Da Avvenire del 06/05/2020
Si moltiplicano le voci di atteggiamenti discriminatori nella pandemia che sta colpendo duramente anche il Pakistan, Paese vasto, popoloso e con risorse assai limitate. Testimoni parlano di atteggiamenti selettivi negli aiuti ma anche del tentativo di gruppi estremisti di utilizzare la crisi in corso per incentivare conversioni all’islam dei non musulmani.
«È una pratica scandalosa e allarmante, che va fermata sul nascere: vi sono alcune persone che stanno sfruttando la disperazione creata in tante persone indigenti, per indurre una conversione religiosa all’islam, operando un ricatto: se vuoi il cibo, diventa musulmano, dicono ». La denuncia del professor Anjum James Paul, cattolico, presidente dell’Associazione pachistana degli insegnanti appartenenti alle minoranze, riportata dall’agenzia Fides è forte, e dettata dalla preoccupazione che vi siano forze disposte a approfittare della situazione.
«Chiediamo a tutti i religiosi musulmani – aggiunge Paul, docente in un istituto pubblico di secondo grado a Lahore – di evitare questa vergognosa forma di violenza e di proselitismo, per cui si chiede la conversione in cambio di cibo, che può funzionare con gli emarginati e i più poveri tra i poveri».
Timori sono anche sollevati sulla rinnovata vulnerabilità dei cristiani che li pone, le donne in particolare, a rischio di conversione forzata.
Come ha ricordato l’avvocato Sulema Jahangir in un articolo pubblicato dal quotidiano Dawn, «il Covid potrebbe offrire un pretesto per ricorrere alla conversione religiosa di giovani donne come mezzo per salvare la loro vita o la loro famiglia in tempo di crisi. Una donna, una volta convertita, non può tornare indietro, poiché l’apostasia implica la condanna a morte».
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