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Dal Marocco un invito al dialogo “attrattivo”

1 Aprile 2019 - Autore: Michele Brambilla

Di Michele Brambilla

Per la seconda volta in poche settimane Papa Francesco visita un Paese a maggioranza musulmana, il Marocco. L’Angelus del 31 marzo è recitato al termine dell’incontro con i sacerdoti, i religiosi, i consacrati e la sezione locale del Consiglio Ecumenico delle Chiese all’interno della cattedrale di Rabat.

Il Papa parte per il suo discorso da una citazione del Vangelo di Luca: «a che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? […] È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Lc 13,18-21). Quella del poco lievito nella pasta è la condizione della Chiesa cattolica in Marocco: «parafrasando le parole del Signore potremmo chiederci: a che cosa è simile un cristiano in queste terre? A che cosa lo posso paragonare? È simile a un po’ di lievito che la madre Chiesa vuole mescolare con una grande quantità di farina, fino a che tutta la massa fermenti».

«Questo significa, cari amici, che la nostra missione di battezzati, di sacerdoti, di consacrati, non è determinata particolarmente dal numero o dalla quantità di spazi che si occupano, ma dalla capacità che si ha di generare e suscitare cambiamento, stupore e compassione. […] In altre parole, le vie della missione non passano attraverso il proselitismo». Francesco insiste: «per favore, non passano attraverso il proselitismo! Ricordiamo Benedetto XVI: “La Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione, per testimonianza”», la sola che può garantire, davanti all’esempio di cristiani integerrimi, una conversione duratura.

La via della testimonianza umile è da preferire «anche se questo può non portare apparentemente benefici tangibili o immediati (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 210). Perché essere cristiano non è aderire a una dottrina, né a un tempio, né a un gruppo etnico. Essere cristiano è un incontro, un incontro con Gesù Cristo», che non ha mai fatto questioni di numeri, ma ha semplicemente posto Se stesso come ponte necessario verso la Salvezza. Tutta la “potenza” della Chiesa viene unicamente da Lui: essa non può fare altro che divenire, come diceva S. Paolo VI, «[…] parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio» (cfr lettera enciclica Ecclesiam suam, n. 67)» per portare tutti all’unico Salvatore. Il Pontefice rimanda esplicitamente a quanto detto durante il viaggio negli Emirati Arabi Uniti: «è un dialogo che, pertanto, diventa preghiera e che possiamo realizzare concretamente tutti i giorni in nome “della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019)”» davanti a Dio.

Al Papa viene spontaneo ringraziare il Signore per quanto la piccola Chiesa marocchina riesce a costruire pur nelle difficoltà: «ringrazio Dio per quello che avete fatto, come discepoli di Gesù Cristo, qui in Marocco, trovando ogni giorno nel dialogo, nella collaborazione e nell’amicizia gli strumenti per seminare futuro e speranza. Così smascherate e riuscite a mettere in evidenza tutti i tentativi di usare le differenze e l’ignoranza per seminare paura, odio e conflitto».

Lunedì, 1° aprile 2019

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