Dove bellezza e pietà si identificano e si uniscono a formare una perfetta opera d’arte.
di Mario Vitali
Alla famiglia Bellini si deve il rinnovamento della pittura veneziana dall’inizio del Quattrocento ai primi anni del Cinquecento.
Capostipite artistico fu Jacopo (1396? – 1470?) che fu allievo di Gentile da Fabriano (1370-1427), amico e poi suocero di Andrea Mantegna (1431-1506) e padre di Gentile Bellini (1429-1507) e del più famoso Giovanni Bellini detto Giambellino (1427?-1516).
Sebbene il maggior numero delle sue opere siano andate perdute, quelle rimasteci, in aggiunta ai due quaderni di disegni, uno conservato al British Museum di Londra e l’altro al Louvre di Parigi, ci indicano la direzione che prenderà in seguito la pittura prima veneziana e poi quella italiana.
Gentile Bellini seguì il padre ma fu molto influenzato nello stile da Andrea Mantegna. Tipici caratteri propri di Gentile sono la forte sensibilità psicologica dei personaggi, gli spazi ariosi e le figure umane profondamente immerse nell’insieme del paesaggio circostante.
Nel 1479 il Sultano Maometto II invitò Gentile a ritrarlo, egli fu il primo pittore a ritrarre il Sultano. Lo stile pittorico è decisamente occidentale. Con il ritratto del Sultano Gentile lascia una testimonianza straordinaria della sua sensibilità nel cogliere e rappresentare il carattere del soggetto ritratto, nel caso specifico di un uomo dal carattere forte, astuto, sensuale e crudele.
Gentile rappresenta forse una specie di tramite tra l’arte Gotica e quella Rinascimentale.
Giovanni, detto Giambellino, è il più famoso tra tutti i Bellini ed è considerato uno dei pittori mariani più significativi. I suoi dipinti furono in prevalenza di soggetto sacro e, sebbene influenzato da Andrea Mantegna, mantenne una ispirazione religiosa propria.
Caratteristica delle sue opere è l’utilizzo della luce diffusa che attenua le durezze tipiche del Manategna.
Con il passare degli anni l’influenza del Mantegna si va indebolendo, le figure sacre tendono a “umanizzarsi”, tipicamente nelle rappresentazioni della Vergine pervasa di sentimento materno.
La piena maturità pittorica di Giovanni è raggiunta con la splendida “Pietà” conservata presso l’Academia di Brera a Milano
Nell’opera affiora tutta la raffinatezza stilistica propria della famiglia Bellini. Le figure di Cristo e della Vergine formano un solo blocco, i due volti sembrano volersi fondere in un universale affetto filiale e materno. Il volto di Cristo sembra quasi sorridente, quello della Madre è quasi deformato dal dolore, sullo sfondo un paesaggio calmo.
Fin dall’esordio del cristianesimo, che propone l’evangelista Luca con il primo artista che ritrasse la Madre di Dio, possiamo cogliere il legame profondo e misterioso tra gli artisti e la Vergine che dà forma visibile al Verbo e che lo rende accessibile.
La via pulchritudinis di Giovanni Bellini conferma questo profondo e misterioso legame.
Se è vero che “Il bello è lo splendore del vero e del bene” allora possiamo forse affermare che esso fa accogliere in piena libertà il vero e il bene. Il bello attraversa tutti i linguaggi ed è la forma con la quale percepiamo il creato.
Le opere artistiche del mondo cristiano nascono dalla contemplazione dell’Incarnazione e sono il frutto di questa fede. L’artista comunica la fede che nell’opera prende forma proprio perché Dio ha preso forma umana.
Il nome di Giovanni Bellini è il nome che si associa più frequentemente a quello di pittore della Vergine che per tutta la vita, attraverso la ricerca artistica, cerco di investigare l’amore che la unì a suo Figlio diventando così anche l’artista della maternità e della pietà.
Sabato, 16 gennaio 2021