di Michele Brambilla
Quando Papa Francesco si affaccia alla finestra del suo studio per la recita dell’Angelus domenicale è solo da poche ore rientrato dal viaggio in Myanmar (antica Birmania) e Bangladesh, come ricorda lui stesso: «Ringrazio tutti coloro che mi hanno accompagnato con la preghiera, e invito ad unirsi al mio rendimento di grazie al Signore, che mi ha concesso di incontrare quelle popolazioni, in particolare le comunità cattoliche, e di essere edificato dalla loro testimonianza. E’ impresso in me il ricordo di tanti volti provati dalla vita, ma nobili e sorridenti».
Perché il Papa sente il bisogno di rassicurare nella Fede comunità cristiane così piccole come quelle birmane e bengalesi? Perché il pastore autentico corrisponde alla «persona che fa attenzione (…), non si lascia travolgere dalla distrazione o dalla superficialità, ma vive in maniera piena e consapevole, con una preoccupazione rivolta anzitutto agli altri».
A questi «altri» il Tempo di Avvento, che per la liturgia romana comincia con questa domenica 3 dicembre, rivolge continuamente l’invito ad una doppia vigilanza. «L’Avvento è il tempo che ci è dato per accogliere il Signore che ci viene incontro, anche per verificare il nostro desiderio di Dio, per guardare avanti e prepararci al ritorno di Cristo. Egli ritornerà a noi nella festa del Natale, quando faremo memoria della sua venuta storica nell’umiltà della condizione umana; ma viene dentro di noi ogni volta che siamo disposti a riceverlo, e verrà di nuovo alla fine dei tempi per «giudicare i vivi e i morti». Per questo dobbiamo sempre essere vigilanti e attendere il Signore con la speranza di incontrarlo».
Come affermato nella solennità di Cristo Re, Gesù ci viene incontro sotto le forme più disparate. Proprio per questo «la personavigilante è quella che accoglie l’invito a vegliare, cioè a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza di speranza, della delusione; e nello stesso tempo respinge la sollecitazione delle tante vanità di cui trabocca il mondo e dietro alle quali, a volte, si sacrificano tempo e serenità personale e familiare». E’ la virtù dell’autentico discernimento, che avverte che Dio «ci indica la via buona, la via della fede, la via dell’amore, ma noi cerchiamo la nostra felicità da un’altra parte», dove non possono, in realtà, garantircela.
E’ un perfetto riassunto della storia del processo rivoluzionario, che dal XVI sec. in poi tenta di convincere l’uomo di non avere affatto bisogno di un Salvatore. Papa Francesco menziona la ribellione dell’antico Israele monarchico, rievocata dalla prima lettura (Is 63, 16b-17.19b; 64,2-7), che trova il suo archetipo nel peccato originale, origine di ogni rifiuto dell’autorità divina. Giusto venerdì prossimo, solennità dell’Immacolata Concezione, leggeremo nelle chiese Gn 3,9-15.20, con la maledizione dell’antico serpente, ma pure la Promessa che ha vinto il mondo: «io porrò inimicizia tra te e la donna (…) questa ti schiaccerà il capo» (3,15).
L’Avvento è tempo propizio per pregare la Madonna «modello nell’attesa di Dio e icona della vigilanza». Chi meglio della Madre può mostrarci il vero senso del Natale del Figlio «ravvivando il nostro amore per Lui»?