Di Andrea Morigi da Libero del 27/11/2019
Budapest – «Quattro perseguitati per la loro fede su cinque sono cristiani» vale a dire una cifra di 245 milioni di vittime nel mondo, «ma l’Europa rimane sempre più in silenzio», esordisce il primo ministro ungherese Viktor Orbán alla seconda conferenza internazionale sulle violazioni della libertà religiosa che si svolge a Budapest. Eppure, spiega, 1.100 anni fa, le prime tribù di ungheresi giunte nel bacino dei Carpazi sono sopravvissute a tante altre etnie che le avevano precedute proprio perché avevano abbracciato il cristianesimo. Per l’Europa, che sembra aver accettato le migrazioni di massa senza considerare che sono «bombe a orologeria» e che «ha già fornito decine di militanti allo Stato Islamico», vale come avvertimento: «Si salverà soltanto se torna alla sua identità cristiana».
Detto da un calvinista, in una sala che raduna centinaia di rappresentanti di Chiese e di associazioni che soccorrono le vittime dell’odio contro la fede, lascia credere in un prossimo risveglio dei credenti.
Ma, fuori dai confini magiari, la secolarizzazione ha inaridito il panorama politico, tanto che, quando il ministro degli Esteri Peter Szijjarto, tenta di sollevare il problema delle persecuzioni dei cristiani, a Bruxelles gli suggeriscono di parlare piuttosto di «minoranze religiose». Non si sa mai che i musulmani si offendano perché non si fa cenno al fenomeno dell’islamofobia.
Gli alleati non mancano, ma al di là dell’Oceano Atlantico. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che la propaganda avversaria accusa di discriminare razze e religioni diverse dalla sua – indirizza un messaggio agli organizzatori e ai partecipanti al convegno, letto dall’inviato della Casa Bianca, Joe Grogan. Senza l’intervento americano le libertà individuali, compresa quella di culto, non sarebbero tutelate. Lo sottolinea Bonnie Glick, di USAID, l’agenzia americana che si occupa di aiuto allo sviluppo, individuando l’antisemitismo come la più apparente fra le discriminazioni.
Che il problema sia di stretta attualità e riguardi il giudeo-cristianesimo lo testimonia l’intervento del ministro degli Esteri libanese Gebran Bassil, cristiano maronita e allo stesso tempo filoiraniano, che arriva a paragonare pubblicamente Israele all’Isis, senza peraltro citare le persecuzioni subite dai suoi correligionari ad opera del regime degli ayatollah di Teheran.
Eppure, le comunità cristiane in Medio Oriente vanno scomparendo. Per il 90% hanno già abbandonato l’Iraq, in Siria ne sono rimasti il 50%, spiega il patriarca siro-ortodosso Ignatius Ephrem II, ma «il nostro grido non è stato ascoltato dai più. Sono stati intrapresi soltanto pochi passi tangibili per garantire la nostra sopravvivenza nelle terre dei nostri antenati».
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