Il bambino ama con purezza, senza mediazioni o tentennamenti: così deve essere la carità del cattolico secondo Papa Francesco e l’apostolo san Paolo. Il Pontefice incita i polacchi a difendere la purezza della loro professione di fede dalle colonizzazioni ideologiche, citando san Giovanni Paolo II
di Michele Brambilla
All’inizio dell’udienza generale del 20 ottobre, Papa Francesco riflette sul fatto che «in questi giorni stiamo parlando della libertà della fede, ascoltando la Lettera ai Galati. Ma mi è venuto in mente quello che Gesù diceva sulla spontaneità e la libertà dei bambini», in particolare in Mt 18,1-5. Francesco ricorda ai presenti che «Gesù ci dice: “Anche voi, se non vi fate come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli”». Il Santo Padre sottolinea proprio «il coraggio di avvicinarsi al Signore, di essere aperti al Signore, di non avere paura del Signore: io ringrazio questo bambino per la lezione che ha dato a tutti noi» adulti, frenati spesso dal nostro cinismo.
Il cattolico è chiamato, quindi, a gettarsi fiducioso tra le braccia del Signore, così come fanno i bambini con i genitori. «I bambini», rimarca il Pontefice, «non hanno un traduttore automatico dal cuore alla vita: il cuore va avanti», con la libertà tipica di chi si sente al sicuro. E qui il Papa si ricollega al tema principale della Lettera ai Galati: «cerchiamo oggi di capire meglio qual è per l’Apostolo il cuore di questa libertà. Paolo afferma che essa è tutt’altro che “un pretesto per la carne” (Gal 5,13): la libertà, cioè, non è un vivere libertino, secondo la carne ovvero secondo l’istinto, le voglie individuali e le proprie pulsioni egoistiche», come afferma la cultura post-moderna, «al contrario, la libertà di Gesù ci conduce a essere – scrive l’Apostolo – “a servizio gli uni degli altri”», cosa che viene spesso vista come una schiavitù. L’uomo contemporaneo vede infatti qualsiasi legame come un limite, ma «ancora una volta ci troviamo davanti al paradosso del Vangelo: siamo liberi nel servire, non nel fare quello che vogliamo. Siamo liberi nel servire, e lì viene la libertà; ci troviamo pienamente nella misura in cui ci doniamo».
«Ma come si spiega questo paradosso? La risposta dell’Apostolo è tanto semplice quanto impegnativa: “mediante l’amore” (Gal 5,13)»: il superbo, l’egoista, si perde nei meandri dei suoi pensieri, come recita il Magnificat, mentre «è l’amore di Cristo che ci ha liberati ed è ancora l’amore che ci libera dalla schiavitù peggiore, quella del nostro io; perciò la libertà cresce con l’amore. Ma attenzione: non con l’amore intimistico, con l’amore da telenovela, non con la passione che ricerca semplicemente quello che ci va e ci piace, ma con l’amore che vediamo in Cristo, la carità», precisa il Pontefice.
L’altro ci salva dal vuoto in cui precipita la libertà “libertina”: «in un’altra lettera, la prima ai Corinzi, l’Apostolo risponde a chi sostiene un’idea sbagliata di libertà. “Tutto è lecito!”, dicono questi. “Sì, ma non tutto giova”, risponde Paolo. “Tutto è lecito, ma non tutto edifica”, ribatte l’Apostolo. Il quale poi aggiunge: “Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri” (1 Cor 10,23-24)», perché «sappiamo invece che una delle concezioni moderne più diffuse sulla libertà è questa: “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. Ma qui manca la relazione, il rapporto! È una visione individualistica. Invece, chi ha ricevuto il dono della liberazione operata da Gesù non può pensare che la libertà consista nello stare lontano dagli altri, sentendoli come fastidi, non può vedere l’essere umano arroccato in sé stesso, ma sempre inserito in una comunità».
Il Papa sferra allora un attacco diretto all’individualismo contemporaneo e ai suoi presunti “diritti civili”: «soprattutto in questo momento storico, abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione comunitaria, non individualista, della libertà: la pandemia ci ha insegnato che abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma non basta saperlo, occorre sceglierlo ogni giorno concretamente, decidere su quella strada. Diciamo e crediamo che gli altri non sono un ostacolo alla mia libertà, ma sono la possibilità per realizzarla pienamente. Perché la nostra libertà nasce dall’amore di Dio e cresce nella carità». E ai polacchi, impegnati proprio in questi giorni in un braccio di ferro con la UE su questioni che toccano anche la concezione della libertà, Francesco dice, citando Papa Wojtyla: «cari fratelli e sorelle, dopodomani ricorre la memoria liturgica di san Giovanni Paolo II. Alla sua protezione affido voi, le vostre famiglie e l’intero popolo polacco. Abbiate sempre nella memoria quanto vi ha detto: ““Chi ci separerà… dall’amore di Cristo?”. (…) Siate vigilanti, affinché nulla vi separi da quest’amore: nessun falso slogan, nessuna ideologia errata, nessun cedimento alla tentazione di scendere a compromessi con ciò che non è da Dio. Respingete tutto ciò che distrugge e indebolisce la comunione con Cristo” (2.06.1997)».
Giovedì, 21 ottobre 2021