Da Avvenire del 21/03/2020. Foto da Ansa
È legittimo bandire posti di lavoro per soli medici abortisti. Lo ha sancito la Corte europea per i diritti dell’uomo, respingendo con sentenza del 12 marzo il ricorso di un’ostetrica svedese – indisponibile a effettuare l’interruzione di gravidanza – che si era sentita discriminata da due strutture ospedaliere. Lei, Ellinor Grimmark, fino all’agosto 2012 era un’infermeria geriatrica. Poi decide di frequentare un corso di 18 mesi per diventare ostetrica, per il quale riceve un contributo economico dalla struttura. Nella primavera del 2013 risponde a un annuncio dello stesso ospedale, che propone un posto da ostetrica come sostituzione estiva, ma subito chiarisce la sua indisponibilità agli aborti, dovuta a motivi religiosi. Risultato: la struttura la licenzia, revocandole pure il sostegno al training da ostetrica. Ellinor risponde allora a un annuncio simile di un altro ospedale, che anche stavolta – tra i compiti di questa figura – espressamente menziona l’uccisione del feto. Niente anche qui. La donna si rivolge quindi a un terzo nosocomio, ribadendo che non avrebbe eseguito aborti, ma precisando la sua disponibilità ad assistere donne avviate verso l’interruzione di gravidanza. Sostiene un colloquio, e riceve verbalmente una proposta concreta di lavoro. Nel frattempo, avvia l’iter legale per discriminazione contro il primo ospedale, rilasciando pure un’intervista a un giornale locale. E’ il 23 gennaio 2014: l’ospedale che le aveva promesso il lavoro si rimangia la parola, e le consiglia assistenza per cambiare idea sugli aborti. Ellinor ricorre presso tutte le magistrature svedesi, ma sempre con esito avverso. A quel punto, desiderosa di ottenere giustizia, si rivolge alla Cedu. E pure qui le sue tesi non trovano accoglimento. La Corte, innanzitutto, sostiene non vi sia stata lesione della libertà di pensiero: se anche si fosse stata una interferenza nella libertà religiosa della ricorrente, si legge in sentenza, i giudici svedesi avrebbero ‘bilanciato con cura’ i ‘differenti, contrastanti interessi’. Vale a dire le convinzioni religiose da una parte e il buon funzionamento della sanità dall’altra. Chiarito ciò, la Corte ritiene pure che non vi sia stata lesione della libertà di espressione, perché il passo indietro del terzo ospedale non sarebbe stato provocato dall’intervista di Ellinor, bensì dalle ‘limitazioni professionali’ opposte dalla donna alla ‘messa in atto di tutti i compiti richiesti’. Infine, ed è sempre la Cedu a sostenerlo, a danno di Grimmark non sarebbe stata opposta discriminazione alcuna: ‘La situazione della ricorrente e quella delle altre ostetriche che hanno acconsentito a compiere gli aborti – si legge nella sentenza di Strasburgo – non sono sufficientemente simili da essere paragonate’. Anche in Italia, nel 2017, si era sollevato un dibattito del tutto simile: il presidente della Regione Lazio aveva bandito due posti per soli ginecologi abortisti, provocando la levata di scudi (anche) dell’Ordine dei medici.