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Alcesti, l’amore che vince la morte

27 Settembre 2025 - Autore: Lucia Menichelli

Il mito di Alcesti

Alcesti, una tragedia dedicata al tema della morte diventa una straordinaria manifestazione dell’attaccamento dell’uomo greco alla vita: la morte può essere vinta dall’amore

di Lucia Menichelli

Il mito di Alcesti risale a originari racconti folklorici che ripropongono in differenti versioni il motivo della morte di un coniuge che si sacrifica per l’amato.

In Grecia fu messo in scena dal tragediografo Frinico (535 a.C. circa – dopo il 476 a.C.) in un’opera, di cui non ci sono giunti i versi. Più tardi, nel 438 a. C. divenne la trama di una tragedia di Euripide (480 a. C.- 406 a.C.). L’opera ha sempre destato grande interesse presso gli studiosi che hanno variamente disquisito su diversi aspetti del dramma. Anzitutto il genere: per il suo finale non propriamente tragico, si è spesso parlato di tragicommedia. Poi il carattere dei personaggi, spesso decontestualizzato e giudicato sulla base di categorie attuali. In ultimo il finale che ha dato origine a varie interpretazioni. Un’opera dunque enigmatica, ma proprio per questo affascinante per la complessità delle questioni che si aprono a partire da una trama apparentemente semplice e favolistica.

Alcesti è l’amata moglie di Admeto, re di Fere e amico devoto del dio Apollo, che, per essere stato ospitato nella sua reggia, vuole accordargli un singolare privilegio: nell’imminenza della sua morte voluta dal fato, gli concede di scamparla, a patto che qualcun altro muoia al suo posto. Il re non può che rivolgersi ai suoi cari, ma i genitori respingono senza appello la richiesta; l’unica pronta a morire è la sua devota moglie, che non esita a sacrificarsi per lui.

La tragedia di Euripide prende avvio proprio dal momento in cui la donna sta per lasciare la vita. I suoi gesti sono improntati a una aretè (virtù) che è propria dei più famosi eroi dell’epica. Alcesti si lascia andare solo quando realizza di dover lasciare il talamo nuziale, gettandosi sul quale, in lacrime, giustifica consapevolmente il suo gesto: avrebbe potuto non morire, ma sceglie di farlo per non tradire il marito e la promessa nuziale (significativo è l’uso del verbo prodidomi che significa sia “tradire” che “abbandonare”: per non tradire, la donna è costretta ad abbandonare il marito) e permette in tal modo che il vincolo coniugale – suggellato sul talamo, come lei stessa ricorda – si perpetui oltre la morte.

Di tutto questo è perfettamente conscio lo stesso Admeto, che si dispera perché sa che lo sta lasciando “la migliore delle donne”. La filia (amore di amicizia, affinità) che ha ispirato il sacrificio della moglie è insieme effetto della filia che Apollo ha manifestato nei suoi confronti e, di lì a poco, causa della filia che Admeto a sua volta è costretto a manifestare nei confronti di un ospite inaspettato che si presenta alla sua reggia: Eracle. L’eroe girovago, buon amico di famiglia, piomba nella reggia nel bel mezzo dell’imminente funerale, ma Admeto non vuole mandarlo via, per non violare la legge sacra dell’ospitalità, quindi lo accoglie tacendogli addirittura la tragedia familiare che si è appena consumata. Ma quando l’ospite, insospettito dal clima di tristezza nella reggia, informato da un servo, viene  a conoscenza dell’accaduto, non può fare a meno di condividere il dolore e di restituire il favore ricevuto con un importante contraccambio (indicato in greco con la parola cháris): andrà a lottare con Thanatos sulla tomba di Alcesti per riportare al marito una donna velata che lui riconosce come sua moglie.

La morte è vinta? Forse. Il fatto che la donna sia velata e che non possa parlare, prima che passino tre giorni perché si sconsacri alle potenze infere cui era stata votata, crea un’ambiguità che lascia aperto il finale: Alcesti è risorta per vivere con Admeto oppure è un “fantasma” che porterà il marito con sé?

Un fatto però è certo: una tragedia dedicata al tema della morte diventa una straordinaria manifestazione dell’attaccamento dell’uomo greco alla vita; le ambiguità e le contraddizioni della trama e dei personaggi trovano una risoluzione nei sentimenti dell’eros coniugale, della comune filia e della charis, intesa contraccambio di favori, risultato di gratitudine e riconoscenza; e la morte può essere vinta dall’amore, che tiene in vita un legame anche nell’al di là. E’quest’ultima considerazione che spinge lo studioso Carlo Alberto Diano (1902 –1974) a sostenere che “con la IV Ecloga di Virgilio, l’Alcesti va posta tra le profezie del Cristo”.

Sabato, 27 settembre 2025

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