Traduzione su Il Foglio, articolo di Cécile Ducourtieux da Le Monde del 03/12/2021
Kathleen Stock – scrive Cécile Ducourtieux – ha l’aria stanca. Indossa una camicia scozzese sopra una t-shirt, ha i capelli scompigliati, e si scusa per il ritardo. Da alcuni giorni, è travolta da una tempesta mediatica ed emotiva, ma la sua voce resta ferma per questo appuntamento in videochiamata da casa sua, nel sud dell’Inghilterra. “Ero arrabbiata, ma non lo sono più; sono solo sollevata. Non potevo più restare all’università, perché sapevo che le intimidazioni sarebbero continuate”. Questa professoressa universitaria e scrittrice di 49 anni è una celebrità nel Regno Unito dallo scorso 28 ottobre e dalle sue rumorose dimissioni dall’Università del Sussex, dove aveva trascorso diciassette anni a insegnare Filosofia. Le ragioni del suo addio? La pressione, divenuta troppo intensa, di studenti e di colleghi che reclamavano la sua testa da tre anni in ragione delle sue opinioni sul sesso e sul genere. Per Kathleen Stock, il sesso biologico è una realtà inalienabile. Critica dunque le attiviste, molto presenti sui social network, convinte che il genere prevalga sul sesso: secondo loro, una donna transgender è letteralmente una donna, anche se ha ancora gli organi genitali di un uomo, e affermare che non lo sia significa rinnegare la sua identità. La filosofa lancia l’allarme sui presunti pericoli di queste affermazioni: “Il sesso non è solo qualcosa che esiste nella propria testa, è una realtà biologica, con implicazioni mediche e sportive”, insiste. Senza contare il fatto che le donne, secondo lei, hanno bisogno di essere protette da eventuali aggressioni sessuali in spazi riservati (spogliatoi, bagni, prigioni), e che dunque non è concepibile che condividano tali luoghi, senza discernimento, con tutte le persone che si dichiarano donne anche se, ai suoi occhi, non lo sono biologicamente. Per le sue idee, “largamente diffuse negli altri paesi”, secondo Kathleen Stock, è accusata di transfobia sui social network e nel campus del Sussex, a Brighton, nel sud dell’Inghilterra. Un’accusa che respinge duramente: “Chiedo solo di dibattere in maniera rispettosa”. Questo scontro tra i promotori dell’ideologia gender e le femministe “critiche del gender” è esploso nella sfera mediatica nel 2020. Al centro della burrasca, la scrittrice britannica J. K. Rowling, creatrice della saga di Harry Potter. E’ stata presa di mira per aver scherzato, in reazione a un articolo che parlava di “persone che hanno il ciclo mestruale”: “Sono certa che esista una parola per qualificare queste persone, qualcuno può aiutarmi?”, poi per aver insistito sull’importanza di non “cancellare il concetto di sesso” a favore di quello di genere. Da allora, questa star della letteratura – conta 13,9 milioni di follower su Twitter – è diventata l’avvocato delle femministe come Kathleen Stock, le Terf (Trans-exclusionary radical feminist), come sono state battezzate dalle loro avversarie, le attiviste pro trans. “Potrei ricoprire la facciata della mia casa con le loro minacce di morte”, ha dichiarato J. K. Rowling a metà novembre. Prima di dare le dimissioni, anche la signora Stock ha battagliato per molto tempo, sia sul web sia pubblicando libri. L’ultimo, uscito ad agosto, è stato un successo nelle librerie. Risultato: sono piovuti insulti e accuse, e la polizia ha consigliato alla professoressa universitaria di limitare i suoi spostamenti nel campus. “Sono alcuni colleghi che, bollandomi pubblicamente come appartenente alla categoria dei transfobi sui social network e durante le loro lezioni, hanno creato le condizioni affinché gli studenti finissero per crederci”, accusa oggi Kathleen Stock (…).
La signora Stock è lungi dall’essere l’unica Terf presa di mira. Selina Todd, professoressa a Oxford riconosciuta per i suoi lavori sulla storia delle donne nel Ventesimo secolo, ha vissuto un’esperienza simile. “Nel 2018, scopro questo dibattito sul sesso e sul genere. Naturalmente, il tema mi interessa, e quando Kathleen Stock viene attaccata, decido di difenderla pubblicamente”, racconta questa donna di 46 anni. “Non c’è posto a Oxford per le persone settarie come Selina Todd”, tuona nel 2019, dalle colonne di Cherwell, ossia il giornale studentesco del campus, un membro anonimo del gruppo di attivisti Trans Action Oxford. A inizio 2020, alla signora Todd viene proibito di parlare in occasione di un seminario del college di Exeter che celebra la prima “Conferenza nazionale di liberazione delle donne” del paese. La sua colpa? Essersi mostrata accanto all’associazione Woman’s Place Uk, che milita affinché le donne dispongano di spazi riservati (spogliatori, prigioni, etc.). “A causa delle minacce su web, per alcune mie conferenze è stata necessaria la protezione degli agenti di sicurezza”, afferma la signora Todd. “Non ho problemi con gli studenti che protestano, è tipico della loro età. Chi mi ha veramente danneggiato sono i miei colleghi, a Oxford e altrove, i quali hanno smesso di parlarmi e mi hanno escluso dalle reti di ricerca. E l’università non ha mai provato a proteggermi da questa situazione. E’ inquietante non sentirsi appoggiati dall’istituzione in cui si lavora”. (Traduzione di Mauro Zanon)