di Michele Brambilla
È la XIII domenica del Tempo ordinario. Dice il Papa alla recita dell’Angelus il 1° luglio: «Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 5,21-43) presenta due prodigi operati da Gesù», narrati “a incastro”: la risurrezione della figlia di Giairo, capo della sinagoga, e la guarigione dell’emorroissa, che tocca furtivamente la toga di Gesù mentre il Signore si incammina verso la casa nella quale la dodicenne giace ormai esanime. Entrambi i prodigi sono interpretati dal Pontefice come «[…] una sorta di marcia trionfale verso la vita» piena che solo Cristo può dare. Infatti «[…] mostrano Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui. I due protagonisti, cioè il padre della fanciulla e la donna malata, non sono discepoli di Gesù eppure vengono esauditi per la loro fede. Hanno fede in quell’uomo». È un altro indizio del fatto che Cristo non compie distinzioni tra coloro che Lo invocano. «Da questo comprendiamo che sulla strada del Signore sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto. Per avere accesso al suo cuore, al cuore di Gesù, c’è un solo requisito: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui».
Il punto però, è de anche il credente che va persino alla Messa feriale senta davvero bisognoso di Gesù. Domanda il Santo Padre: «[…] ognuno di voi si sente bisognoso di guarigione? Di qualche cosa, di qualche peccato, di qualche problema? E, se sente questo, ha fede in Gesù? Sono i due requisiti per essere guariti, per avere accesso al Suo cuore». Non stupisca questa insistenza sul Cuore di Gesù: il mese appena terminato, giugno, è dedicato proprio al Sacro Cuore e il Papa desidera rinverdire questa antica e un po’ trascurata devozione. Il Sacro Cuore, assieme all’Immacolata Concezione, è stato uno dei “grandi amori” dell’Ottocento e del Novecento controrivoluzionari. La Compagnia di Gesù, l’ordine a cui Francesco appartiene, ha diffuso la devozione ai Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria in tutte le terre raggiunte dalle sue missioni. Tuttavia, dopo il 1968, molti cattolici hanno smarrito il senso di militanza dei loro padri, contribuendo per primi a riempire di polvere gli altari elevati al Sacro Cuore nei decenni della “Questione Romana” e del “non expedit” (1861-1913).
Il Papa fa riferimento anche al significato sociale della devozione al Sacro Cuore, quando afferma che le parole della pericope evangelica del giorno spronano a una precisa imitatio. Gesù cerca anime “disastrate” come quelle di Giairo o dell’emorroissa «[…] e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che li rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni. Anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere». La controrivoluzione oggi consiste soprattutto in una vera e propria rianimazione del corpo sociale, piagato da molteplici malattie spirituali, frutto del lungo cammino che è iniziato con la Riforma protestante ed è continuato nel giacobinismo, nel comunismo e nel Sessantotto.
La morte fisica non è nulla di paragonabile alla morte dell’anima, a cui va incontro chi rifiuta la legge di Dio. «Gesù è il Signore, e davanti a Lui la morte fisica è come un sonno: non c’è motivo di disperarsi. Un’altra è la morte di cui avere paura: quella del cuore indurito dal male! Di quella sì, dobbiamo avere paura! Quando noi sentiamo di avere il cuore indurito, il cuore che si indurisce e, mi permetto la parola, il cuore mummificato, dobbiamo avere paura di questo». La società postmoderna, che ha percorso tutte le tappe della Rivoluzione, ha oggettivamente un aspetto spaventoso. Il male, però, non avrà mai l’ultima parola: anche a noi Gesù dice «Alzati, coraggio, alzati!».