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“Dai non nati ai disabili, il liberalismo li protegga”. Intervista a Carter Snead, bioeticista di Bush e Francesco

14 Gennaio 2021 - Autore: Alleanza Cattolica

Di Giulio Meotti da Il Foglio del 12/01/2021

‘‘Per vent’anni ho lavorato nella bioetica e mi sono sempre chiesto perché la legge non protegga i vulnerabili. Questo libro è la mia risposta, cioè la visione della persona alla base della bioetica non afferra la realtà di ciò che significa essere umani in tutta la sua complessità”. Così al Foglio parla O. Carter Snead. E’ autore del libro pubblicato dalla Harvard University Press “What It Means to Be Human”, che il Wall Street Journal ha in­serito fra i dieci migliori titoli dell’anno. Snead è amico ed è stato a lungo collega del giudice della Corte suprema Amy Coney Barrett, anche lui è professore all’Università di Notre Dame, dove dirige il Centro de Nicola. E’ stato membro della commissione presiden­ziale di George W. Bush sulla bioetica e oggi siede nella Pontificia accademia per la vita, chiamato da Papa Francesco. “Quella bioeti­ca che tratta implicitamente coloro che di­pendono dagli altri perché non sono in grado di fare scelte – i disabili mentali, i pazienti con demenza, chi soffre di dolori estremi, i bambi­ni nel grembo materno – come persone senza valore”, ci dice Carter Snead. “Si ignora che gli esseri umani sono incarnati, viviamo, mo­riamo, sperimentiamo noi stessi e gli altri co­me corpi. Siamo vulnerabili, dipendenti e sog­getti a limiti naturali”. Durante la pandemia, gli anziani sono stati, secondo molti, sacrifica­ti per mantenere in funzione gli ospedali. “E’ la visione che privilegia la volontà, la forza e l’autonomia. Il cristianesimo ha storicamente offerto un resoconto della persona – fatta a immagine e somiglianza di Dio – che enfatizza l’intrinseca eguale dignità, indipendente­mente dalla dipendenza, debolezza o opinio­ne degli altri sul fatto che una vita sia degna di essere vissuta. Temo che, con l’abbandono di questa visione antropologica, la società si muova verso una visione più fredda e meno generosa nei confronti dei più deboli. E lo stiamo vedendo, ad esempio, nelle politiche volte a prevenire sistematicamente la nascita di bambini con sindrome di Down”. Uno stu­dio appena pubblicato sull’European Journal of Human Genetics ha analizzato quanti bam­bini con la sindrome di Down non sono nati grazie ai nuovi screening. Rispetto alle stime previste in Spagna, l’83 per cento in meno, in Italia il 71 per cento in meno. E’ la debolezza del liberalismo puro, ci dice Carter Snead. “Perché valorizza l’autonomia e l’autodeter­minazione e privilegia chi è in grado di eserci­tare volontà e desideri. Molti dei nostri com­pagni più deboli, compresi i nascituri, non so­no in grado di farlo e, se visti esclusivamente attraverso la lente del liberalismo, rischiano di diventare invisibili e non protetti. Gli esse­ri umani dipendono per la sopravvivenza da ciò che Alasdair Maclntyre chiama le ‘reti di donazioni’ composte da persone disposte a fa­re il bene senza aspettarsi nulla in cambio”. In Olanda negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione drammatica nel numero di disabili mentali sottoposti a eutanasia. “Temo che ri­schiamo di diventare una società che ha di­menticato la propria vulnerabilità e che non riconosce obblighi verso gli altri. Una tale so­cietà è facile preda del totalitarismo e dello sfruttamento. Il liberalismo enfatizza l’auto­nomia e l’autodeterminazione e definisce i confini di una comunità morale e giuridica in­cludendo solo coloro che hanno l’indipenden­za e la capacità cognitiva per praticarle. Questo lascia quegli esseri umani fuori dalla co­munità e senza le protezioni della legge”. E’ la filosofia che potrebbe ispirare la collega di Carter Snead che ha da poco occupato l’ambi­to scranno della Corte suprema.

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