Il 31 maggio 2021, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha presentato la consueta Relazione Annuale sullo stato del Paese, con riferimento all’anno 2020. Tra i molti punti che meritano di essere evidenziati, il monito di Visco a non sprecare denaro pubblicoper sostenere aziende decotte e a non correre rischi di «fallimento dello Stato», insieme al riconoscimento del ruolo «complementare» di Stato e mercato, che non vanno contrapposti dialetticamente.
di Maurizio Milano
Con la fase acuta della crisi pandemica in via di superamento e il focus che dovrà progressivamente spostarsi dall’emergenza sanitaria alla necessaria e urgente ripartenza del Paese, diviene spontaneo iniziare a porsi delle domande sugli scenari che si prospettano per l’Italia. Lo stato di continua emergenza, più o meno accentuato, a partire dalla fine del mese di febbraio 2020 ha generato nel Paese una situazione di grave incertezza e confusione, con una “ritirata” del settore privato per via dei lockdown, solo in parte “compensata” dal crescente interventismo statale e dalle politiche monetarie ultra-espansive della Banca Centrale Europea, che non sono comunque a costo zero e neppure senza effetti collaterali negativi, uno dei quali un probabile aumento delle dinamiche inflazionistiche. La pandemia è stata presentata dal World Economic Forum di Davos come una «rara ma stretta opportunità per ripensare, reimmaginare e resettare il nostro mondo»: un’occasione propizia, quindi, e da cogliere in tempi rapidi, per imporre un “Grande Reset” ai sistemi sociali, economici e politici, nella prospettiva della «Nuova Normalità» dell’«era post-pandemica», caratterizzati da una governance rafforzata da parte di governi, organismi sovranazionali, banche centrali e grandi gruppi economici e finanziari, determinando una maggiore “sicurezza” concessa dall’alto al prezzo di maggiori controlli e di minori spazi di libertà di iniziativa dal basso.
A tal proposito, tra i tanti punti toccati nelle Considerazioni finali del Governatore, Ignazio Visco fa alcune considerazioni degne di nota. Nel paragrafo «L’azione del Governo e l’attività economica in Italia», Visco scrive: «Con l’attenuarsi dell’incertezza, l’intervento pubblico dovrà divenire più selettivo, concentrandosi neisettori che sconteranno ancora difficoltà legate alla crisi sanitaria e cercandodi evitare di sussidiare imprese chiaramente prive di prospettive, pur garantendo il sostegno a chi è in esse occupato». Qui si fa riferimento alla necessità di distinguere la casistica delle aziende sane entrate in crisi di liquidità a causa del lockdown dalle aziende strutturalmente insolventi: salvare quest’ultime significherebbe falsificare la concorrenza e distruggere risorse preziose in una sorta di “accanimento terapeutico”. Si tratta, infatti, di imprese «zombie, morti che camminano», per usare le parole usate in uno studio sulle prospettive del settore privato post-Covid, rilasciato lo scorso dicembre dall’influente think-tank G30, il “Gruppo dei Trenta”, di cui Mario Draghi al momento della stesura dell’analisi era Co-Chair e membro dello Steering Committee. A tal proposito, parlando in generale e non dell’Italia – ma per noi è particolarmente vero –veniva scritto che era giunto il momento di allargare lo sguardo e comprendere che non era più possibile né opportuno proseguire con aiuti a pioggia, indiscriminati, secondo logiche assistenzialistiche e clientelari. Occorre invece – ed è una svolta “culturale”– accettare la prospettiva di un processo di «distruzione creatrice», com’è scritto letteralmente nell’analisi del G30 riprendendo la famosa definizione data dall’economista austriaco Joseph Alois Schumpeter (1883-1950). La concordanza tra i commenti del Governatore Visco e quelli di Draghi, non ancora divenuto capo del governo italiano, è completa.
Nel paragrafo dedicato a «Il ruolo dell’intervento pubblico per il rilancio dello sviluppo», Visco afferma che la grave recessione generata dalla pandemia «ha ridato centralità all’azione dello Stato», ma che «non bisogna confondere la necessità di uno Stato più efficace nello svolgere le funzioni che già ora gli sono affidate con quella di estenderne i compiti. L’esperienza storica suggerisce che la produzione pubblica di beni e di servizi di mercato porta con sé rischi non trascurabili di “fallimento dello Stato”, soprattutto se l’impresa pubblica viene sottratta alla disciplina dei meccanismi concorrenziali o se non è accompagnata da regole e presidi istituzionali che ne garantiscano responsabilità e autonomia di gestione. È fuorviante la contrapposizione tra Stato e mercato, che sono invece complementari. Un’economia sana ha bisogno di entrambi: di buone regole, servizi pubblici di qualità e interventi in aree in cui i rendimenti sociali sono alti ma l’attività privata è insufficiente, così come di imprese dinamiche e innovative, in grado di valorizzare il lavoro ed essere premiate per la qualità della loro produzione».
Le considerazioni fatte da Visco sono molto importanti: il Governatore riconosce il ruolo positivo dello Stato a complemento, e non in sostituzione, dell’attività dei privati, che rimane imprescindibile. Non “più Stato”, quindi, bensì uno “Stato migliore”. Una pubblica amministrazione efficiente e valida, un quadro normativo meno complesso e un sistema di giustizia civile che funziona bene e in tempi ragionevoli (Visco scrive che in Italia «i tempi di recupero dei crediti per via giudiziale sono quasi doppi rispetto alla media dei paesi dell’Unione europea»), nonché il rispetto della libera e leale concorrenza da parte dei pubblici poteri sono tutte condizioni essenziali perché l’attività economica privata si sviluppi nel migliore dei modi. La soluzione non può consistere nell’invasione della società civile da parte di una pianificazione centrale dirigistica e assistenzialistica, guidata politicamente e sottoposta agli influssi delle lobby; allo Stato, nel suo ruolo di promotore e garante del bene comune, compete invece l’importante compito di creare le condizioni perché la vita economica e sociale si sviluppi in modo ordinato, libero e leale – e quindi auspicabilmente anche prospero–, secondo logiche sussidiarie.
Il Governatore pare quindi avere lanciato un monito ai politici a “non strafare”, visto anche l’approssimarsi della prima tranche degli oltre 200 miliardi di euro di finanziamenti definiti all’interno del Recovery Fund, da attuarsi nei prossimi sei anni secondo il piano presentato dal governo italiano a fine aprile alla Commissione Europea, il cosiddetto PNRR-Piano nazionale di ripresa e resilienza. Visco ammonisce che sarà una «grande sfida» che il Paese non può permettersi il lusso di sprecare, vista la situazione fortemente debitoria dello Stato, la scarsa produttività del nostro sistema economico, l’elevata disoccupazione giovanile, l’arretramento del meridione, l’invecchiamento demografico e tutti gli altri problemi strutturali che cronicamente affliggono l’Italia.
Il Governatore chiede di non «ripetere gli errori del passato, quandole risorse disponibili non hanno sempre trovato pieno e adeguato utilizzo». Lo dice in punta di fioretto, ma lo dice. A buon intenditore…
Giovedì, 03 giugno 2021