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Dopo il referendum

5 Dicembre 2016 - Autore: Marco Invernizzi

Qualche prima riflessione, ancora a caldo, sulla “buona notizia” proveniente dalle urne con la vittoria del no al referendum sulle modifiche costituzionali.

Siamo felici anzitutto per la sconfitta di un governo che ha fatto male all’Italia, iniettando nel corpo sociale leggi inique come quella sulle unioni civili, senza peraltro risolvere nessuno dei gravi problemi del Paese.

Siamo felici per la sconfitta di un premier che anche nel discorso di congedo ha voluto vantarsi di aver fatto approvare la legge sulle unioni civili, accanto ad altre.

Nel merito, siamo felici perché questa riforma avrebbe dato all’esecutivo un potere eccessivo, certamente con la legge elettorale in vigore, ma in ogni caso anche con una modifica all’Italicum, e avrebbe mortificato i corpi intermedi, danneggiando la rappresentanza per favorire esclusivamente la governabilità.

Adesso bisogna essere realisti e tenere i piedi per terra. Il fronte del no è composito e certamente ogni sua componente ha ambizioni e progetti diversi.

Le famiglie per il NO hanno svolto un lavoro propagandistico straordinario sul territorio, riempiendo sale e piazze con migliaia di persone interessate, motivate e ancora decise a spendersi con generosità per la difesa e la promozione della famiglia e per il bene comune della nostra patria. Questo sforzo è stato ignorato dai media e preso sul serio soltanto da un pugno di politici: adesso si tratta di organizzarlo come movimento di popolo, con una struttura e una classe dirigente, con una presenza capillare sul territorio, non per costituire l’ennesimo partito ma un soggetto che faccia pressione sulla classe politica e organizzi quei milioni di persone che non si sono rassegnate alla morte dell’Italia, ma vogliono costruire il mondo di domani partecipando oggi alla sua nascita. Come ha scritto Alfredo Mantovano sulla Nuova Bussola, questa parte del popolo è ancora viva, forse un capo lo ha ma ha bisogno di una classe dirigente radicata in ogni provincia del Paese.

Il voto ci ha ricordato anche altre verità.

Il mondo cattolico ha perso un’occasione per fare imparare ai fedeli l’importanza di scegliere in base a dei criteri comuni, che possono venire soltanto dalla dottrina sociale della Chiesa. Il problema nel merito non era Renzi, ma una riforma che ridimensionava i corpi intermedi fra la persona e lo Stato. Rifiutandosi di adottare questo criterio, i vescovi e i grandi mezzi di comunicazione hanno lasciato che associazioni e movimenti votassero divisi, anche al loro interno. Il risultato è stata la frantumazione, spesso con motivazioni incomprensibili. Sarebbe stata invece l’occasione per dire che i cattolici possono anche avere opinioni diverse, ma devono comunque partecipare e scegliere avendo dei criteri comuni, che nascono soltanto dal Magistero sulla società.

I media continuano a non capire la gente comune, quel popolo tanto evocato quanto disprezzato nella realtà. A un popolo che ha problemi sempre crescenti a mettere insieme il pranzo con la cena, la classe politica offre il matrimonio gay, il gender nelle scuole e pretende pure di presentarle come iniziative di progresso. Questa parte del popolo non compra più i giornali, non si lascia influenzare più di tanto dalla TV e ha soltanto bisogno che qualcuno la aiuti a formarsi e a crescere, culturalmente anzitutto.

La situazione politica rimane disastrosa. Renzi potrebbe fare quello che ha promesso in caso di sconfitta e ritirarsi dalla politica oltre che dimettersi da capo del governo. Temo che non lo farà, consapevole del fatto che il 40% dei sì al referendum sono politicamente intestabili soltanto a lui, vista l’inconsistenza di Alfano e del suo partito. Forse vorrà ripartire, per quanto azzoppato dalla sconfitta, da quei milioni di italiani, che non sono pochi. Speriamo che almeno lo faccia senza l’arroganza dimostrata in questi mille giorni di governo.

Il centrodestra rimane diviso e senza un leader adeguato, che dovrebbe prendere dall’esterno dei partiti, se veramente volesse provare a vincere le prossime elezioni.

Il Movimento di Grillo rimane il terzo polo, e si è subito candidato a guidare l’Italia dopo le prossime elezioni politiche, anche se probabilmente i grillini sanno che se fallissero al governo, per loro che non hanno un fondamento culturale che li tenga insieme, potrebbe essere letale e sancire un declino definitivo.

Da parte nostra continuiamo a tenere gli occhi aperti, a pregare per l’Italia e per il mondo, a formare le persone, il bene più grande e più raro del nostro tempo. I segnali che arrivano non sono soltanto negativi: la Brexit, la sconfitta della Clinton e quella di Renzi, ma anche la vittoria di Fillon alle primarie francesi del centro-destra, dimostrano che ci sono minoranze importanti che nascono e si organizzano in un mondo che muore.

Marco Invernizzi

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