Sabato 21 ottobre 2023, il prestigioso Salone delle Grida della Camera di Commercio di Napoli ha ospitato il convegno nazionale Conservatori del Futuro. Che cosa conservare, come ricostruire, organizzato da Alleanza Cattolica in collaborazione con il Centro Studi Rosario Livatino e con il patrocinio della Città di Napoli.
In apertura, Tommaso Tartaglione, di Alleanza Cattolica, che ha introdotto e moderato la sessione mattutina, dopo aver ricordato la felice coincidenza dell’evento con la festa liturgica del beato Carlo d’Austria (1887-1922), ultimo sovrano dell’Impero austro-ungarico, ha dato lettura dei messaggi di saluto delle autorità ai convegnisti. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha scritto fra l’altro: «Desidero informarvi che ho concesso all’iniziativa, di cui condivido le finalità, il Patrocinio della Città di Napoli».
Dopo i saluti istituzionali del presidente della Camera di Commercio di Napoli, Ciro Fiola, che ha reso possibile la realizzazione dell’ini-ziativa, e del presidente di Area Blu, Pietro Diodato, già consigliere regionale della Campania, è stata data lettura del messaggio inviato da Massimo Gandolfini, presidente del Family Day, impossibilitato a partecipare: «Grazie agli organizzatori — in particolare a Marco Invernizzi e Domenico Airoma — per avermi invitato, segno di un sentimento, certamente reciproco, di grande stima e profonda condivisione di obbiettivi e percorsi storici attuativi. Già nel titolo questo convegno illumina il nostro quotidiano impegno — che spesso comporta non poche difficoltà e sacrifici — di coniugare i fondamentali valori e principi della nostra tradizione, culturale e storica, con l’evolversi degli stili di vita propri del terzo millennio, in cui la Divina Provvidenza ci ha posto a vivere. […] Abbiamo di fronte il grande compito di una “nuova evangelizzazione”, globale, e sono sicuro che ognuno di noi sente nel cuore, ogni giorno, il mandato evangelico “Andate e annunciate il Vangelo a tutte le nazioni”».
Ha quindi inaugurato la prima sessione Marco Invernizzi, responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, con una relazione dal titolo Conservatori senza partito: il caso italiano, in cui ha spiegato i motivi per cui il conservatorismo in Italia non ha mai attecchito, nemmeno nella forma di movimenti culturali numericamente significativi, e ha ricordato come l’idea di organizzare un convegno su questo tema si sia sviluppata sulla scia delle dichiarazioni di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei Ministri, che più volte si è richiamata al conservatorismo. Invernizzi ha svolto un excursus storico sul fenomeno del conservatorismo in Italia partendo dalla Rivoluzione francese e passando per il Risorgimento, il fascismo e la Democrazia Cristiana, sino alla fondazione di Fratelli d’Italia nel 2012.
A seguire, è intervenuto Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, che ha plaudito alla scelta del titolo del convegno, perché a suo avviso riprendeva l’affermazione dello scrittore Giuseppe Prezzolini (1882-1982) contenuta nel suo Manifesto dei conservatori: «Il progressista è la persona di domani, il conservatore invece è la persona di dopodomani». Il conservatore, dunque, è in una posizione più avanzata rispetto al progressista, perché è consapevole della necessità di dover modernizzare una società, «ma per modernizzare bene — ha proseguito il ministro — bisogna salvaguardare sempre i valori fondanti di una nazione e di un nucleo comunitario. […] Le grandi modernizzazioni sono state sempre fatte dai conservatori e non certo dai progressisti che molto spesso si sono limitati a demolire senza costruir nulla».
