Nacque nel 1427 in una cascina posta nelle campagne tra Gallarate e Busto Arsizio da una povera famiglia di contadini. Fin da giovinetta sentì fortissimo il richiamo della vita religiosa, scelta alla quale il padre, persona che viene descritta come molto rozza e violenta, si opponeva decisamente in quanto voleva invece sposarla. Finalmente all’età di ventisette anni, nel 1454, Giuliana fuggì di casa per raggiungere, al Sacro Monte di Varese, la beata Caterina da Pallanza [1437-1478] che vi conduceva una santa vita eremitica; di Caterina, fondatrice delle Romite Ambrosiane del Sacro Monte di Varese, essa fu la prima compagna. Giuliana, analfabeta, visse come semplice conversa nel monastero che sorse presso il Sacro Monte, tutta umiltà, spirito di penitenza, servizio del prossimo, devozione a Gesù Crocifisso e alla Vergine, porgendo, attraverso la ruota del monastero, la desiderata acqua ai pellegrini assetati. Morì nel 1501 dopo ventidue anni passati in eremitaggi e venticinque in monastero. In questo Canone, fin dall’inizio della rubrica, si è sempre cercato di dare un’idea della straordinaria varietà della santità cristiana: origini, percorsi, vocazioni sempre diverse, pur nell’identità essenziale del fine. Così, accanto a sante e beate regine e principesse sono apparse sante e beate di umili origini: un segno dell’universalità, non solo geografica ma anche sociale del Cristianesimo. Quanti intellettuali vorrebbero – vorremmo – avere la fede ed imitare le opere di questa povera donna analfabeta! Come si sentono – ci sentiamo – inferiori ad essa nell’unica autentica gerarchia di valori.
Marco Tangheroni,
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005, pp. 16-17
Mercoledì, 14 agosto 2019