di Daniele Fazio
L’Italia piange delle giovani vite spezzate in una notte in discoteca. Le indagini faranno il loro corso, si appureranno irregolarità e responsabilità, magari qualcuno finirà in carcere e si dirà che se si fossero rispettate le norme di sicurezza questa tragedia non si sarebbe mai potuta verificare. Un po’ rassegnati si penserà che purtroppo non è la prima volta che capitano fatti del genere. Si sono verificati, tra l’altro, anche in altre nazioni occidentali. Detto questo, si dimenticherà presto tutto l’accaduto e si resterà sempre molto lontani dall’affrontare il vero nodo della questione.
La triste notizia ci dà, quindi, l’occasione di interrogarci radicalmente su cosa è oggi la discoteca. Un ambiente che promuove divertimento? E tale divertimento è fonte di promozione per chi lo frequenta? Quando finisce la nottata in discoteca i giovani sono rilassati e felici o sono stanchi e più vuoti di prima? Insomma, quando si esce dalla discoteca si è migliori o si è peggiori?
La discoteca è un ambiente sostanzialmente buio, frequentato rigorosamente nelle ore notturne, in cui viene diffusa ad alto volume una musica martellante e in cui i presenti vengono ripetutamente colpiti dalle luci psichedeliche. In tale contesto, più che danzare ci si muove un po’ convulsamente, spesso ammassati l’uno sull’altro, si ha l’occasione di bere alcolici e super-alcolici e spesso ci si imbatte in chi offre sostanze stupefacenti. Se guardiamo, poi, i messaggi che gli animatori di grido delle serate (deejay, rapper, pornodivi, ecc …) diffondono, sovente vi si trovano esortazioni alla trasgressione (droga libera, sesso libero e via esagerando …). La comunicazione tra i presenti è difficoltosa e il disorientamento fa da padrone. È l’immagine della società a coriandoli del nostro tempo, in cui non vi sono legami solidi, ma si staglia una poltiglia di massa. Se tutto va bene, ovvero se non ci si è ubriacati e drogati, il popolo della notte si riversa nelle strade assonnato e tramortito dai suoni e dalle luci, desideroso di un letto per recuperare, durante il giorno, le ore perse di notte.
Se tale è il contesto, la discoteca è uno di quegli ambienti che non favorisce un’educazione integrale dell’adolescente e del giovane – altra cosa è la danza che è una vera e propria arte – ma tende a ridurli ai loro meri istinti, inducendoli al non-pensiero e al soddisfacimento di ogni capriccio. È il luogo del “fai ciò che vuoi”, in cui il vuoto valoriale è eretto a sistema. La discoteca, allora, non è una semplice balera, ma un ambiente, lato sensu, culturale in cui tutto è congegnato – suoni, luci, colori, odori – per trasmettere ai giovani che è bello trasgredire. È il tempio della vida loca che tradisce l’ordinario desiderio dell’essere umano di voler stare con i propri amici, dialogare e divertirsi senza farsi del male.
Dire questo certamente risulta impopolare, ma non si farà alcun passo avanti fin quando gli educatori non tenteranno di offrire alle giovani generazioni un’alternativa, anche nell’ambito del divertimento, che veramente sia capace di promuovere la pienezza dell’umanità e rendere il giovane veramente felice, ovverosia attraverso il contrasto di quella sorta di relativismo pratico di cui anche la discoteca, in maniera accattivante, risulta un centro propulsore. Perché si va in discoteca? La risposta è perché tutti ci vanno, ma la verità è che si vuole colmare un vuoto, che la discoteca non può colmare ma solo aumentare, attraverso l’illusione di una vita senza regole, senza impegni, senza responsabilità, in cui il ballo si traduce in sballo.
Al di là della morte fisica, che – ahimè – in un ambiente che palesa pericolosità si deve mettere in conto, ciò che avviene è la morte un po’ alla volta dell’animo dell’adolescente, delle sue aspirazioni più sincere e belle che vengono bombardate da messaggi nocivi, perché in fondo l’ambiente che predilige lo convince che la vita non ha senso o che il vero senso sia quello di trasgredire più che può.
Si fa sempre più evidente, pertanto, la necessità di poter costruire degli ambienti sani – che non siano affatto recinti – laddove la vita possa essere concepita e vissuta in tutta la sua bellezza, a partire dalla risposta schietta ai grandi interrogativi di senso, perché anche il divertimento sia occasione di promozione e non di autodistruzione.
9 dicembre 2018