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“Il Daesh non è sconfitto, ma sta cambiando pelle”

2 Novembre 2017 - Autore: Alleanza Cattolica

Da Avvenire del 02/11/2017. Foto da articolo

Nelle stesse ore in cui l’attentatore uzbeko di New York si preparava a compiere il suo folle piano, altri attentati orditi da simpatizzanti del Daesh venivano sventati in altre parti del mondo. Dalla Germania, dove è stato arrestato un 19enne siriano, all’India, dove sono stati bloccati due uomini sulla trentina che stavano pianificando un attentato nel Gujarat. In ambo i casi, gli agenti hanno rinvenuto diversi chili di esplosivo.

La vocazione a colpire, purtroppo, crescerà per rappresaglia dopo l’anno nero del Daesh in Siria e Iraq.Tra il 17 ottobre 2016, data dell’inizio dell’offensiva militare irachena contro Mosul, e il 17 ottobre 2017, data della completa liberazione di Raqqa, il Califfato non ha perso soltanto le sue due “capitali”, ma anche la maggior parte dei suoi territori. Gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi conducono oggi, e per la prima volta, una disperata guerra difensiva nei loro ultimi baluardi: in Siria, nei pochi quartieri in cui sono ancora trincerati a Deir ez-Zor e nella città di Abu Kamal, e in Iraq, a Rawa e al-Qaim, dove stanno subendo la controffensiva dell’esercito di Baghdad.

Se è vero che questi rovesci militari porteranno entro breve alla fine del Califfato inteso come entità territoriale, non possiamo tuttavia tirare un sospiro di sollievo. Ne è conscio lo stesso coordinatore per l’antiterrorismo dell’UnioneEuropea. «La mia avvertenza – diceva due mesi fa Gilles de Kerchove – è di non dichiarare il Daesh sconfitto» perché «abbiamo capito che la strategia del Daesh è cambiata: l’organizzazione terroristica non sollecita più gli europei ad andare a combattere in Siria o in Iraq, ma chiede loro di compiere attacchi dove vivono». Lo stesso invito alla cautela è contenuto nel rapporto presentato in agostoal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in cui un team di esperti di terrorismo faceva notare come il Daesh stesse cercando di aumentare i propri sforzi internazionali, «come dimostra il ritmo accelerato degli attacchi in Europa» e il tentativo di espandere la sua presenza nel Sudest asiatico. Per l’antiterrorismo il problema principale riguarda il numero spaventoso dei «jihadisti di casa» che vivono in stato di dissimulazione o di semiintegrazione in Occidente.

De Kerchove ha stimato a circa 50mila i musulmani radicali in tutto il continente europeo: almeno 20mila nel Regno Unito, 17mila in Francia, 5mila in Spagna. A questo problema si aggiunge quello dei foreign fighters europei partiti per la Siria e l’Iraq (più di un migliaio)e ora di ritorno. Il timore è che mentre in Siria e Iraq le roccaforti del Califfato vengono espugnate l’una dopo l’altra, gli attentatori suicidi si riversino fuori da quei territori e siano pronti a colpire. Il

Guardian ha parlato recentemente di una lista di 173 membri del Daesh che ritiene siano pronti ad attaccare in Europa.

Si tratta di schede con nomi, alias, luogo di reclutamento e note personali. Tutte indicazioni per individuare i terroristi nel caso cerchino di tornare in Europa. L’allarmante database, raccolto dagli americani grazie a materiale scoperto nelle postazioni strappate ai terroristi, è stato passato lo scorso maggio all’Interpol, Italia compresa.

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