di Giuliano Rovere
Le Chiese di tradizione bizantina chiamano il Natale «Santo Natale del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo». Occorre peraltro precisare immediatamente che le Chiese Cattoliche Orientali celebrano il Sacrifico liturgico in diversi riti dei quali quello bizantino è il più diffuso. Tale rito è celebrato sia dalle Chiese cattoliche sia dalle Chiese ortodosse con le quali, nonostante passi di avvicinamento importanti e numerosi, non esiste la piena comunione in conseguenza del grande scisma del 1054.
Ora, nella denominazione «Santo Natale del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo» sono chiare due cose: Gesù Cristo è Dio e la Sua missione è la nostra salvezza. Ogni riduzione sentimentale della festa è preclusa: si festeggia la “Nascita secondo la carne”, secondo l’espressione usata dal mondo bizantino per ricordare che la seconda persona della Trinità esiste prima del tempo, ma che si è fatto uomo in una data precisa della storia. E la “Nascita secondo la carne ”è la salvezza di ogni uomo.
La Chiesa orientale di rito bizantino prepara i fedeli a questa solennità con un periodo di quaranta giorni, la “quaresima di Natale”. In questo periodo, che corrisponde all’Avvento nel rito latino, i fedeli sono chiamati al digiuno dalle carni e dai latticini in un crescendo di preghiere e di celebrazioni preparatorie. Nelle due domeniche che precedono il Natale viene fatta memoria dei Progenitori del Signore e degli Antichi Giusti. Il Vangelo della penultima domenica è quello che riporta la genealogia di Gesù. Nell’ultima domenica vengono ricordati i Padri dell’Antico Testamento come storie di vita in cui è presente in germe la salvezza che sarà realizzata con la venuta del Salvatore.
La celebrazione del Santo Natale inizia il giorno della Vigilia con il Vespro a cui segue la Divina Liturgia di San Basilio, concelebrata e cantata. I celebranti hanno i paramenti sacri color bianco splendente. Nella navata centrale, davanti all’iconostasi, è posta l’icona della Natività.
Durante la celebrazione del Vespro sono molto suggestivi gli inni propri della festa, in particolare quello di Anatolio: «Cosa Ti offriremo, o Cristo nostro Dio, per essere apparso sulla terra assumendo la nostra stessa umanità? Gli angeli Ti offrono il canto, i cieli la stella, i Magi presentano doni, i pastori il loro ingenuo stupore, la terra prepara una grotta, il deserto una greppia, e noi Ti offriamo una Madre Vergine».
La Divina Liturgia è solenne ma al contempo gioiosa per la venuta del Salvatore. Il tropario del Natale viene più volte cantato: «O Cristo Dio nostro, la Tua nascita ha fatto risplendere sul mondo la luce della verità, e coloro che adoravano gli astri, grazie a una stella impararono ad adorare Te, sole di giustizia, riconoscendo in Te l’Oriente che dall’alto sorge. Signore gloria a Te!».
Alla fine della celebrazione, il cantico Dio è con noi tratto dal profeta Isaia esprime il cambiamento di rotta della storia determinato dalla venuta di Cristo. A ogni versetto cantato dal diacono, il coro risponde «Perché Dio è con noi», nella certezza gioiosa della potenza di Dio.
Dio è con noi! Sappiatelo, potenti: sarete sconfitti. Perché Dio è con noi!
Ascoltate fino agli estremi confini della terra. Perché Dio è con noi!
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. Perché Dio è con noi!
Poiché un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio. Perché Dio è con noi!
Sulle Sue spalle è il segno della sovranità. La Sua pace non avrà mai fine. Perché Dio è con noi!
Verrà chiamato Dio forte, Sovrano, Principe della pace, Padre dell’era che verrà. Perché Dio è con noi!