Di Angelo Picariello da Avvenire dell’08/04/2021
«Teniamo fuori i temi di bandiera dalla discussione se non vogliamo far saltare un clima di emergenza che tiene in piedi, con qualche fatica, questa maggioranza ». Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, del «no» al ddl Zan ne fa una questione di «buon senso» e «responsabilità». Si tratta, propone, di approfittare di questa esigenza di approfondimento per motivi tecnici, per trarne lo spunto per delle riflessioni in chiave politica, «mandando avanti le vere emergenze del Paese, che siamo chiamati a fronteggiare insieme, rinunciando ognuno a qualcosa».
Fuori quindi l’omofobia, tema divisivo?
Non direi così. Il contrasto all’omofobia non può trovarci divisi. Se mi accorgessi che mio figlio ha mancato di rispetto a un gay, ad esempio, legge o non legge, adotterei come genitore i giusti provvedimenti per insegnargli che non si può mancare di rispetto a nessuno a prescindere dall’orientamento sessuale. Teniamo fuori il ddl Zan, invece, questo sì, perché con una serie di previsioni molto discutibili sposta il campo di azione in sfere delicate.
Come valuta la novità venuta fuori dalla Commissione, che impedisce, al momento, la calendarizzazione del provvedimento per l’aula?
Come una decisione ineccepibile, in base al regolamento del Senato per la presenza contemporanea di altri testi, alcuni in sede redigente altri in sede referente, che vanno a incidere sulla stessa normativa. Ma superata la questione tecnica si torna al punto di partenza.
Il ddl Zan…
Certo. E riproporlo tale e quale al Senato, come se fossimo al Conte ter, e come se non fossimo nel frattempo entrati nel pieno di una pandemia, sarebbe un’evidente forzatura, al solo scopo di portare avanti una bandiera politica. Mentre l’impegno era di agire insieme su altre priorità: il contrasto al virus, i vaccini, l’aiuto alle categorie più colpite dal punto di vista economico e sociale. Non si può andare ad avvelenare il clima in un momento di concordia nazionale al quale abbiamo dato vita per rispondere a un appello del presidente Mattarella.
Si dirà che questa è una proposta del Parlamento.
Non è possibile che la sera ci andiamo a scatenare uno contro l’altro, ognuno a difendere le sue bandiere politiche (e ognuno ha le sue…), e poi il giorno dopo fingiamo di occuparci tutti insieme del futuro del Paese. Non è pensabile.
Ma che cos’è che non va nel ddl Zan?
Tante cose ci lasciano perplessi. Le definizioni di sesso «biologico» o «anagrafico », ad esempio, o l’identità di genere trattata come una sorta di autocertificazione. O il rischio di portare l’ideologia gender nelle scuole attraverso la previsione di una giornata dedicata ai temi cari all’ideologia Lgbt. Ma più di tutto temiamo l’introduzione di un reato di opinione, attraverso lo strumento prescelto della modifica alla legge Mancino, per cui non si potrà nemmeno più dire che si è contro l’adozione da parte delle coppie gay.
Quale sarebbe allora lo strumento giusto per colpire comportamenti che anche voi giudicate riprovevoli?
Si può agire attraverso l’inasprimento delle pene previste dall’articolo 61 del codice penale, per «motivi futili o abietti », concetto che include anche altre categorie che possono essere ‘svantaggiate’: disabili, clochard, senza creare una previsione a parte solo per una di esse o alcune. Persino una parte del mondo gay ha manifestato perplessità, al riguardo.
E se invece il fronte che lo ha approvato alla Camera decidesse di andare avanti?
Ci sarebbero certamente delle ripercussioni, si rischierebbe di creare una bomba nel governo. Il mio invito, invece, è a ragionare in termini pragmatici, mettendo da parte le ideologie. Noi chiediamo di poter dissentire da modelli che si vorrebbero imporre, che vanno ben oltre il divieto, condivisibilissimo, di discriminazione. Il conformismo rischia sempre di dar vita a delle dittature.
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