Di Massimo Calvi da Avvenire del 30/03/2021
Oggi, dunque, è il giorno dell’Assegno unico e universale: al Senato viene votata in via definitiva la legge delega per la nascita di uno strumento unico di sostegno economico, corrisposto a tutte le famiglie con figli a carico. Importi precisi e modulazione sono ancora da definire, ma la misura andrà a tutti i figli dal settimo mese di gravidanza al 21e- simo anno di età. Sostituirà assegni familiari attuali, detrazioni figli a carico, bonus bebè… e altri sostegni economici per la prole, e partirà dal primo luglio. La legge di Bilancio ha stanziato 6 miliardi in più rispetto ai 15 oggi spesi per tutte le misure per i figli a carico.
Ma con il nuovo assegno qualcuno perderà rispetto a ora? Il tema continua a far discutere, e la risposta è molto semplice: no. Questo perché è previsto venga introdotta una clausola di salvaguardia contro tale eventualità. La clausola era stata tolta su richiesta del ministero dell’Economia e delle Finanze, per una questione procedurale legata alle coperture nella legge di Bilancio 2021, ma ieri l’onorevole Stefano Lepri, firmatario con Delrio della delega, ha chiarito che «verrà inserita nei decreti o in fase attuativa: con ulteriori 800 milioni, oltre ai 20 miliardi di già stanziati, nessuno ci perderà ». Anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, nella lettera scritta ad Avvenire ha ricordato l’impegno del suo partito a che questo passaggio ci sia. E poiché oggi le detrazioni spettano fino ai 24 anni, ci sarà «una norma transitoria per chi ha figli con più di 21 anni – ha spiegato la ministra per la Famiglia Elena Bonetti –. Le famiglie italiane devono stare tranquille, non ci perderanno».
Insomma, la questione non è tanto chi ci perderà e chi no, ma a quanto ammonterà la cifra da stanziare per tutelare le famiglie che potrebbero trovarsi con meno risorse dalla rimodulazione dei contributi. E tutto dipenderà da quale importo avrà la parte fissa dell’assegno e di quanto verrà fatto calare in base alle dichiarazioni Isee.
In un’audizione alla Camera nell’ottobre 2020, il presidente del-l’Istat aveva Giancarlo Blangiardo aveva testato la simulazione di un assegno di 40 euro al mese a figlio per tutti, più una quota aggiuntiva variabile di 200 euro. Con questa ipotesi il 29,7% circa delle famiglie avrebbe preso una cifra inferiore, mentre il 68% ne avrebbe ricavato un vantaggio (parità per il 2,4%). Uno studio più recente a cura del Gruppo di lavoro Arel-Feg-Alleanza per l’infanzia, ipotizza invece uno scenario con assegno di 161 euro al mese per tutti i figli di famiglie con Isee inferiore a 30mila euro, oltre quella cifra l’assegno scenderebbe fino a un minimo di 67 euro. In tal caso, a prendere meno sarebbero circa 1,3 milioni di famiglie, ma basterebbero 800 milioni per coprire il gap. Tutto dipenderà, insomma, da quanto si vorrà corrispondere veramente (Draghi ha parlato di 250 euro al mese…: sarà così?).
Già ora si può capire, però, chi potrà beneficiarne molto e chi meno. A guadagnare saranno i lavoratori autonomi e le partite Iva, che oggi non beneficiano degli assegni familiari, ma solo delle detrazioni figli a carico, che partono da 80 euro al mese a figlio (101 per i minori di 3 anni) e decrescono fino ad azzerarsi a 95mila euro di reddito. Anche gli incapienti ci guadagneranno, perché non pagando tasse in virtù di redditi bassi non riescono a godere delle detrazioni. Meglio andrà poi per la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti, considerato che oggi sia gli assegni che le detrazioni decrescono rapidamente dopo i 20mila euro di reddito familiare (si veda la tabella in pagina che confronta gli assegni italiani con quelli di altri Paesi europei). A rischio, invece sono i lavoratori dipendenti e i pensionati con redditi familiari bassi, attorno ai 15.000 euro l’anno, e più figli: in questa fascia, infatti, si arriva a prendere il massimo delle detrazioni e il massimo degli assegni per il nucleo familiare, fino a circa 250 euro a figlio al mese. Soprattutto a loro è destinata la clausola di salvaguardia. La cosa certa, insomma, è che a fronte di una maggioranza di nuclei che trarranno beneficio dal nuovo Assegno unico e universale, una parte di famiglie fragili, che oggi percepisce il massimo degli aiuti, non avrà aumenti.
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