di Michele Brambilla
Si avvicina la XXXIII domenica del Tempo ordinario, proclamata al termine del Giubileo della misericordia “Giornata mondiale dei poveri”, e all’Angelus di domenica 30 ottobre, XXX del tempo ordinario, Papa Francesco comincia a prepararla spiritualmente commentando il Vangelo della XXX domenica, Mt 22,34-40, all’interno del quale viene chiesto a Gesù quale sia «[…] il più grande comandamento» (v. 36). Il Maestro risponde: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente» (v. 37), che è il primo articolo del Decalogo (parzialmente riproposto dalla prima lettura, Es 22, 21-27), aggiungendovi la postilla fondamentale: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22, 37).
Un solo desiderio attraversa la vita dell’uomo dal concepimento alla morte naturale: amare ed essere amati. «Quello che Gesù propone in questa pagina evangelica», dice il Pontefice, «è un ideale stupendo, che corrisponde al desiderio più autentico del nostro cuore. […] Dio, che è Amore, ci ha creati per renderci partecipi della sua vita, per essere amati da Lui e per amarlo, e per amare con Lui tutte le altre persone. Questo è il “sogno” di Dio per l’uomo». È una citazione della celebre pagina di 1 Gv 4 (4, 7), che sostiene anche il paragrafo iniziale del messaggio per la Giornata dei poveri, già divulgato dalla Sala stampa: «un tale amore non può rimanere senza risposta. Pur essendo donato in maniera unilaterale, senza richiedere cioè nulla in cambio, esso tuttavia accende talmente il cuore che chiunque si sente portato a ricambiarlo nonostante i propri limiti e peccati».
Il doppio comandamento, l’amore per Dio e l’amore per i fratelli, è l’architrave della Legge mosaica, e la preserva dal male di un legalismo freddo e ipocrita. «Tu puoi fare tante cose buone», afferma il Santo Padre all’Angelus, «compiere tanti precetti, tante cose buone, ma se tu non hai amore, questo non serve». È così che sono vissuti e vivono i santi, dei quali ci si appresta a festeggiare la solennità. Lo hanno imparato dall’Eucaristia. «In essa noi riceviamo Gesù nell’espressione massima del suo amore», osserva il Papa, «quando Egli ha offerto sé stesso al Padre per la nostra salvezza».
Francesco approfitta della presenza in piazza delle comunità togolese e venezuelana, quest’ultima con la statua della propria patrona celeste, la Vergine di Chiquinquirà, per benedire «[…] le speranze e le legittime attese di queste due Nazioni», con un occhio di riguardo proprio verso il Venezuela, la cui crisi politica non si è affatto risolta con la fine delle proteste di piazza.