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Alla (ri)scoperta di Afrodite Urania

20 Ottobre 2018 - Autore: Leonardo Gallotta

di Leonardo Gallotta

 

L’uomo è dotato di anima immortale? A che cosa deve tendere l’anima? Esiste un luogo dove l’anima potrà giungere a contemplare le verità eterne e perfette? E’ nel Fedro, dialogo platonico incentrato su amore e bellezza – oltre che sulla bella oratoria – che il filosofo greco Platone (428-27/348-47 a.C.), per bocca di Socrate, dà risposta a tali domande.

Quanto all’immortalità dell’anima Platone, nel Fedro, la spiega attraverso il principio del movimento e dell’auto-movimento, affermando che l’anima è immortale perché ciò che si muove da sé e non è mosso da un elemento esterno non può subire arresti, in quanto non può né nascere né morire e “[…] dunque ne consegue di necessità che l’anima è ingenerata e immortale” (Fedro, 245 c – 246 a).  In altre opere come il Fedone e la Repubblica si danno anche altre spiegazioni. Poiché, ad esempio, l’anima umana è capace di concepire e di conoscere idee immutabili che vanno ben oltre il mondo sensibile, non può che essere essa stessa, secondo il principio di affinità, immutabile e increata. Ancora: se l’anima partecipa in modo eminente all’idea di vita, non può evidentemente partecipare  anche a quella di morte. Infine: se i mali del corpo distruggono il corpo, quelli dell’anima non la distruggono e ciò significa che è incorruttibile. L’anima, secondo le dottrine orfico-pitagoriche accolte da Platone, è soggetta alla metempsicosi, cioè alla trasmigrazione nei corpi. Vivere per il corpo, per i suoi bisogni e per i suoi piaceri, significa vivere per ciò che è destinato a morire; al contrario vivere per l’anima significa vivere per ciò che mai non morrà.

Piccola parentesi a proposito dell’amore su cui è incentrato, assieme alla bellezza, il Fedro. Tra gli dei, come si sa, la dea dell’amore e della bellezza è Afrodite.  Per i Greci in genere ed anche per Platone esistevano due tipi di Afrodite. Afrodite Urania rappresentava l’amore puro ed elevato, mentre Afrodite Pandemia era simbolo dell’amore sensuale, volgare, venale. Poiché per elevare l’anima è necessario rifarsi ad Afrodite Urania, da ciò è derivata l’espressione usuale di “Amore platonico” per indicare una forma di amore priva dell’aspetto passionale e sessuale. Tuttavia, per essere precisi, è bene dire che l’amore platonico è un processo che, di gradino in gradino, porta al trascendimento della realtà sensibile e può arrivare alla contemplazione della Bellezza in sé.

Tornando alla sorte dell’uomo dopo la morte del corpo, gli uomini buoni, giusti e virtuosi saranno premiati godendo della contemplazione delle verità eterne e perfette nell’Iperuranio, il luogo dove dimorano le Idee archetipiche; i colpevoli di colpe sanabili sconteranno una pena che, nonostante la sofferenza, li purificherà, mentre i responsabili di colpe insanabili finiranno nell’Ade ove patiranno grandissime sofferenze. Platone afferma che nell’al di là Zeus stabilì come giudici tre suoi figli e in relazione a ciò non si può non notare l’analogia con l’affermazione evangelica: “[…] il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Gv 5, 22).  Tutta questa concezione dell’al di là si rifà e si intreccia con le dottrine orfico – pitagoriche, già segnalate, che prevedevano cicli complessi di reincarnazione. Nel Fedro è previsto un ritorno alle origini divine dopo 10.000 anni, ma solo 3.000 per i filosofi che hanno vissuto – moralmente e intellettualmente – in modo retto (si veda Fedro, 248 e – 249 a).

Detto tutto ciò e messa da parte la teoria della metempsicosi non ci tornano per caso in mente i Novissimi e i tre Regni dell’Al di là? E come facciamo a non stupirci che quattrocento anni prima di Cristo un filosofo antico dicesse queste cose? Platone, depurato da tutto ciò che è pagano, vale a dire credenze e costumi – anche sessuali – del mondo greco antico, assolutamente non accettabili da un cristiano, potrebbe essere di stimolo  ad ogni attuale cercatore di Dio instillandogli – anche a partire dall’amore per la bellezza –  una sete di eterno che lo orienti oltre se stesso. Quanto ad Afrodite, è facile il paragone. L’Afrodite Urania, che significa celeste, può essere venerata e pregata anche dall’uomo d’oggi. E’ Maria Immacolata, guida sicura verso quel luogo dove sarà possibile contemplare non solo l’Idea della Bellezza, ma anche la bellezza delle altre Idee, veri attributi di Dio, Essere Supremo e Principio di tutte le cose.

20 ottobre 2018

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