La danza macabra è un tema ancora meno noto dei trionfi della morte: se questi ne parlano in generale, la “danza” sposta l’attenzione sul piano individuale. Un piccolo excursus tra pittura e musica.
di Stefano Chiappalone
Al tema iconografico del Trionfo della Morte si intreccia quello correlato della Danza Macabra: correlato ma differente, nel senso che se il primo ha una portata più universale, quest’ultimo delinea un approccio maggiormente individualistico, ovvero teso a rammentare la fine di ciascuno. A Clusone, in provincia di Bergamo, sono dipinti entrambi sulla facciata dell’Oratorio dei Disciplini, per mano di Giacomo Borlone de Buschis (m. 1487). In poche parole, se il trionfo dice: «Tutti moriremo», la danza specifica: «Anche tu morirai».
Come si evince dal termine stesso, questo tema raffigura una danza – surreale nell’aspetto ma drammaticamente reale nella sostanza – tra varie figure umane di ogni ceto, ciascuna delle quali è presa per mano da uno scheletro, il proprio alter ego futuro: un signore, una nobildonna, un vescovo, un contadino, e così via (fino, idealmente ma non troppo, a chi scrive e a chi legge queste righe) si specchiano nello scheletro che li raffigura post mortem, finché un giorno, un passo (di danza) dopo l’altro, non si identificheranno con lui, deposti gli abiti e le apparenze mortali.
Diffuso tra Quattrocento e Cinquecento, il tema riaffiora nel Novecento con la Prima Guerra Mondiale, con la serie di litografie intitolate Danza Macabra Europea di Alberto Martini (1876-1954) e nella scena finale del film Il Settimo Sigillo del regista svedese Ernst Ingmar Bergman (1918-2007), indimenticabile come le parole fuori campo: «Sono tutti assieme. Il fabbro e Lisa, il cavaliere e Raval e Jöns e Skat. E la morte austera li invita a danzare. Vuole che si tengano per mano e che danzino in una lunga fila…».
Ai nostri giorni un contemporaneo “menestrello” come Angelo Branduardi è autore di una danza della morte musicale, il Ballo in fa diesis minore, le cui parole ricalcano le iscrizioni a corredo dell’analogo affresco cinquecentesco che “fascia” l’esterno della chiesa di San Vigilio a Pinzolo, in provincia di Trento: «Io sont la morte che porto corona / Sonte signora de ognia persona / Et cossì son fiera e dura / Che trapaso le porte et ultra le mura…».
Al Ballo di Branduardi e al Settimo Sigillo di Bergman fa eco un’altra ballata di un altro Settimo Sigillo, dell’amico Andrea Arnaldi: «C’è chi non vuol venire ma sa che è troppo tardi / C’è invece chi è tranquillo anche se ti vede / Non teme il tuo sorriso perché ha la sua fede. / Quando me ne andrò per la notte stellata / Io non temerò la tua triste ballata».
Sabato, 22 ottobre 2022