Di Fady Noun da AsiaNews del 23/03/2021
Il naufragio politico ed economico del Libano è confermato. Jean-Yves Le Drian, il ministro francese degli Esteri lo aveva già detto nel dicembre scorso: “Per me, il Libano è il Titanic senza orchestra. I libanesi affondano nel buio totale della loro situazione e non vi è nemmeno la musica”. Due mesi più tardi, la frattura è ormai totale fra il presidente Michel Aoun e il premier incaricato Saad Hariri. All’incontro in programma ieri, nel quale tutto il Libano aveva riposto timide speranze, ciò che è emerso è l’amara verità di un divorzio totale fra i due uomini politici.
Condannati a trovare un accordo, a meno che il capo del governo nominato non scelga di ritirarsi, i due uomini hanno visioni del tutto opposte su ciò che dovrebbe essere il governo e sul futuro della nazione. Sullo sfondo, il disaccordo fra i due uomini è totale per quanto concerne le loro rispettive prerogative nella formazione del governo e la natura stessa dell’esecutivo che si deve formare. Il capo dello Stato vorrebbe essere coinvolto in modo pieno nel processo di formazione del governo ed esercitare un diritto di veto sulla sua composizione, adducendo il fatto di non essere una semplice “casella postale”.
Sostenuto da alcuni costituzionalisti, Hariri vede in queste ambizioni una violazione della Costituzione e una volontà di egemonia sulle istituzioni. Aoun è accusato di voler comporre il governo in modo da disporre, a livello numerico al suo interno, del fatidico “terzo blocco” da poter sventolare ogni volta in cui le decisioni dell’esecutivo potrebbero andare nella direzione contraria rispetto ai propri interessi politici.
Da parte sua, Hariri vuole avere le mani libere per formare un governo di competenti ed esperti i cui membri non abbiano alcun collegamento politico diretto, in conformità ai criteri stabiliti con la Francia, in vista del suo salvataggio economico.
Un altro problema nella formazione dell’esecutivo sono i ministeri della Giustizia e degli Interni. Aoun vorrebbe affidare questi dicasteri a uomini vicini al suo movimento politico. Ciò nella prospettiva di una campagna finalizzata a individuare le irregolarità che hanno portato al tracollo economico del Libano, mediante la verifica legale dei conti della Banca del Libano, il cui governatore, Riad Salamé, è nel mirino del capo dello Stato.
La forma
Sul piano della forma, il primo ministro soffre il piglio autoritario di un capo dello Stato che ha l’età di suo padre. Questa è la ragione per la quale, si dice, egli è arrivato all’ultimo incontro già vessato e furioso. Il giorno precedente Aoun gli aveva indirizzato una sorta di casellario in cui figuravano le ripartizioni confessionali e partigiane di un governo composto da 18, 20 o 22 ministri. Il premier incaricato lo avrebbe dovuto “riempire” attribuendo i portafogli a personalità scelte da lui in base alle classificazioni suggerite. Hariri aveva giudicato questa procedura definita “metodologica” dal capo dello Stato come “un vero e proprio oltraggio”. Egli si è anche reso conto che in tutti e tre i casi prefigurati, il capo dello Stato avrebbe sempre potuto godere del famoso terzo di blocco.
Due giorni prima, il capo dello Stato l’aveva umiliato allorché, durante un evento pubblico, lo aveva convocato con fare militare per il giorno seguente al palazzo presidenziale, per mezzo di una presenza in televisione!
Sempre per quanto riguarda la forma, alla fine del 2020 il capo dello Stato aveva permesso la “fuga” di un video nel quale, ricevendo il capo dell’attuale governo ad interim Hassan Diab, bollava a voce alta Saad Hariri come un “bugiardo”. Del resto, il fatto che non sia stata elevata alcuna sanzione amministrativa costituisce la prova, agli occhi di Hariri, che si trattava di una vera e propria fuga intenzionale di notizie e non di un oltraggio deliberato.
Dopo questo “incidente” il capo della Chiesa maronita, il patriarca Beshara Raï, aveva tentato invano di riconciliare i due uomini. Ed è sempre in questa direzione che il leader druso Walid Joumblatt ha tentato invano alla vigilia dell’incontro di ieri di proporre ai due uomini un “compromesso” per farli uscire dalla logica della prova di forza, verso una soluzione unitaria.
Reazioni locali e internazionali
Il Paese ha subito reagito allo scontro Aoun-Hariri con un nuovo picco nel deprezzamento della valuta nazionale rispetto al dollaro. Al contempo, la situazione per le strade resta tesa.
Sul piano arabo e internazionale, la reazione è dura. Il dipartimento di Stato Usa ha rilanciato ieri il suo appello alla classe dirigente perché metta fine alle “strategie partigiane dell’orlo dell’abisso” per formare un nuovo esecutivo.
Poco prima, il vice-segretario di Stato Usa per il Medio oriente, David Schenker, aveva accusato il membro del Congresso libanese Gebran Bassil di aver bloccato la formazione del governo per soddisfare le sue ambizioni personali.
Sempre ieri sera, il patriarca maronita Beshara Raï ha parlato al telefono con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, sulla situazione in Libano rilevando “l’incapacità” dei leader di “sedersi insieme per mettersi d’accordo su un progetto di salvataggio. Il tutto mentre la fame e la povertà dilagano e la valuta nazionale si sgretola e spinge il Paese verso il collasso totale”.
Il giorno prima, il capo della diplomazia francese Jean-Yves le Drian aveva chiesto all’Unione europea di usare “delle leve” contro i leader politici libanesi perché si formi un governo e si varino riforme in questo Paese “alla deriva”. “Tutti – ha accusato Le Drian durante un incontro a Bruxelles con i suoi omologhi Ue, pur senza nominare la parola sanzioni – sanno ciò che si deve fare, ma siamo di fronte a uno stallo legato a interessi particolari, che lavorano perché i responsabili politici non riescano ad avviare il processo”.
Al contempo, anche la Lega araba ha invitato il Libano a reagire e a uscire dal suo immobilismo.
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