Nel silenzio pressoché totale dei mass media italiani, aggredita e respinta una delegazione internazionale che avrebbe dovuto verificare lo stato dei diritti umani nel1’isola caraibica sottoposta a regime socialcomunista, mentre è motivo di speranza la notizia secondo cui l’opposizione interna esiste ed è operante.
Un caso esemplare di «trasparenza» castrista
Cuba: diritti umani e Resistenza
Giovedì 10 novembre 1988, alle due del mattino, il governo della Repubblica di Cuba ha espulso dall’aeroporto dell’Avana una delegazione di otto persone, giunta per svolgere una visita, preventivamente autorizzata, allo scopo di verificare la situazione dei diritti umani nell’isola caraibica.
I membri della delegazione appartenevano all’ASOPAZCO, l’Asociacion por la Paz Continental: ne facevano parte cinque spagnoli, fra cui due senatori di Alianza Popular, Loyola del Palacio e Javier Camara; Alejandro del Rosal, dell’Associazione Internazionale per i Diritti Umani; il giornalista Mariano Lopez Garcia; Maria Paz Martinez Nieto, presidente della Federazione Europea per i Diritti Umani a Cuba; una cittadina svizzera, una tedesca e l’italiano Salvatore Napoli, tutti esponenti di comitati per i diritti umani.
Appena giunti nella capitale cubana i membri della delegazione — che erano muniti di un regolare visto rilasciato dall’ambasciata di Cuba a Madrid ed erano stati verbalmente appoggiati da Eliun Sen, presidente della Commissione per i Diritti Umani presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, a Ginevra — si sono visti dapprima ritirare i passaporti e relegare in una stanza dell’aeroporto, quindi apostrofare come provocatori da parte di tre generali qualificatisi come rappresentanti dei Partito Comunista Cubano del comandante Fidel Castro Ruz. Accusati di avere relazioni con il poeta e profugo cubano Armando Valladares Pérez — definito «poliziotto e simulatore […] oltre che traditore» (1) —, i membri della delegazione sono stati dichiarati persone non gradite e invitati a ripartire immediatamente. Dopo aver richiesto la presenza dei rispettivi ambasciatori, ai termine di un’accesa discussione avvenuta alla presenza del primo segretario dell’ambasciata spagnola all’Avana, Luis Fernando de Segovia y Ribacova, i membri dell’ASOPAZCO sono stati aggrediti a pugni e a calci dai tre generali, appoggiati da circa trenta militari cubani. Spinti a forza su un pullman, sono quindi stati imbarcati sull’aereo con cui erano giunti e sono ripartiti alla volta di Madrid. Nel corso della violenta aggressione, sia Maria Paz Martinez Nieto sia Alejandro del Rosai hanno riportato contusioni (2); i militari cubani hanno inoltre sequestrato tutto il materiale fotografico, a eccezione di un rullino fortunosamente sottratto al sequestro; è stata ugualmente riportata una musicassetta con la registrazione della violenta discussione.
Relativamente al comportamento tenuto dal diplomatico spagnolo presente ai fatti, Luis Fernando de Segovia, accusato dai membri spagnoli della delegazione di «inqualificabile e vergognosa passività» (3), il ministero degli Esteri spagnolo ha aperto un’inchiesta.
La vicenda — che ha avuto un’amplissima eco sui mezzi di comunicazione spagnoli, mentre in Italia non è stata praticamente segnalata (4) — costituisce conferma ulteriore delle denunce fatte per anni da Armando Valladares (5) e da tutti i profughi cubani — fra cui, ultimamente, Ricardo Bofill Pagés — contro il regime comunista caraibico a proposito della situazione dei diritti umani e relativamente alla non volontà del governo guidato da Fidel Castro di lasciarne verificare l’effettivo stato.
Ma la stessa vicenda offre un’ulteriore preziosa informazione: nel corso dell’aggressione verbale — che ha preceduto quella fisica — uno dei tre generali (6) ha accusato gli appartenenti alla delegazione di essere in contatto con la Resistenza nell’isola, sulla cui realtà sono state raccolte negli stessi giorni testimonianze significative da profughi cubani a Madrid, confermate pubblicamente a Roma, il 1° dicembre 1988, da Jesus Termuy, rappresentante dell’Internazionale Democristiana: secondo queste fonti, proprio nei primi giorni del mese di novembre, la Resistenza ha completamente messo fuori uso la centrale telefonica, isolando Cuba dal resto del mondo.
Il fatto — rivendicato nei giorni successivi dalla Resistenza cubana in Costarica — prova la presenza di modalità operative di resistenza nella stessa Cuba e non può che essere accolto con entusiasmo, oltre che dai tanti profughi, anche da quanti sperano e operano per la liberazione della «perla dei Caraibi» dal regime socialcomunista.
Note:
(1) Cfr. ABC, 12-11-1988.
(2) Cfr. ibidem.
(3) Cfr. Diario, 11-11-1988.
(4) Ha fatto eccezione una breve nota in il Giornale, 13-11-1988.
(5) Cfr. ARMANDO VALLADARES, Contro ogni speranza. Dal fondo delle carceri di Castro, trad. it., SugarCo, Milano 1987; MARCO INVERNIZZI, Armando Valladares, «Contro ogni speranza. Dal fondo delle carceri di Castro», in Cristianità, anno XV, n. 144-145, aprile-maggio 1987; Testimonianza per Cuba, ibid., n. 146-147, giugno-luglio 1987; e Dichiarazione di protesta di prigionieri politici cubani, ibid., anno XVI, n. 155, marzo 1988.
(6) I tre sono stati successivamente identificati nelle persone di Manuel Fernàndez, Manuel Gil e Fabiàn Escalante, rispettivamente generale di divisione, direttore generale all’immigrazione, e membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Cubano nonché capo della direzione politica del ministero degli Interni.