Sono i gesuiti Stefano Pongracz [1583 ca.-1619] e Melchiorre Grodecz [1584 ca.-1619], nonché il canonico Marco Stefano Korosi [1588-1619], uccisi nel settembre 1619 a Cassovia [Košice, oggi in Slovacchia], allora nell’Ungheria settentrionale, dal 1918 nella Cecoslovacchia; sono stati beatificati nel 1905 dal papa san Pio X [1903-1914]. Tuttavia, già nel 1628 si iniziò a raccogliere, per ordine del cardinale Pazmany [Peter, 1570-1637], egli stesso gesuita, gli elementi concreti intorno alle circostanze del loro martirio. Stefano, nato probabilmente nel 1583, dopo intensi studi entrò nella Compagnia di Gesù, distinguendosi per le sue capacità di predicatore. Melchiorre, invece, che era entrato nella Compagnia nel 1603, si dedicò soprattutto all’insegnamento. Marco Stefano aveva studiato anche a Roma, dove soggiornò, membro del Collegio Germanico-Ungarico, dal 1611 al 1615. Cassovia era allora uno dei capisaldi del calvinismo ungherese. L’Ungheria, infatti, aveva conosciuto una forte diffusione del protestantesimo, sia nella versione luterana (soprattutto tra la popolazione di origine tedesca), sia in quella unitaria di origine sociniana, sia in quella calvinista. La Controriforma riusciva però, all’inizio del Seicento, a riconquistare progressivamente alla religione cattolica le terre ungheresi, anche perché proprio nei cattolici esse avevano trovato le più significative capacità di resistenza contro l’occupazione turca. L’imperatore Mattia [1557-1619] (II come re d’Ungheria) inviò a Cassovia il Pongracz per assistere i cattolici ungheresi e il Grodecz come cappellano delle truppe imperiali. Ma i soldati di un duca protestante li arrestarono, li sottoposero a tortura e li lasciarono morire in carcere insieme al Korosi che ne condivise la sorte; i tre, anche sotto tortura, rifiutarono di abiurare e di passare al calvinismo. Oggi la Controriforma, sottoposta a sistematici travisamenti storici, è troppo spesso considerata una pagina imbarazzante della storia della Chiesa, mentre andrebbe considerata come una fase gloriosa delle vicende del popolo di Dio. Come i tre beati martiri, di cui ricorre la festa, vanno ricordati come suoi gloriosi protagonisti.
Marco Tangheroni,
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005, p. 31