Di Marco Invernizzi dalla rubrica di Tempi “Ogni giorno è un family day” di giugno 2020
Il 1920 non è solo l’anno in cui nacque Karol Wojtyla, ma anche l’anno
in cui avvenne in Polonia il “Miracolo della Vistola”.
Secondo i disegni di Lenin, il comunismo poteva arrivare in Occidente con la forza delle armi, al seguito dell’Armata Rossa guidata da Lev Trotskij, composta da circa tre milioni di soldati. Per “sfondare” in Occidente i bolscevichi avrebbero dovuto sconfiggere l’esercito della appena ricostituita Repubblica di Polonia. Questo esercito era guidato da un maresciallo, Jòzef Pilsudski (1867-1935), che aveva combattuto durante la Prima guerra mondiale con una legione di polacchi inquadrata nell’esercito dell’Impero d’Austria e Ungheria. Pilsudski, nonostante le simpatie socialiste della giovinezza, era essenzialmente un patriota polacco che dopo la ricostituzione della Polonia in seguito ai trattati di Versailles dopo la fine della Grande Guerra, divenne il capo dello Stato e il comandante supremo dell’esercito del suo Paese. Le frizioni fra russi e polacchi non erano una novità, ma nuova era l’ideologia che ora dominava al Cremlino, la cui aggressività non era dovuta a fini nazionalistici ma al tentativo di esportare la rivoluzione comunista in tutto il mondo, partendo dalla conquista dell’Europa.
Erano i primi di agosto e l’esercito comunista, guidato dal generale Michail Nikolaevič Tuchačevskij (1893-1937) sembrava ormai destinato a entrare e a conquistare la capitale Varsavia. Fu però proprio in questa situazione che Pilsudski manifestò la sua grande capacità militare riuscendo a guidare una controffensiva alla quale non credeva più nessuno. Dietro di lui c’era un popolo che riempiva le chiese di Polonia chiedendo alla Madonna Nera di realizzare un miracolo, e in lui speravano quanti in Occidente si rendevano conto che se l’Armata Rossa avesse sconfitto l’esercito polacco non avrebbe conquistato soltanto Polonia, Romania e Cecoslovacchia, ma sarebbe penetrata in Germania e forse così arrivare a Roma. Lo stesso cardinale Achille Ratti (1857-1939), il futuro papa Pio XI, che era allora nunzio apostolico in Polonia, domandò quali erano le possibilità di una vittoria e si sentì rispondere che in quel momento potevano di più le preghiere delle capacità militari. Detta così sembra un’ovvietà, ma allora questa risposta dovette apparire come l’ammissione che ci voleva un miracolo.
E il miracolo ci fu. Avvenne nei pressi della Vistola, il fiume più lungo della Polonia che bagna Varsavia e sfocia a Danzica, nel Mare Baltico. Lungo queste sponde cominciò la controffensiva del generale polacco che inferse una sconfitta plateale all’esercito comunista e così salvò l’indipendenza appena riconquistata della Polonia e la libertà dell’Occidente.
Naturalmente noi occidentali ce ne siamo dimenticati, sia allora che dopo. Oggi l’unico libro in italiano che tratta della battaglia che ci salvò dalla penetrazione del comunismo è un bel racconto di storia militare di Adam Zamoyski (16 agosto 1920. La battaglia di Varsavia, Corbaccio 2009). Io devo a Giovanni Cantoni l’avere compreso l’importanza di questa battaglia, a qualche suo scritto ma soprattutto alla sua rievocazione orale. La guerra è sempre una tragedia e anche questa lo fu, coi suoi morti e feriti e con le sue atrocità da entrambe le parti. Ma fu una battaglia che salvò una buona parte del mondo dalle sofferenze che i regimi comunisti hanno inflitto a chi non è riuscito a sottrarsi al loro dominio. Loro, i sovietici, sembra che non l’abbiano dimenticata se è vero che ci fu un diretto collegamento fra la strage che i sovietici fecero di 22 mila ufficiali polacchi nella foresta di Katyn, nel 1940, e la battaglia di Varsavia di 20 anni prima.
Le parole di Giovanni Paolo II
Noi oggi possiamo pregare per tutti quei morti e riportarla alla luce con le parole che disse a Luigi Geninazzi uno che certamente quella battaglia non la ha mai dimenticata, san Giovanni Paolo II: «Sono nato nel 1920, nel mese di maggio, quando i bolscevichi accerchiavano Varsavia. Per questo, fin dalla nascita, mi sento particolarmente debitore verso coloro che lottarono per la libertà ottenendo una vittoria insperata. Posso dire che la mia vita ha avuto inizio nel segno del miracolo della Vistola» (Tempi, 16 ottobre 2013).
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