegnasse politicamente il suo partito con maggiore convinzione sui temi della vita politica, per esempio sul tema dell’eutanasia (la sentenza della Corte costituzionale è il 24 settembre). Possibile che Salvini abbia “rotto” il rapporto di governo con il M5s per qualcosa che risulta incomprensibile alla maggioranza degli italiani e non si sia voluto impegnare su un tema come l’eutanasia che vedrà le associazioni cattoliche impegnate l’11 settembre, con il presidente della Cei Gualtiero Bassetti, a enunciare pubblicamente il loro sì alla vita e il dovere del Parlamento di intervenire su un tema così importante? Rimane lo sconcerto di molti cattolici di fronte alle prese di posizione pubbliche di altri cattolici contro Salvini.
Il cattolicesimo non è fondamentalista e dalla fede non deriva una sola scelta politica. È lecito avere opinioni politiche diverse. Tuttavia bisogna ricordare che in questo Paese nato da una forzatura laicista, i cattolici hanno resistito e nel secondo dopoguerra sono arrivati al governo. Poi è successo quello che sappiamo: la secolarizzazione e il trionfo politico del laicismo, con il ’68, e la legalizzazione di divorzio e aborto fino alle leggi contro vita e famiglia dei governi Renzi e Gentiloni. I cattolici sono diventati minoranza ma una minoranza importante, che ama identificarsi nei simboli che Salvini esibisce per i motivi che soli lui conosce. Spesso i cattolici cedono alla tentazione di “mondanizzarsi”, come dice papa Francesco, cioè di adeguarsi allo spirito del mondo, all’ideologia dominante, nel caso in questione al laicismo dominante.
Allora è giusto ricordarci, se abbiamo la fede, che l’Italia è un Paese consacrato alla Madonna dal 1959 (a Catania per iniziativa dei vescovi) e che le consacrazioni al Cuore di Maria nello spirito di Fatima ma anche della devozione tanto cara al regnante Pontefice di «Maria che scioglie i nodi», sono qualcosa che è praticato da sempre da singoli, famiglie e associazioni, perché offrirsi e chiedere la protezione di Maria è qualcosa di assolutamente reale per un credente. La consacrazione è una cosa seria, non è un gioco un po’ magico, né una provocazione, ma il reale affidamento di qualcosa alla signoria di Dio, al quale questa persona, famiglia o nazione viene appunto consacrata.
L’11 giugno 1999, san Giovanni Paolo II ricordava il centenario con cui il suo predecessore papa Leone XIII (1878-1903) aveva consacrato il genere umano al Cuore divino di Cristo, entrambi affidando il millennio che stava per cominciare al Creatore del mondo. Che alle forze ideologiche dominanti allora e cento anni dopo, così come a quelle attuali, questo fatto importasse nulla è normale. Che invece susciti riserve e opposizione a cattolici che occupano posti pubblici di rilievo, significa che abbiamo un problema.