di Lorenzo Cremonesi dal Corriere della Sera del 20/11/2020
Lo scenario che si prospetta nelle province armene del Nagorno-Karabakh non è molto diverso da quanto nel terzo millennio prima di Cristo avveniva nelle guerre di sterminio della Mezza Luna Fertile. Dopo la pulizia etnica arriva quella dei templi, dei monumenti, degli dei, dell’intero retaggio culturale del nemico. Dell’avversario battuto non deve restare più nulla, neppure la memoria della sua identità. L’allarme che giunge per le basiliche, le biblioteche, i cimiteri, le scuole, i luoghi di culto cristiani nelle regioni dell’ex provincia sovietica, passata agli armeni dopo la guerra del 1991-93 e adesso cadute nelle mani dell’esercito dell’Azerbaijan musulmano sostenuto dalla Turchia di Erdogan, ricorda tragiche dinamiche mai sopite dell’antichissimo rituale della guerra. Solo quattro o cinque anni fa la missione archeologica italiana nell’antica città ittita e assiro-babilonese di Karkemish, sull’attuale confine tra Turchia e Siria, aveva divulgato la scoperta del «pozzo delle civiltà». Un profondo anfratto all’interno delle mura dove ogni popolo vincitore gettava le statue, le monete, i simboli, le divinità di quello appena vinto. Sono memorie che fanno capire quanto difficile e delicato sia ora il compito del contingente russo mandato da Putin a sorvegliare gli accordi di pace. Gli armeni sono in ritirata dalle regioni che stanno passando sotto il controllo musulmano. Quasi un ventennio fa erano le autorità sconfitte di Baku a chiedere la protezione Onu contro i vandalismi armeni. Ora la situazione pare rovesciata, ma in violenze e distruzioni molto peggiori. Si parla già di un nuovo «genocidio culturale» dei cristiani. Lo denunciava ieri con forza sul Wall Street Journal la studiosa Christina Maranci. «I governi dell’Azerbaijan e della Turchia hanno messo in atto da tempo la ben documentabile politica di distruzione metodica del patrimonio culturale armeno nei loro territori. Tra il 1997 e il 2006 nella zona di Nakhichevan hanno abbattuto 89 chiese medioevali, 5.840 croci di pietra, 22.000 antiche pietre tombali», notava, riportando una lunga serie di località e dettagli. Ma a suo dire il peggio dovrebbe ancora arrivare, visto che negli ultimi due mesi di combattimenti le artiglierie musulmane avrebbero mirato a luoghi di valore inestimabile, come la Cattedrale del Santo Salvatore di Shushi. Al suo appello fa eco quello inviato al governo italiano e alla Santa Sede da 43 studiosi, tra cui una trentina di italiani. Segnalano che il patrimonio artistico armeno rischia di venire distrutto come «ai tempi del genocidio turco del 1915».
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