Di Michele Brambilla
Il Vangelo di san Luca contiene una pagina molto particolare, quella assegnata alla XXV domenica del Tempo ordinario, che il 22 settembre Papa Francesco, di cui è nota l’instancabile predicazione contro la corruzione fin dalle prime settimane di pontificato, si ritrova a dover commentare: si tratta della parabola dell’amministratore disonesto.
«La parabola contenuta nel Vangelo di questa domenica (cfr Lc 16,1-13)», dice il Pontefice alla recita dell’Angelus, «ha come protagonista un amministratore furbo e disonesto che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. In questa situazione difficile, egli non recrimina, non cerca giustificazioni né si lascia scoraggiare, ma escogita una via d’uscita per assicurarsi un futuro tranquillo». Per prima cosa questo burocrate valuta spassionatamente le proprie scarse doti umane: «zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno» (Lc 16,3). C’era inoltre il pericolo che il padrone, come tutti i padroni di allora, reagisse fino a mettere in pericolo la vita stessa del servitore. Per conservare se stesso l’amministratore non rimase a compiangersi, ma giocò d’astuzia. «Infatti», prosegue il Papa riassumendo la pagina evangelica, «chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone, per farseli amici ed essere poi da loro ricompensato. Questo è farsi amici con la corruzione e ottenere gratitudine con la corruzione, come purtroppo è consuetudine oggi».
Gesù è il Figlio di Dio. Come tale è senza ombra di peccato. Allora perché fa questo esempio? Forse, osserva Francesco, «la chiave di lettura di questo racconto sta nell’invito di Gesù alla fine della parabola: “Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9). Sembra un po’ confuso, questo, ma non lo è». Lo scopo di Gesù, infatti, è trasmettere ancora una volta un messaggio di speranza: «la ricchezza può spingere a erigere muri, creare divisioni e discriminazioni. Gesù, al contrario, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: “Fatevi degli amici con la ricchezza”. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più delle cose e contano più delle ricchezze possedute». Gli amici con la ricchezza disonesta ci accoglieranno in Cielo se avranno visto in noi il volto della misericordia di Dio e, convertendosi a Lui con tutto il cuore, avranno compreso che la vita va spesa per valori decisamente più alti di un buon conto in banca.
Conclude allora il Santo Padre: «fratelli e sorelle, questa pagina evangelica fa risuonare in noi l’interrogativo dell’amministratore disonesto, cacciato dal padrone: “Che cosa farò, ora?” (Lc 16,3). Di fronte alle nostre mancanze, ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore “perché abbiamo agito con scaltrezza”, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli».
Lunedì, 23 settembre 2019