di Michele Brambilla
La liturgia romana fa cantare ai credenti, nella domenica della SS. Trinità, il Salmo 8, che esalta la bontà della creazione, opera di un Dio provvidente. Papa Francesco parte proprio da questo particolare nell’omelia letta il 16 giugno sul sagrato della cattedrale di Camerino, una delle città marchigiane più colpite dal terremoto che si è abbattuto sull’Italia centrale nell’estate 2016: «“Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi?”, abbiamo pregato nel Salmo (8,5). Mi sono venute in mente queste parole pensando a voi. Di fronte a quello che avete visto e sofferto, di fronte a case crollate e a edifici ridotti in macerie, viene questa domanda: che cosa è mai l’uomo? Che cos’è, se quello che innalza può crollare in un attimo? Che cos’è, se la sua speranza può finire in polvere? Che cosa è mai l’uomo?». Sono interrogativi pesanti come le pietre di Camerino, che a causa di una burocrazia asfissiante non sono ancora state rimesse a posto. «La risposta sembra arrivare dal prosieguo della frase», continua il Pontefice: «che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Di noi, così come siamo, con le nostre fragilità, Dio si ricorda. Nell’incertezza che avvertiamo fuori e dentro, il Signore ci dà una certezza: Egli si ricorda di noi».
Il Papa, che prima della Messa ha visitato le case prefabbricate in cui vivono (ancora) gli sfollati e la cattedrale lesionata, scandisce di nuovo: «si ri-corda, cioè ritorna col cuore a noi, perché Gli stiamo a cuore. E mentre quaggiù troppe cose si dimenticano in fretta, Dio non ci lascia nel dimenticatoio. Nessuno è disprezzabile ai suoi occhi, ciascuno ha per Lui un valore infinito: siamo piccoli sotto al cielo e impotenti quando la terra trema, ma per Dio siamo più preziosi di qualsiasi cosa».
«Ricordo», quindi, «è una parola-chiave», a cui seguono nel discorso “speranza” e “vicinanza”. La parola “speranza” il Papa la ripete in ogni casetta visitata, ma nell’omelia puntualizza: «di quale speranza si tratta? Non è una speranza passeggera. Le speranze terrene sono fuggevoli, hanno sempre la data di scadenza: sono fatte di ingredienti terreni, che prima o poi vanno a male. Quella dello Spirito è una speranza a lunga conservazione. Non scade, perché si basa sulla fedeltà di Dio. La speranza dello Spirito non è nemmeno ottimismo. Nasce più in profondità, riaccende in fondo al cuore la certezza di essere preziosi perché amati».
Venendo alla vicinanza, Francesco ricorda che «oggi celebriamo la Santissima Trinità. La Trinità non è un rompicapo teologico, ma lo splendido mistero della vicinanza di Dio. La Trinità ci dice che non abbiamo un Dio solitario lassù in cielo, distante e indifferente; no, Lui è Padre che ci ha dato il suo Figlio, fattosi uomo come noi, e che per esserci ancora più vicino, per aiutarci a portare i pesi della vita, ci manda il suo stesso Spirito». La presunta astrattezza di una formula teologica si rivela così carne e sangue, vita donata per il mondo. «Infatti Lui è specialista nel risuscitare, nel risollevare, nel ricostruire. Ci vuole più forza per riparare che per costruire, per ricominciare che per iniziare, per riconciliarsi che per andare d’accordo. Questa è la forza che Dio ci dà. Perciò chi si avvicina a Dio non si abbatte, va avanti: ricomincia, riprova, ricostruisce. Soffre anche, ma riesce a ricominciare, a riprovare, a ricostruire».
Lunedì, 17 giugno 2019