di Vladimir Rozanskij da AsiaNews del 17/08/2020
Anticipando l’appello di papa Francesco, centinaia di cattolici, ortodossi e protestanti hanno manifestato contro le violenze e per la pace. Ieri gigantesca manifestazione per chiedere nuove elezioni (alcune stime parlano di 200mila persone). Lukašenko sfida gli oppositori radunando decine di migliaia di suoi sostenitori. Intanto scioperano gli operai e manifestano i genitori e le donne. Sono almeno due le vittime della polizia.
Mosca (AsiaNews) – L’appello di papa Francesco per il dialogo e la pace nella Bielorussia, ricordata ieri all’Angelus, mostra un coinvolgimento sempre maggiore dei cristiani nelle tensioni sorte nel Paese dopo i risultati elettorali. Il 13 agosto, accanto alla cattedrale cattolica della Vergine Maria si sono radunate alcune decine di persone: gli ortodossi con le icone, i cattolici con i rosari, i protestanti con le Bibbie. Recitando insieme il Padre Nostro, essi si sono mossi dalla piazza della Libertà verso la principale chiesa ortodossa della capitale, la cattedrale dello Spirito Santo, dove li attendeva un gruppo non meno numeroso di persone.
A capo della processione stavano tre seminaristi e un diacono della cattedrale cattolica, Jurij Reshetko. All’agenzia BelaPan essi hanno dichiarato che il corteo di preghiera aveva lo scopo di fermare le violenze in atto nel Paese. Nella cattedrale ortodossa si è svolta una celebrazione per la pace; parte dei fedeli ha assistito dalla piazza antistante: in tutto hanno partecipato diverse centinaia di persone. Questo è avvenuto nonostante la presa di posizione dell’esarcato ortodosso di Bielorussia, che ha preso le distanze da ogni tipo di manifestazione, compresa quella dei propri fedeli.
Nel comunicato degli ortodossi si afferma che “la posizione della Chiesa ortodossa di Bielorussia è a favore della pace, della comprensione reciproca tra tutte le parti in conflitto, cercando di evitare gli eccessi. Abbiate cura di voi stessi e del vostro prossimo, non cedete alle provocazioni e agite nei limiti della legge dell’amore cristiano, e della legislazione della repubblica di Bielorussia”. Diversi sacerdoti ortodossi si sono comunque uniti alle manifestazioni di questi giorni, anche contro il parere del metropolita e dei vescovi.
Le proteste in Bielorussia del resto non accennano a fermarsi: siamo ormai a otto giorni di proteste, e ancora ieri, domenica 16 agosto, si sono radunate nel centro di Minsk decine di migliaia di persone (secondo varie stime, da 50 a 200 mila, in fila per tre chilometri) per chiedere di ripetere le elezioni, senza violenze e senza imbrogli, allo slogan: “Lukašenko nell’avtozak!” (“avtozak” è il camion della polizia dove vengono percossi gli arrestati), oppure: “Le pecore fanno bèe, noi diciamo: Vattene!” (il presidente aveva paragonato i dimostranti a pecore pagate e ammaestrate dai lituani e dai tedeschi).
Il presidente Lukašenko ha radunato a sua volta i suoi sostenitori, fatti arrivare con speciali pullman dalle campagne (egli stesso, in epoca sovietica, era presidente di un kolchoz, un’azienda agricola socialista) fino a una massa di 70 mila persone, almeno secondo le dichiarazioni ufficiali. Dimostrazioni di protesta si tengono un po’ in tutte le altre città del paese: Grodno, Gomel’, Brest, Mogilev, Baranoviči, Vitebsk, Bobruysk e altre. A Gomel’ si sono anche tenuti i funerali di Aleksandr Vikhor, una delle vittime delle repressioni a Minsk dei giorni scorsi: si era sentito male dopo il fermo di polizia e le percosse ricevute, e l’ambulanza non è arrivato in tempo a salvarlo. Sono stati anche pubblicati i video che riguardano un’altra vittima, Aleksandr Tarajkovskij, la cui morte è stata attribuita a una molotov esplosagli in mano, ma dal video è evidente che è stato abbattuto dai poliziotti e che non aveva alcun’arma.
In questi giorni sono iniziati anche gli scioperi degli operai in diverse fabbriche. Come nella rivolta ucraina del Majdan nel 2013, dopo i figli hanno cominciato a scendere in strada i genitori e le donne, nonostante le continue repressioni violente da parte della polizia. Secondo Lukašenko, le manifestazioni hanno radunato disoccupati e criminali, e per questo molti scendono in piazza solo dopo l’orario di lavoro. Molti chiedono al presidente di accomodarsi in una dacia russa, accanto all’ex-presidente ucraino Janukovič, rifugiato alla periferia di Mosca dopo i moti del Majdan di Kiev.
Aleksandr Lukašenko, peraltro, nei giorni scorsi ha dovuto smentire le voci di una sua imminente partenza dal Paese: “Per ora io sono vivo e non sono all’estero, come vorrebbero alcuni importanti siti informativi”, ha commentato il presidente in una riunione straordinaria del consiglio di sicurezza bielorusso. A suo parere “se i nostri continuano a scioperare, faranno la fortuna dei concorrenti di Russia e Canada, che invaderanno i nostri mercati… che vadano a lavorare!”.
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