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“Anche la Lombardia rinuncia a credere nel valore politico dei suoi princìpi? “

18 Gennaio 2019 - Autore: Marco Invernizzi

Da Tempi del Gennaio 2019. Foto da socialthingum.com

Che la salvezza non possa venire dalla politica è una verità che sperimentiamo proprio in questi giorni. Giorni di delusione per le scelte della Regione Lombardia a favore della diffusione dei preservativi ai giovani con meno di 24 anni (31 luglio), della Ru486 somministrata in day hospital invece che con ricovero di almeno tre giorni (17 dicembre) e infine lo stanziamento di un milione di euro per riempire di contraccettivi le popolazioni africane (19 dicembre). Dal 1995 a oggi la Lombardia è sempre stata guidata dal centrodestra, prima con Roberto Formigoni poi con Roberto Maroni, e si è sempre schierata a favore dei princìpi fondamentali del bene comune: vita, famiglia, libertà di educazione. Forse avrebbe potuto fare di più, ma certamente non ha mai preso posizioni ostili a tali valori. Questi tre provvedimenti, invece, segnano un passaggio che, se verrà confermato e non sarà smentito da decisioni pubbliche, impedirà ai pro-life e pro-family di continuare a guardare alla Lombardia come a un modello. La politica è una cosa seria. nell’epoca delle ideologie (1789-1989) si pensava con troppa facilità che la salvezza potesse venire da un cambio di regime politico, perché la caratteristica fondamentale di tutte le ideologie consisteva nel ridurre la religione, e in europa il cristianesimo, all’ambito privato della vita umana, espellendola così dalla vita pubblica. Le ideologie non riuscirono nel loro intento, durato due secoli, ma il mondo nato dopo l’abbattimento del Muro di Berlino non ha restituito alla religione il suo ruolo. La religione è rimasta estranea alla vita pubblica delle nazioni e la politica ha cessato di appassionare gli uomini. ne è venuto fuori un mondo dominato dal relativismo in cui la politica si è ridotta ad amministrazione e alla ricerca esclusiva del benessere economico. nel mondo post-moderno hanno assunto sempre maggiore importanza le questioni legate alla bioetica: matrimonio omosessuale, fecondazione artificiale, utero in affitto, aborto facile e privato on demand, divorzio in pochi minuti. e davanti a questo la politica si è divisa fra quelle forze che spingono per la legalizzazione di queste pratiche e quelle che invece si astengono dal dare giudizi, ritenendole scelte individuali.
La domanda strategica Pochi hanno il coraggio e la lucidità di capire che ogni politica deriva da una concezione dell’uomo e che senza antropologia, cioè senza valori portanti, la comunità non sta insieme e quindi diventa impossibile raggiungere il bene comune. Quando organizzammo i due Family day a Roma nel giugno 2015 e nel gennaio 2016, ponemmo in essere due eventi politici importantissimi, perché affermammo con i fatti che milioni di persone avevano a cuore la famiglia come cellula base della società, cioè come fondamento della vita politica di una nazione e non solo come luogo degli affetti più importanti. Gli uomini politici sotto il palco recepirono il messaggio. erano pochi, come una minoranza sono senatori e deputati che partecipano all’intergruppo parlamentare per la vita e la famiglia o gli amministratori che si sono riuniti in Regione Lombardia il 17 novembre scorso. Ma questi pochi hanno cominciato ad alzare la bandiera della visibilità pubblica dei valori, cioè hanno cominciato a rispondere a una domanda: esiste ancora la possibilità di una politica che discenda da alcuni princìpi fondamentali del bene comune, come la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, la sacralità della vita, la libertà dei corpi intermedi di fronte agli Stati? La domanda è di grande importanza strategica. Perché se vi sono ancora uomini disposti a battersi per grandi ideali, allora la politica può avere un ruolo, sebbene subordinato a un’azione culturale sul corpo sociale, ma se questi uomini non ci sono, allora non rimane che l’apostolato ad personam e nelle strade, dal quale forse dopodomani (ma non a breve) potrà nascere ancora un progetto politico. ora, alcune istituzioni, fra cui la Regione Lombardia, hanno in questi anni dato prova di un certo coraggio e di credere ancora che la politica non debba essere ridotta soltanto alla buona amministrazione. oggi sembrerebbe che non sia più così. Riusciremo ad avere una risposta?

Marco Invernizzi

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016-, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici(Cristianità, Piacenza 1993); La Chiesa, la politica, il potere attraverso i secoli (contributo a Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato 1994); e, con altri, I Papi del nostro secolo, parte prima Da Leone XIII a Pio XII (Italica Libri/Editoriale del Drago, Milano 1991); e Guida introduttiva alla storia della Chiesa cattolica (Mimep-Docete, Pessano [Milano]). Collabora a Cristianità e ad altre riviste e quotidiani. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Nella linea di quanto già edito si pone Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), un'opera di sintesi in cui viene ripercorsa la storia del movimento cattolico, con particolare attenzione alle sue espressioni politiche, dalla Breccia di Porta Pia alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Dal 28 maggio 2016 è Reggente Generale di Alleanza Cattolica.

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