Ha concluso la sessione mattutina il professor Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea presso la LUISS «Guido Carli» di Roma, che, ricordata la propria provenienza dalla cultura liberale, ha analizzato le intersezioni del liberalismo con il pensiero conservatore e con la tradizione politica cattolica. Un conservatorismo realistico deve guardarsi intorno, capire a che punto dello sviluppo storico si è arrivati e ogni ragionamento su di esso non può che partire dalla dialettica fra modernità e conservatorismo. Si può intendere la modernità come la pretesa di fondare un ordine umano autosufficiente, un ordine umano illuminato esclusivamente dalla ragione. Il conservatorismo, invece, parte dall’idea che la ragione abbia dei limiti, che è uno strumento imperfetto, in certa misura «pericoloso», e che dunque, immaginare di poter creare un ordine basato esclusivamente sulla ragione, significa imboccare un percorso destinato alla catastrofe. Nella giusta misura, il conservatore valorizza anche i «pre-giudizi», cioè le valutazioni sulla realtà che si fanno prima ancora che, su questa, la ragione abbia esercitato un’analisi ponderata. Analogamente, il conservatore recupera il valore dell’atto di fede. «Il conservatorismo ha la funzione del catechon, è il freno della modernità, è l’elemento critico, è quello che costantemente regola il passo della modernità». Ma non solo questo: il conservatorismo guarda al di là dell’epoca della modernità.
Oggi esso ha la grandissima opportunità di costruire sulla protesta contro i difetti del regime liberale radicale post-Ottantanove per porre un argine alla modernità.
È stata, quindi, data lettura di uno stralcio della relazione del professor Mauro Ronco, giurista e presidente del Centro Studi Rosario Livatino, intitolata Verità e diritto: Giambattista Vico e incentrata sulla Scienza nuova come risposta di carità al bisogno di verità del tempo.
Infine, Antonio Mondelli e Michelangelo Longo, entrambi di Alleanza Cattolica, hanno presentato un Laboratorio per il conservatorismo, una nuova piattaforma digitale che intende diventare un ambiente dove si possano incontrare coloro che hanno a cuore il conservatorismo.
Nella sessione pomeridiana si è svolta una tavola rotonda, introdotta e moderata da Ferdinando Raffaele, pure di Alleanza Cattolica, e intitolata Come ricostruire: percorsi per un futuro a misura d’uomo. Vi hanno preso parte Daniela Bianchini, del Consiglio Superiore della Magistratura, Laura Boccenti di Alleanza Cattolica, Eugenio Capozzi, professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, Andrea Mariotto, della Scuola di Cultura cattolica di Bassano del Grappa, l’avvocato Domenico Menorello, e il ricercatore romeno di Storia contemporanea Remus Tanasa.
Ha concluso il convegno Domenico Airoma, responsabile vicario di Alleanza Cattolica, che, evocando Thomas Stearn Eliot (1888-1965), si è soffermato sull’atteggiamento psicologico del contro-rivoluzionario di fronte a una «terra desolata» come il mondo contemporaneo. Il primo atteggiamento di chi lo abita e vuole rettificarlo deve essere quello della gratitudine nei confronti di Nostro Signore e dei nostri maestri, che ci hanno insegnato a essere vicini alle radici e a conservarle, e che non esiste soltanto la natura fuori di noi, ma anche una natura che è in noi e di cui occorre essere custodi. Inoltre, bisogna avere un po’ d’orgoglio, perché siamo stati educati alla resistenza anche quando costa: resistere attaccati alle radici. Soltanto conservando le radici, infatti, è possibile preparare il futuro: l’autentico conservatore è consapevole di conservare per trasmettere.
Il secondo atteggiamento è l’umiltà, che ci fa consapevoli che, per quanto desolata, si tratta pur sempre della nostra terra, è il nostro presente che non possiamo disprezzare, perché l’uomo del reale sa che non si ricostruisce da zero, che non si può ricreare, ma si può costruire soltanto partendo da ciò che esiste. Un’opera di ricostruzione così imponente non si può realizzare da soli. In un momento storico come questo occorre cercare compagni di strada.
L’ultimo atteggiamento che il conservatore deve avere è la gioia, senza la quale non si riesce nemmeno ad essere attrattivi. Tale gioia trae fondamento dalla consapevolezza che chi ha contribuito a desolare questa terra è destinato al fallimento, realizzando un mondo che imploderà. Bisogna combattere questa battaglia perché è già vinta.