Una piccola chiesa di Melzo e la plurima attribuzione dei suoi affreschi, che alluderebbero, stando alla storiografia locale, all’assassinio di Galeazzo Maria Visconti e alla sua sepoltura nel presbiterio
di Michele Brambilla
La chiesa di S. Andrea, a Melzo (MI), è da tempo adibita a spazio espositivo, ma fu fondata nel Duecento e ha subito molte trasformazioni nei secoli. Al disegno medievale apparterrebbe, oggi, solamente la facciata in mattoni, mentre il presbiterio è stato ricostruito nel Rinascimento. Per non parlare delle aggiunte barocche, osservabili fin dall’esterno.
L’attrattiva maggiore, però, sono gli affreschi absidali, variamente attribuiti. L’associazione Amici di S. Andrea sostiene, infatti, che la committenza apparterrebbe a Girolamo Riario (1443-88) e alla moglie Caterina Sforza (1463-1509). Chi sostiene questa tesi dice che gli affreschi sono di Bernardo Zenale (1463-1526) e Bernardino Butinone (1450-1510), entrambi di Treviglio ed entrambi collegati alla corte ducale. La loro presenza sarebbe da collegarsi alla sepoltura nella chiesa di Galeazzo Maria Visconti (1444-76), assassinato da una congiura ordita proprio da Riario. Il rinvenimento di sepolture ha condotto in passato a dichiarare che si trattasse dei resti del duca, ma le analisi scientifiche non lo hanno confermato con certezza.
Una ricerca più recente, del prof. Giovanni Agosti, suppone invece che le opere siano in parte di Nicola Mangone (1480/85-1546) e in parte direttamente ascrivibili all’ordine, impartito da san Carlo Borromeo (1538-84) durante la visita pastorale del 1573, di realizzare entro l’anno una Pesca miracolosa e un Martirio di sant’Andrea, che si possono effettivamente vedere sulle pareti laterali del presbiterio. I due affreschi commissionati da san Carlo sarebbero di Antonio Semino (1530-1604).
Gli Amici di S. Andrea per gli affreschi centrali chiamano in causa anche Leonardo da Vinci (1452-1519) a causa della presenza del simbolo della quadratura del cerchio in un altro affresco parietale raffigurante sant’Antonio Abate, creando parallelismi con il Codice Atlantico. Nella Milano della metà del Cinquecento, però, quasi tutti cercavano di imitare Leonardo, soprattutto i pittori della sua scuola.
Quale che sia l’attribuzione della parte centrale degli affreschi, sulla parete di fondo del presbiterio, essi appaiono senza dubbio di grande qualità. Le quinte architettoniche a trompe-l’oeil “sfondano” la parete creando tre ambienti: in quelli laterali vediamo i committenti inginocchiati, sotto il patronato a destra di san Girolamo e a sinistra di santa Caterina d’Alessandria, coi propri attributi (l’abito cardinalizio per il primo, la palma e la ruota per la seconda), il che rafforza la tesi sui Riario. Al centro si ammira una straordinaria Madonna in trono, sulle cui ginocchia Gesù Bambino scambia gesti di affetto con san Giovanni Battista, anch’egli ritratto bambino. Non si esclude che la Madonna sia effettivamente di Bernardo Zenale e risalga al 1490.
L’affollato Martirio di sant’Andrea, accanto alla porta (murata) della vecchia sacrestia, si rifà alle Crocifissioni del tardo Cinquecento, mentre la Pesca miracolosa, con Gesù sulla riva che dà indicazioni agli apostoli sulla barca, cerca quella stretta fedeltà al dettato evangelico preteso dai canoni del concilio di Trento (1545-63) sulla raffigurazione delle pagine della Bibbia nelle chiese.
Sabato, 15 giugno 2024