Un Mistero che, forse, non si riesce a comprendere, ma certamente si può vivere grazie a Gesù
di Michele Brambilla
Il 30 maggio Papa Francesco recita l’Angelus «in questa festa nella quale celebriamo Dio: il mistero di un unico Dio». La I domenica dopo Pentecoste è infatti la solennità della SS. Trinità, della quale il Papa spiega l’enunciato teologico: «tre persone, ma Dio è uno! Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito è Dio. Ma non sono tre dei: è un solo Dio in tre Persone. È un mistero che ci ha rivelato Gesù Cristo: la Santa Trinità».
Il cammino che ha portato, nei primi secoli, alle definizioni dogmatiche che ripetiamo ancora oggi durante la Messa, quando si proclama il Credo niceno-costantinopolitano o, in Quaresima, il Simbolo apostolico, è stato irto di ostacoli e ha dovuto combattere numerose eresie: «oggi ci fermiamo a celebrare questo mistero, perché le Persone non sono aggettivazione di Dio, no. Sono Persone reali, diverse, differenti; non sono – come diceva quel filosofo – “emanazioni di Dio”».
Il riferimento è al monarchianismo, un’eresia che enfatizzava la monarchia del Padre e considerava Figlio e Spirito Santo delle “emanazioni” (da cui il termine equipollente di “emanazionismo”). Il primo a parlarne fu l’apologeta Tertulliano (155-230), ed è lui il filosofo a cui accenna il Pontefice, che prosegue: «no, no! Sono Persone. C’è il Padre, che io prego con il Padre Nostro; c’è il Figlio, che mi ha dato la redenzione, la giustificazione; c’è lo Spirito Santo, che abita in noi e abita la Chiesa. E questo parla al nostro cuore, perché lo troviamo racchiuso in quella espressione di San Giovanni che riassume tutta la Rivelazione: “Dio è amore” (1 Gv 4,8.16)», e non potrebbe esserlo se non fosse relazione al Suo stesso interno.
Francesco riconosce che il Mistero della Trinità «non è facile da capire, ma si può vivere» perché «questo mistero della Trinità ci è stato svelato da Gesù stesso. Egli ci ha fatto conoscere il volto di Dio come Padre misericordioso; ha presentato Sé stesso, vero uomo, come Figlio di Dio e Verbo del Padre, Salvatore che dà la sua vita per noi; e ha parlato dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio, Spirito di Verità, Spirito Paraclito – ne abbiamo parlato, domenica scorsa, di questa parola “Paraclito” – cioè Consolatore e Avvocato. E quando Gesù è apparso agli Apostoli dopo la risurrezione, Gesù li ha inviati ad evangelizzare “tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19)».
Vissero ad immagine e somiglianza di Dio, uno e trino, le infermiere cattoliche trucidate in odium fidei dagli anarco-comunisti durante la Guerra civile spagnola (1936-39): «ieri ad Astorga, in Spagna, sono state beatificate María Pilar Gullón Yturriaga, Octavia Iglesias Blanco e Olga Pérez-Monteserín Núñez. Queste tre donne laiche coraggiose, a imitazione del buon Samaritano, si sono dedicate a curare i feriti di guerra senza abbandonarli nel momento del pericolo». Anche la vita sociale si deve conformare all’amore trinitario, pertanto «il prossimo 1° luglio mi incontrerò in Vaticano con i principali Responsabili delle Comunità cristiane presenti in Libano, per una giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Paese e per pregare insieme per il dono della pace e della stabilità. Affido questa intenzione all’intercessione della Madre Dio, tanto venerata al Santuario di Harissa, e fin da questo momento vi chiedo di accompagnare la preparazione di questo evento con la preghiera solidale, invocando per quell’amato Paese un futuro più sereno».
Il Santo Padre si dilunga su un dono molto particolare: «questa mattina ho ricevuto un piccolo gruppo di fedeli che mi ha portato la traduzione della Bibbia tutta intera nel loro dialetto. L’ha fatto un uomo: otto anni di lavoro! Scritta, sono otto volumi, tutta in dialetto. E lui, che era presente, mi diceva che leggeva, pregava e traduceva. Io vorrei ringraziare per questo gesto» per due motivi. Il primo perché permette al Pontefice di rinnovare l’invito a portare sempre con noi una copia tascabile dei Vangeli; il secondo perché «impariamo dall’esempio di quest’uomo che» traduceva pregando. Come detto più volte dallo stesso Francesco, la teologia migliore ha come presupposto necessario la contemplazione.
Lunedì, 31 maggio 2021